NOVARA - Abbiamo incontrato il baritono Roberto de Candia che ci ha raccontato qualcosa di sé nell’imminenza del debutto nel ruolo di Rigoletto nell’omonima opera di Giuseppe Verdi al Teatro Coccia di Novara. Conosciamo un po’ meglio questo artista attraverso il suo curriculum.
Dopo aver iniziato gli studi come violoncellista Roberto de Candia ha studiato canto sotto la guida di Lajos Kozma e Sesto Bruscantini. Vincitore del Concorso Internazionale “A. Belli” di Spoleto nel 1990, ha compiuto subito due prestigiosi debutti, all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma (Messa di Gloria di Puccini) e al Teatro Regio di Parma (Manon). Le sue doti di raffinato interprete e musicista lo avviano in breve a una fortunata carriera internazionale che l’ha condotto sui palcoscenici delle maggiori istituzioni musicali del mondo, inclusi Teatro alla Scala, Covent Garden Londra, Metropolitan Opera, Wiener Staatsoper, Festival di Salisburgo, Glyndebourne Festival, Opéra Comique di Parigi, New National Theatre di Tokyo, Opernhaus di Zurigo, Deutsche Oper Berlin, Bayerische Staatsoper di Monaco, La Monnaie di Bruxelles, Maggio Musicale Fiorentino, Rossini Opera Festival di Pesaro e tutti i maggiori teatri d’opera italiani. Nel corso della sua carriera ha avuto modo di collaborare con i più grandi direttori, fra i quali Riccardo Chailly, Myung- Whun Chung, John Eliot Gardiner, Daniele Gatti, Zubin Mehta, Riccardo Muti e Giuseppe Sinopoli. Ospite regolare del Teatro alla Scala, vi ha debuttato nella stagione 1996 in Armide di Gluck (nel ruolo di Ubalde). In seguito ha preso parte a numerose altre produzioni, fra le quali Il turco in Italia (Prosdocimo), Linda di Chamounix (Antonio), Manon Lescaut (Lescaut), La forza del destino (Melitone, diretto da Riccardo Muti), Il barbiere di Siviglia (Figaro), L’elisir d’amore (Belcore), L’Italiana in Algeri (Taddeo), Il dissoluto assolto (Leporello) e tante altre.
Dopo il debutto al Metropolitan nel 1998 con Manon di Massenet (nel ruolo di Lescaut), vi è stato invitato nuovamente per interpretare La cenerentola (Dandini), L’elisir d’amore (Belcore), La bohème (Marcello), L’italiana in Algeri (Taddeo) e Cyrano de Bergerac di Alfano (Ragueneau), a fianco di Placido Domingo e, nel 2017, di Roberto Alagna. Particolarmente apprezzato come interprete rossiniano, Roberto de Candia ha debuttato al Rossini Opera Festival di Pesaro nel ruolo di Parmenione in L’occasione fa il ladro (1996) e negli anni successivi vi è ritornato per numerose produzioni, fra le quali Il signor Bruschino (Bruschino Padre), Adina, ovvero il Califfo di Bagdad, Il viaggio a Reims (Prudenzio), La Cenerentola (Dandini), Il turco in Italia (Prosdocimo), Le Comte Ory (Raimbaud).
Fra i numerosi ruoli che ha interpretato possiamo ricordare: Falstaff (ruolo titolo) al Festival Verdi di Parma, all’Opera di Roma, alla Semperoper di Dresda, alla Staatsoper di Amburgo, a Bruxelles, a Los Angeles, a San Diego, alla Finnish National Opera di Helsinki, al Teatro San Carlo di Napoli; Gianni Schicchi (ruolo del titolo) alla Deutsche Oper di Berlino, alla Cincinnati Opera e alla Finnish National Opera di Helsinki, La traviata (Giorgio Germont) alla Staatsoper di Amburgo e alla Semperoper di Dresda; Il barbiere di Siviglia (Figaro) all’Opéra Comique di Parigi, al New National Theatre di Tokyo, alla Wiener Staatsoper; Don Giovanni (Leporello) al Maggio Musicale di Firenze e al Théâtre du Capitole de Toulouse.
La sua vasta discografia include Corradino di Galante, Saffo di Pacini, la Messa di Gloria di Mascagni, La Cenerentola (ROF Edition), oltre a Il turco in Italia (vincitore del Gramophone Award) e La bohème, in entrambi i casi con la direzione di Riccardo Chailly per la Decca.
Tra gli impegni recenti: Gianni Schicchi a Matsumoto in Giappone; Così fan tutte (Don Alfonso) al Teatro Regio di Torino; L’Italiana in Algeri (Taddeo) al Theatre des Champs-Eysees di Parigi, in tournée con il Teatro Comunale di Bologna; Don Pasquale (ruolo del titolo) alla Wiener Staatsoper; La bohéme (Marcello) al Teatro Politeama di Lecce; Gianni Schicchi in tournée in Giappone; L’elisir d’amore (Dulcamara) al Liceu di Barcellona; Falstaff al NCPA di Pechino; Fra Diavolo (Lord Cockburn) all’Opera di Roma; Falstaff al Festival Verdi di Parma; Un ballo in maschera (Renato, debutto nel ruolo) a Cagliari.
E adesso ecco qui il racconto della nostra conversazione.
Quando hai incontrato per la prima volta la “Musica” nella tua vita?
La musica è sempre stata presente nella mia vita. Mi racconta la mamma che da piccolo, nella culla, stavo tranquillo solo se il mangiadischi era in funzione, finché non ho imparato a mettere il disco da solo e allora ne infilai tre insieme; la “musica colta” invece l’ho scoperta a tredici anni quando, cercando di conoscere una mia coetanea molto carina, la seguii fino alla Scuola di Musica, cosa che cambiò per sempre la mia vita.
Quale musica fu amore a prima vista?
Ho incominciato con la Polifonia Sacra e con il Violoncello. Ancora oggi mi emoziono profondamente all’ascolto di Palestrina o di una suite di Bach
E l’incontro con il canto?
L’incontro con il canto fu contestuale con la frequentazione del Coro Polifonico. A Molfetta, mia città natale (e in quanto tale anche ingrata) un uomo illuminato, Don Salvatore Pappagallo, fondò una Scuola di Musica Popolare che ha cambiato il volto e l’anima della città per tanti anni. In quella scuola si sono formati ragazzi che oggi sono Musicologi, Artisti del Coro, Strumentisti, Solisti che popolano le migliori istituzioni italiane e straniere. Là cominciai a studiare il canto per poter dare il mio contributo in maniera più efficace al Coro. Ma non era quella la strada che avrei voluto prendere nella vita, volevo fare l’ingegnere del suono.
Un ricordo dei tuoi anni di studio ed un aneddoto del tuo insegnante
E’ veramente molto difficile citare un solo episodio degli anni passati a casa di Sesto Bruscantini. Il Maestro Bruscantini non era solo un grande cantante e un grande docente ma era soprattutto un uomo di una cultura sterminata e di una immensa generosità.
Negli anni di studio intenso ho letteralmente vissuto a casa sua a Civitanova Marche e si faceva lezione mattina e pomeriggio. Il momento più intimo erano però le passeggiate prima dei pasti; lì, il Maestro mi raccontava le storie della sua vita personale e della sua carriera. Erano lezioni di vita importanti, tanto quanto quelle musicali che venivano tenute nel suo studio.
Il momento più importante e personale per me è stato quando Bruscantini mi chiese di insegnarmi il Falstaff. Il Maestro era già ammalato e mi chiese di studiare il ruolo di Falstaff «... perché così lascio detto a un allievo quello che credo e penso di questo magnifico ruolo». Ovviamente non ci pensai due volte e, sebbene fossi ancora molto giovane e non avessi il ruolo in calendario, cancellai una produzione e mi trasferii due mesi a casa sua per studiare. Fu una esperienza unica, irripetibile e bellissima che ancora oggi mi costringe a dare tutto me stesso ogni qualvolta mi trovo a interpretare quel ruolo.
Le emozioni del tuo debutto
Il debutto è avvenuto nel 1990. Dopo aver vinto il prestigioso Concorso Lirico Sperimentale di Spoleto, fui prima scritturato per una Messa di Gloria di Puccini a Santa Cecilia nel Luglio 1990 e successivamente debuttai, sempre a Spoleto, come Marcello nella Bohème di Giacomo Puccini. Erano emozioni forti e bellissime unite alla spensieratezza della giovinezza. Il debutto su un palcoscenico d’opera invece fu a Cagliari, sempre nel 1990, dove cantai il ruolo di Lescaut nella Manon di Massenet a fianco della grandissima Raina Kabaivanska e di Giuseppe Sabbatini, direttore Masini. Fu proprio la Kabaivanska che mi suggerì, dietro mia richiesta, di rivolgermi a Bruscantini per studiare tecnica. Ricordo di essere stato terrorizzato dal debutto accanto a quei mostri sacri che fino al giorno prima andavo ad applaudire in teatro.
Raccontaci una bella esperienza che porterai sempre dentro di te e anche se saranno sicuramente tante, la prima che ti viene dal cuore
Credo che fra i ricordi più belli ci sia sicuramente la produzione di Don Quichotte di Massenet con la regia di Piero Faggioni. Una esperienza che mi ha cambiato per sempre dal profondo. Interpretare Sancho accanto a uno dei miei più cari amici, Michele Pertusi, è stata l’emozione più grande della vita. E poi il rapporto umano e professionale con il Maestro Bartoletti e il Maestro Mehta, ecco, sono emozioni profonde del cuore. Però permettimi di dire una cosa che per me è importantissima. Vuoi sapere cosa mi emoziona veramente tanto? Il rapporto che riesco spessissimo a instaurare con le maestranze dei teatri in cui mi capita di lavorare.
Rapporti veri e sinceri, a volte emozionanti. Ma lo sai che, sebbene io non canti al Teatro alla Scala da diversi anni, l’ex capo truccatore ancora mi chiama ogni anno a Natale per gli auguri? E io ogni anno mi commuovo.
Come affronti lo studio di un nuovo ruolo?
Innanzitutto guardo lo spartito e cerco di capire se sono in grado di sostenere il ruolo vocalmente. Poi passo al libretto per capire come si sviluppa il personaggio e solo a quel punto mi metto a studiare lo spartito sotto le “grinfie” professionali di mia moglie che di mestiere è coach di opera.
Il debutto del ruolo di Rigoletto al Teatro Coccia di Novara: le tue emozioni.
Più che le emozioni, i timori e il senso di responsabilità, le paure…
E oltre le paure c’è questa bella esperienza… ce ne vuoi parlare?
Quando il Maestro Beltrami mi ha chiamato, aveva appena ascoltato un file audio del mio debutto in Renato del Ballo in maschera lo scorso anno a Cagliari. La sua telefonata mi ha sorpreso non poco e mi son preso qualche giorno per decidere se accettare la sfida o no.
Come sempre mi sono consigliato con i miei amici consiglieri, la moglie di Bruscantini in primis e poi Pertusi e Salsi (che è quello che più ha insistito per farmi accettare). A quel punto ho cominciato a leggere lo spartito con mia moglie Daniela. Uno spartito che avevo comprato proprio nel Luglio 1990, mese del mio debutto.
Fin da quando ho detto sì al Teatro Coccia per Rigoletto, ho pensato diverse volte di aver fatto il passo più lungo della gamba e ho cominciato a cercare un mio modo di interpretare quel ruolo immenso. Mi sono chiesto: perché qualcuno dovrebbe venire a sentire questo Rigoletto da me interpretato piuttosto che guardare un video di uno dei mostri sacri che lo fa sicuramente al top?
E allora credo di aver trovato una mia strada nel rispetto dello spartito. Siccome non ho una frequentazione assidua con questo repertorio, l’ho letto e cerco di interpretarlo da outsider, con l’esperienza di altri repertori più brillanti. Il mio faro è lo spartito Ricordi della Chicago Press ed è questo quello che cerco di portare in scena, sia musicalmente che interpretativamente.
In questo una grossa mano me la dà il Maestro Beltrami che mi asseconda e crede in questa lettura come me, e anche il team creativo (Gavazzeni e Maranghi) che ha avuto una enorme pazienza con me.
Voglio in questa occasione ringraziare anche Piero Pretti che mi ha sopportato in tutti i momenti di difficoltà qui a Novara (lui sta a Milano) e tutti i miei amici che mi hanno fatto sentire la loro vicinanza.
Come ti ha plasmato lo studio di questo personaggio direi quasi “di arrivo” per un baritono?
Mi ha sicuramente insegnato la pazienza, il rispetto e il timore per certi ruoli. Io credo che l’atteggiamento di umile rispetto sia l’unica via di approcciarsi a ruoli come questo. Al di là di quello che sarà il risultato in teatro, per me è stato un viaggio importantissimo.
Ci sono ruoli non ancora debuttati che vivono nei tuoi desideri?
Vado in crisi ogni volta che mi viene chiesto. Ci sono tanti ruoli che mi piacerebbe cantare ma alcuni non sono adatti a me fisicamente e per gli altri aspetto solo che arrivi l’occasione giusta.
Che rapporto hai con la critica musicale?
Leggo le critiche, spesso dopo la fine della produzione, e le rispetto quando un cantante non viene liquidato con un aggettivo e basta. Credo che un lavoro durato mesi e mesi non possa essere liquidato così. E’ ovvio che quelle negative fanno soffrire ma almeno se viene spiegato perché posso provare a capire e migliorare.
E il tuo rapporto con i colleghi.., di corda e non?
In verità non faccio distinzione fra “corde”. Ho amici carissimi fra i baritoni (Salsi, Alberghini, Romano, mio “fratello” Antoniozzi fra gli altri). Ogni volta che lavoriamo insieme con Paolo Bordogna, ad esempio, ci facciamo sempre un sacco di risate. Nicola Alaimo è un collega piacevolissimo anche se non si lavora mai assieme… E poi dimentico qualcuno. Fra i miei amici più cari ci sono Michele Pertusi, Eva Mei, Eleonora Buratto e tantissimi altri. Pensa che in quasi trent'anni di carriera sono solo tre le persone con cui ho discusso e con i quali si sono interrotti i rapporti. Non male, vero?
Chi è Roberto De Candia senza lo spartito in mano?
Credo di essere un uomo abbastanza normale. Da un anno mi appassiona molto il tennis, unico sport praticato e da sempre l’elettronica e l’informatica. Leggo abbastanza e di tutto ma non sono un lettore compulsivo. Da qualche tempo cerco di vedere il più possibile i miei amici. Il tempo passa e credo che anche le priorità cambino. Gli affetti, quelli familiari e amicali sono prioritari.
Se dovessi definire il tuo carattere che aggettivo useresti?
Sono una buona persona dal brutto carattere.
Una volta hai scritto su un social che sei fortunato ad avere una moglie speciale; come vi siete conosciuti?
Ci siamo conosciuti per caso a Catania dove io ero impegnato nelle recite di Don Gregorio di Donizetti e lei è venuta ad ascoltarmi insieme ad una sua amica che aveva lavorato con il regista della produzione.
Pensa che nel secondo atto ero vestito da cameriera con una gonna al ginocchio, le calze velate da cui si vedevano i peli delle gambe, una parrucca rossa con la crestina, la barba e un tacco di sette centimetri. Una visione orrenda, eppure… io le sono piaciuto comunque... e lei mi ha subito affascinato per la sua bellezza, simpatia e intelligenza. Non sapevo ancora che aveva un enorme talento come vocali coach. È con lei, severissima sul lavoro, che adesso studio i ruoli.
Come coniughi gli impegni di lavoro con quelli familiari?
Si viaggia moltissimo: Daniela è stata per cinque anni alla Semperoper di Dresda dove è anche stata a capo dello Junges Ensemble-Opera Studio e quelli sono stati periodi difficili davvero, perché la città è mal collegata. Adesso che anche lei lavora come freelance, per assurdo, è quasi più facile vedersi e stare insieme, coordinando i calendari e i rispettivi periodi liberi.
Tornando ai social, qual è il tuo rapporto con essi: sei più vittima o carnefice?
Entrambe, anche se credo che oggi come oggi basta un po’ di prudenza per non farsi divorare. Certo, ogni tanto si perde la pazienza ma lo si paga. Sto passando da Facebook a Instagram, un luogo molto più tranquillo, mi pare. Mi autocensuro molto su Facebook perché penso sempre che il passo verso la caduta nel ridicolo sia brevissimo.
La tua carriera è nel pieno dalla tua maturità artistica: quali sono i prossimi impegni?
Dopo questo Rigoletto vado subito a Torino per un Dulcamara e, a seguire, Falstaff al NNT di Tokyo. Natale a casa e poi Così fan tutte al Festival di Cartagena e di seguito Barbiere a Bologna e il tanto atteso debutto al Teatro Real di Madrid sempre con l’ultima opera di Verdi (si capisce che Falstaff è la mia preferita?) e il ritorno alla Wiener Staatsoper con Don Pasquale.
Lascia un tuo saluto ai lettori della testata con un “testo libero” come si faceva un tempo alle scuole elementari.
Vi saluto caramente sperando di vedervi presto in teatro; venite a trovarci nei camerini, ci fa sempre piacere, dopotutto siamo li in palcoscenico per voi.
Anche il nostro augurio, mio e di tutta la redazione, sia di auspicio per un trionfale debutto a Novara.
Crediti fotografici: immagini fornite dall'artista