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Nel Teatro Comunale Claudio Abbado un omaggio a Freddy Mercury e ai Queen |
Barcelona Opera Rock |
servizio di Edoardo Farina |
Pubblicato il 01 Luglio 2024 |
FERRARA - Dopo Ecce cor meum, inedito omaggio in versione orchestrale all’intramontabile musica dei Beatles e L’isola disabitata di Franz Joseph Haydn in collaborazione con il locale Conservatorio “Girolamo Frescobaldi”, il 21 giugno 2024 con replica la serata successiva, è andato in scena l’eccezionale Barcelona Opera Rock & Queen greatest hits, musiche di Freddie Mercury nato Farrokh Bulsara a Stone Town in Tanzania nel 1946, di origini parsi parsi, morto a Londra nel 1991 e Mike Moran, con il Coro del Teatro Comunale di Ferrara Maestro Teresa Auletta, per la produzione Fondazione Teatro Comunale “Claudio Abbado”. Ultimo appuntamento dei dodici in cartellone relativi alla ricca programmazione nell’ambito della Stagione Opera/Balletto 2023-2024, il 18 ne è stata tenuta la conferenza di introduzione “Prima della Prima” nella sala del Ridotto con il Maestro Roberto Molinelli, Pierfrancesco Pacoda, critico musicale e saggista esperto in linguaggi, culture e stili di vita giovanili e Marcello Corvino, Direttore Artistico, in qualità di presentatore e moderatore. La potenza del rock, il sentimento del “bel canto” e un’orchestra si sono fusi per realizzare il concerto live dell’intero Barcelona, il capolavoro dei Queen - uscito nel 1998 - nato grazie all’incontro di due leggende: il leader della band britannica e una delle più grandi voci della storia del melodramma, il soprano spagnolo Montserrat Caballé (1933-2018). Lirica e rock sinfonico riproposti nella città Estense dalla voce di fama internazionale Desireé Rancatore e da quella determinata del rocker svedese Johan Boding, accompagnati da due sezioni strumentali, il “Gruppo rock Ànema” costituito da Biagio Labanca (chitarra) - Maurizio Brancone (batteria) - Massimo De Stephanis (basso) - Alessandro Russo (tastiere) e una classica, formata dall’ “Orchestra Città di Ferrara”, diretti da Molinelli che ne ha sapientemente curato anche gli arrangiamenti. In varie teorie storiografiche, l’Opera Rock nasce come un'evoluzione del concept album e presenta notevoli affinità con il musical, al quale viene spesso assimilata dando inoltre origine a realtà analoghe legate ai più svariati stilemi compositivi, portando alla nascita, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Novanta del Novecento, di creazioni classificabili come opera metal, opera rap e opera hip hop che, nella loro natura di opera album, seguono principi analoghi. Analogie esistono con il Rock Sinfonico ove i maggiori artefici di tale genere sono stati, solo per citarne alcuni, sicuramente i Tangerine Dreams, i Genesis, Mike Oldfield soprattutto con i tre Tubular Bells e naturalmente la psichedelia dei Pink Floyd o i Kraftwerk ove la stesura armonica è sempre composta da una suite solitamente dalla durata al massimo di venticinque minuti per parte, tanta ne poteva essere allora la portata di un vinile, senza soluzione di continuità. L'elemento caratteristico è invece la sua chiara struttura drammatica, in cui i brani musicali non soltanto sono legati da un tema o un argomento comune (come avviene nel Concept Album), ma presentano una precisa sequenza narrativa, con tanto di scene e personaggi.

Per queste sue caratteristiche l'Opera Rock si presta frequentemente a essere esposta in forma di oratorio o dramma scenico in una natura spiccatamente musicale, la cui rappresentazione in forma scenica, divenendo così un musical a tutti gli effetti, collocandosi verso una forma del tutto autonoma e opzionale. Malgrado ciò, comunque, gran parte delle scelte, soprattutto in tempi recenti, vengono ideate sin dall'inizio per essere portate in scena come visto in numerose performance di successo quali ad esempio Jesus Christ Superstar ed Evita, non presentando generalmente momenti di prosa o recitativi, ma una sequenza ininterrotta di canzoni, in cui la componente teatrale e coreografica risulta di secondaria importanza. Negli ultimi anni, soprattutto in Italia, il termine è stato spesso assimilato a quello di Opera popolare, della quale le recenti Opere Rock rappresenterebbero un sottogenere. Termine della prima parte dalla durata di circa un’ora costituita da una suite comprendente svariate forme musicali in duo, dalla romanza, al gospel, passando per diverse evoluzioni di natura lirica, Molinelli dopo avere ringraziato gli organizzatori e presentato i solisti dell’orchestra, ha voluto sottolineare la componente inedita dello spettacolo precisando di essere l’unico gruppo in Italia che vanta considerevolmente la possibilità di fare riascoltare un concerto di tale portata senza nulla togliere al lavoro di Freddie che all’epoca realizzò artisticamente da solo senza il supporto degli altri elementi del gruppo. L'album fu il frutto più importante di una collaborazione fortemente da lui voluta, innamorato della voce di Montserrat, essendone un suo ammiratore da tempo e come tale tra i due nacque una grande amicizia, connubio che allora trovò molti ostacoli con i discografici in quanto consideravano commercialmente assurdo e pericoloso fondere il loro sound trasgressivo e irruente con la compostezza ed eleganza che caratterizza la musica classica, temendo di rovinare un ampio mercato di parte consolidato per decenni da entrambi i protagonisti, collocati su stelle lontanissime tra loro. Iniziativa che riprese Luciano Pavarotti con il progetto Pavarotti & Friends durato dal 1992 al 2003 proponendo sinergie dai successi strepitosi che cambiarono per sempre l’abbinamento “rock-classica” dimostrando che le etichette poste riguardo i generi, sono sempre puramente limitate e aleatorie davanti alla grandezza della musica. Selezionata la città di Barcellona per ospitare le Olimpiadi del 1992, Mercury fu contattato per scrivere una canzone che sarebbe stata l’inno ufficiale dei Giochi avendo l'idea di creare un duetto con la celebre di origini catalane che li portò a registrare l'intero Long Playng insieme al produttore Moran, di cui un'edizione speciale è stata pubblicata il 3 settembre 2012 presentando una versione con i precedenti brani strumentali sostituiti con una nuova orchestrazione sinfonica e percussioni dal vivo al posto di sintetizzatori e drum machine. Apprezzato soprattutto per la “title-track”, divenne una hit anche grazie al suo utilizzo per i Giochi Olimpici rappresentando un esperimento innovativo per la sua fusione di musica pop/rock e lirica che, grazie all’intreccio delle due grandi voci, ancora oggi è un inedito che raggiunge livelli altissimi di preziosa intensità. Seconda parte per ascoltare l’esecuzione invece dei più grandi successi dei Queen in una lunga carrellata in grado di attraversare gran parte di cinquant’anni di storia con brani indimenticabili come The Show Must Go On, Somebody to Love, We will rock you in un vero e proprio omaggio allo straordinario talento di Freddie e alla sua band.

- “Quali difficoltà riscontriamo prevalentemente nel replicare i Queen oggi? – chiedo a Roberto Molinelli durante l’intervallo - e quanta ricerca è stata necessaria per creare un’imitazione musicalmente e in pratica perfetta della proposta anche se in parte volutamente diversa negli stili e abitudini originali?”
“Per giungere a un risultato il più possibile esatto occorrono tantissimi anni di studio e attenzione onde evitare grottesche caricature ed errori, cosa che avviene da parte di gruppi poco esperti ove ci si limita all’esecuzione delle sole canzoni alla meno peggio, trascurando molto spesso tutta la parte coreografica e di immagine”.
- “Assistiamo al fenomeno delle cover band in modo direi felicemente preoccupante e ciò significa una mancanza di idee, di nuove formazioni dovute a un certo senso al problema congiunto con la “musica finita” o solo a una sorta di nostalgia rapportata a un paragone con una qualità attuale probabilmente non nelle condizioni di giungere ai livelli di allora, per lo meno riguardo coloro che appartengono alla nostra generazione… e quanto è rischioso, inoltre, assumersi la responsabilità relativa al confronto con un gruppo originale così noto?”

Negli ambienti rock le cover band e le tribute band a volte vengono ignorate e citate con sufficienza se non addirittura disprezzate. Di solito, le prime rappresentano dei musicisti in grado di suonare un repertorio di altri autori, appunto di cover, mentre le seconde sono una formazione dedita esclusivamente all’esecuzione di un unico artista o formazione, che si tratti di Michael Jackson o i Rolling Stones. Le motivazioni che adducono i refrattari non sono mai del tutto chiare: è ovvio che nessuno può interpretare per fortuna o sfortuna le star nell’identico modo; se artisticamente può essere poco interessante imitarne i vari “complessi” di allora, così infatti erano chiamati, di conseguenza non avrebbe senso neppure proporre al pubblico un concerto di tale tipologia, quindi tanto varrebbe ascoltare il disco originale e nulla di più. Con una tale confusione mentale si nega l’evidenza riguardo al fatto che la musica è eterna essendo sempre un linguaggio scritto rimanendone a disposizione l’esecuzione da parte di qualcuno leggendo la partitura… e va da sé che oggi possiamo godere delle sinfonie classiche o del repertorio cameristico dei secoli passati grazie a tutto ciò nonostante gli autori siano defunti da secoli, come sostenere ad esempio che l’Orchestra Filarmonica di Vienna è una cover band …evidentemente si! Verissimo che molti artisti rock suonano a “imitazione” senza conoscere la notazione ma le loro opere vengono comunque immediatamente trascritte, depositate e pubblicate dai vari editori. Poi alcuni sostengono che la maggiore parte dei gruppi cover sono a volte molto meglio degli originali…affermazione un po’ azzardata, anche se noi cerchiamo di non essere da meno nel ricreare la medesima configurazione del suo tempo ... certo, il confronto è sempre rischioso e non privo di critiche, ma la soddisfazione maggiore è rappresentata dall’essere riusciti ad avvicinarsi in maniera possibilmente autentica. È logico che da parte nostra, per via di una orchestrazione classica così come viene rappresentata, non vi è l’intenzione plausibile di reiterare in maniera ferrea e filologica, sarebbe praticamente irrealizzabile, ma cercare di offrire una versione sinfonica e comunque originale, di sicuro effetto e coinvolgimento emotivo”. Seconda parte per ascoltare l’esecuzione invece dei più grandi successi dei Queen in una lunga carrellata in grado di attraversare gran parte di cinquant’anni di storia con brani indimenticabili come The Show Must Go On, Somebody to Love, We will rock you, Radio Gaga, in un vero e proprio omaggio allo straordinario talento di Freddie e alla sua band. Grandiosa la voce di Boding dal tono decisamente sorprendente e superiore alle aspettative per via di una dinamica davvero molto simile al protagonista originale per tenuta e potenza, pur non essendo in possesso dei capelli dalla folta chioma nera, i baffi e la sua mimica gestuale dal fisico super palestrato nella leggendaria canottiera bianca (ma d’altronde nessuno l’ha mai chiesto!) preferibile rispetto coloro che tentano a tutti i costi di emulare inutilmente chi si è reso inimitabile e immortale, rischiando spesso di cadere nel ridicolo con tanto di abiti regali e corona in testa. Ottima sinergia nel duo, encomiabile con la Rancatore dalla intonazione perfettamente adeguata, ha convinto alternando grinta, dolcezza, vocalità espressiva ed eloquenti modulazioni, il tutto sotto la presente bacchetta di Molinelli dal look a tema e la direzione apparentemente scompigliata e stravagante come questa musica impone, ma in realtà attentissima, inframmezzando i brani con aneddoti e racconti dal piacevole intrattenimento e dalla forma chiara ed esaustiva. La perfetta e sincronica concertazione del coro diretto dall’Auletta e l’orchestra, ove nelle sezioni dei violini era presente anche lo stesso Corvino, Antonio Aiello primo di fila e gli “Ànema” noti soprattutto per la divulgazione del repertorio tipicamente folklorico dell’Italia Meridionale, si sono avvalsi tra l’altro dei virtuosismi solisti di Labanca, stupendo con note pirotecniche alla chitarra elettrica, classica e persino flamenca nel difficilissimo Innuendo, senza nulla da invidiare addirittura alle capacità di Brian May. L’esecuzione dalla perfezione tecnica, estrema pulizia di suono e sound supportato da una corretta amplificazione equilibrata e mai assordante, condizione non scontata come spesso avviene in questi casi, posta tra classicità e rock'n'roll nella forma e nella sostanza qui riprodotta nella tournée ferrarese dopo altrettante sedi prestigiose quali il Teatro Antico di Taormina nel 2022 e più recentemente il Teatro Petruzzelli di Bari, come ideato dai Queen titolari del “concept” di impostazione audio-video per il progetto originale, hanno fatto il resto. Tutto esaurito, quindi, per la presenza in sala di un pubblico entusiasta e non del tutto giovanissimo come era ampiamente prevedibile costituito in maggiore parte dai “rockettari” degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso oggi over sessantenni, nostalgici senza tempo della musica dei quattro londinesi, Freddie, Brian, Roger e John dopo i Fab Four di Liverpool dal sangue blu nobiliare inglese, accogliendo l’evento con un entusiasmo senza precedenti e non mancando la standing ovation per giungere alla fine “caldi” e in piedi ballando e saltando su ritmi indimenticabili e pagine memorabili entrate ufficialmente nei libri di Storia della Musica. L'esplosione di luci e suoni ha voluto ricreare a distanza di oltre tre decenni la loro spinta anticonformista, compresa la carica protestataria di quegli anni tramite un'immagine di repertorio trasgressiva, futurista e contraddittoria in conflitto tra le vecchie e nuove generazioni, complice la grande musica dell’epoca d’oro del Rock. Quella suonata per davvero.
Crediti fotografici: Marco Caselli Nirmal per il Teatro Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara Nella miniatura in alto: Roberto Molinelli Sotto, in sequenza: Barcelona Opera Rock con Johan Boding, Desirée Rancatore, Roberto Molinelli che ha diretto l'Orchestra Città di Ferrara
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