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Ensemble strumentale e coro dell'Accademia ferrarese sono belle realtā emergenti

Esther dello Spirito Santo

servizio di Athos Tromboni

Pubblicato il 22 Aprile 2018

100423_Fe_00_Esther_NicolaValentiniFERRARA - Quella di Esther, personaggio biblico dell'Antico Testamento, è una figura che ha ispirato scrittori e musicisti perché la donna ebrea è stata una salvatrice del proprio popolo. Viene raccontato che la bambina Esther fu adottata dal cugino Mardocheo quando, orfana di padre, si trovò sola in Babilonia. Crebbe e divenne una bellissima giovinetta, di cui si innamorò perdutamente Assuero, il re di Babilonia. Il re la sposò, così Esther divenne regina.
100423_Fe_011_Esther_Cast_phMarcoCaselliNirmalCon la sua dolcezza, la determinazione, l'intelligenza, la fede, riuscì ad ottenere dal re la revoca di un programma di sterminio che Haman, ministro antisemita di Assuero, aveva emanato contro gli ebrei per vendicarsi di Mardocheo. Gli ebrei ottennero addirittura di poter massacrare Haman ed i suoi figli, evento da cui ebbe origine la festa ebraica del Purim, che si celebra tra fine febbraio e inizio marzo.
Il testo teatrale più noto dedicato al personaggio è quello della tragedia di Racine, scritta e rappresentata nel 1689.
Le pagine musicali ispirate a Esther sono tantissime, quasi tutte concentrate nel periodo barocco, e molteplici sono i compositori che le dedicarono un oratorio. Fra questi, Alessandro Stradella e Georg Friedrich Händel. Abbiamo citato Stradella perché Ferrara ospitò in prima esecuzione moderna il suo oratorio Ester liberatrice del popolo ebraico, nel salone d'onore della Pinacoteca Nazionale, nel settembre 2016. Era una puntata ferrarese di "Grandezze & Meraviglie" promosso dal Festival Musicale Estense di Modena.
L'oratorio di Händel, scritto in lingua inglese e rappresentato a Londra nel 1732, ha un gusto molto più teatrale di quello di Stradella, perché ispirato forse alla tragedia di Racine che nella drammaturgia si discosta un poco dal racconto dell'Antico Testamento, senza però snaturane il significato.
Ci ha riprovato il Teatro Comunale Abbado a porre l'attenzione sul personaggio di Esther; nel settembre 2016 dentro il programma di Agenda Ridotto ospitando il Festival Musicale Estense; e il 20 aprile 2018 nel calendario della stagione lirica riunendo i due turni di abbonamento in un'unica serata. Evento, anche quest'ultimo, dall'esito felice, sia per la bella esecuzione dell'oratorio di Händel, sia per il successo conseguito presso il proprio pubblico, visto che il teatro era gremito in ogni ordine di posti e gli applausi sono stati calorosi e prolungati alla fine dello spettacolo.
L'azione era realizzata in forma semiscenica: sulla sinistra del palcoscenico una scalinata che portava alla sommità di una terrazza dove agiva il re Assuero; sulla destra una predella dove prendeva posto il popolo degli ebrei; torri o colonne sullo sfondo, dapprima cupe e incombenti, poi luminosissime alla salvazione degli ebrei; e il proscenio che fungeva da passaggio dei personaggi principali verso la terrazza del re o verso la predella degli ebrei: elementi scenici semplici ma simbolici, che hanno dato modo al regista Marco Bellussi di realizzare un'idea drammaturgica, cioè  quella di «evidenziare e valorizzare le differenze fra i personaggi che nel libretto non hanno nome (Primo israelita, Secondo israelita, Terzo israelita, Donna israelita) giungendo a delineare dei veri e propri caratteri per ogni israelita, facendoli così uscire dall'anonimato e intessendo una rete sociale e di relazioni fra loro.»
Una condizione utile e necessaria per rendere intelligibile la vicenda scenica perché, col testo cantato in inglese settecentesco e con i sopratitoli non sempre puntuali sulla lavagna luminosa, il rischio era quello della noia conseguente alla "novità" di musica e canto barocchi interpreti di una vicenda biblica non certo celebrata dalla cultura religiosa italiana. Bellussi ha realizzato dei veri e propri quadri d'assieme, quasi che ogni scena fosse ispirata alla pittura sacra preraffaellita, stessa cura dei particolari e stesso gioco dei chiaro-scuri. Là il re Assuero e la sua corte, qui, il coro degli ebrei, movimenti sobri per i solisti, pose plastiche, statuarie, per il coro. Un effetto di suggestione ottenuto grazie anche ai costumi di Carlos Tieppo e alle luci di Marco Cazzola.
Unica annotazione critica va fatta per il velatino in tulle calato per quasi tutta la recita davanti alla scena: era assolutamente "smorzante" e "distraete" perché toglieva alla bellezza plastica dei quadri d'assieme quel fascino che sarebbe stato garantito dalle ottime luci di Cazzola: solo alla fine dell'oratorio, quando il re Assuero consente la salvazione degli ebrei dal genocidio, il tulle si alza e la scena appare in tutto il suo splendore, durante il canto di giubilo del coro. La scelta simbolica del regista (tulle, cioè nebbia e luce ammorbidita dall'effetto-diffusore per gli ebrei condannati; e luce piena e diretta quando sono salvati) può essere comprensibile e razionale, ma è stata "smorzante", "distraente", in sostanza brutta.

100423_Fe_02_Esther_facebook_phMarcoCaselliNirmal

L'esecuzione musicale è stata ottima: va citata la cura e la perizia con cui il giovane maestro e filologo Nicola Valentini, sul podio della novella Ensemble Strumentale Accademia dello Spirito Santo ha saputo concertare, rispettando le voci e valorizzando l'apporto strumentale: al proposito vanno citati sia il bravo oboista (oboe d'amore) Gregorio Carraro, sia gli eccellenti cornisti Alessandro Denabian ed Elisa Bognetti, intervenuti - i cornisti - nella seconda parte dell'oratorio, quando la scena diventa appannaggio della protagonista Esther.
E nei panni eponimi ha ottenuto i più calorosi applausi della serata il soprano Sonia Tedla, il cui canto morbido e ben intonato, in buona sintonia dinamica e melodica con gli strumenti, è stato giustamente apprezzato. Altra voce di rilievo, quella del basso Mauro Borgioni (Haman) che ha condiviso con la Tedla il pulpito del migliore in campo. Ben preparati anche gli altri cantanti: Luca Cervoni (Assuero), Francesca Salvatorelli (Donna israelita), Alessio Tosi (Primo israelita), Raffaele Giordani (qui Mordecai anziché il nome biblico di Mardocheo; e Secondo israelita), Aurelio Schiavoni (Terzo israelita). I mimi in scena erano Elisabetta Galli, Daniel Bastos e Emiliano De Lello.

100423_Fe_03_Esther_TeatroAbbado_phMarcoCaselliNirmal

Eccellente il Coro Accademia dello Spirito Santo preparato da Francesco Pinamonti: la vera perla lucente di tutta la serata. Ha saputo recitare la parte "pittorica" della messinscena arricchendo il gesto con un canto di seducente bellezza, sia che si trattasse di canto piano nella preghiera dolente, sia del contrappunto gioioso ("alla Händel" verrebbe da dire) nel momento del trionfo, sia nelle sfumature polifoniche a cui la parte si presta. Buon equilibrio fra le sezioni, ottima quella dei bassi-baritoni, e comunque compagine in continua crescita anno dopo anno. Esther dello Spirito Santo, vien da dire dopo la rappresentazione dell'oratorio händeliano. A testimonianza di un bel traguardo del Coro Accademia dello Spirito Santo, nato e cresciuta a Ferrara, e di cui la città estense può andare fiera.

Crediti fotografici: Marco Caselli Nirmal per il Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara
Nella minitura in alto: il direttore Nicola Valentini






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Ottima messa in scena, oltre che per la comprovata efficacia di Sardelli nell'esecuzione del repertorio barocco, soprattutto per la visionaria regia di Marco Bellussi, coadiuvato da Fabio Massimo Iaquone (ideazione e regia video), Matteo Paoletti Franzato (scene), Elisa Cobello (costumi) e Marco Cazzola (luci).
La visionaria regia ci trasporta nel poema ariostesco (o quantomeno in ciò che del poema dell'Ariosto utilizzò a suo tempo il librettista Grazio Braccioli) dove tutto è fantascientifico
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