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Siamo tornati alle repliche delle due opere inaugurali per ascoltare e dire dei nuovi interpreti

Turandot e Carmen i secondi cast...

servizio di Simone Tomei

Pubblicato il 07 Luglio 2018

180707_Vr_00_Carmen_FrancescoIvanCiampa_FotoEnneviVERONA - Ho iniziato le mie incursioni areniane per seguire l'alternarsi dei diversi cast nel 96° Opera Festival 2018 ed in questo mio primo viaggio vorrei parlare di due serate contigue in cui sono andate in scena l'ultimo componimento pucciniano, Turandot, e l'opera-comique di George Bizet, Carmen. Ne parlerò in un unico articolo perchè mi preme evidenziare il fil rouge che lega queste due serate; parlare di questi allestimenti in maniera dettagliata diventa pleonastico: per quello che riguarda Turandot - a firma registica storica di Franco Zeffirelli - ormai sono state scritte intere pagine, mentre per quello che riguarda l'altro titolo (Carmen) vi sia di rimando l'articolo a firma del Direttore della testata che potete leggere qui: devo solo aggiungere in merito alla Carmen che, per quello che riguarda l'aspetto visuale che porta la firma di Hugo de Ana per regia, scene e costumi, la mia "repetita" non ha fatto altro che confermare l'idea di un allestimento che è riuscito ad annullare in un solo colpo personaggi, emozioni, intenzioni e significati di un'opera che per mezzo di musica e parole "parla" da sola ed esprime attraverso ogni singola nota  molteplici sentimenti.
Tornando a quel fil rouge che lega la trama di queste due serate questo può essere individuato nella figura musicale di riferimento che fa capo al nome del M° Francesco Ivan Ciampa; senza mezzi termini posso dire che la sua direzione della "prima" del 22 giugno in cui il concertatore debuttava nel titolo  - Carmen - e nel luogo ha trovato diversi limiti e non si è saputa elevare al di sopra di un allestimento pesante, lento e prolisso, anzi sembrava averne acquisito le peculiarità producendo un risultato non degno delle capacità aristiche del Maestro; la scelta lodevole comunque era stata quella di ricercare delle finezze e delle nouances molto sofisticate ed eleganti, troppo, forse senza tener conto del luogo e delle caratteristiche di una buca in un contesto dove le variabili ambientali sono tali e tante da non permettere di soffermarsi, o meglio, di cedere totalmente a tali finezze; come musicista (notate la minuscola) io le ho comunque apprezzate e godute, ma il risultato finale è stato quello di offire "un biscotto savoiardo al porcello" in cui né il destinatario né probabilmente il datore sono rimasti soddisfatti del dono.
Tale premessa non vuole essere un elemento detrattivo per il M° Ciampa bensì un trampolino di partenza ed un motivo di spinta per risorgere non appena poche sere dopo per regalare al pubblico due serate di grande musica in cui sono emerse appieno una personale interpertazione e visione dello spartito unite a sonorità pregnante, arricchente e di carattere; mi riferisco proprio alla direzione delle opere oggetto del mio discorrere; i due componimenti distanti da un punto di vista compositivo sono state affrontati con quel piglio da grande condottiero dove ogni strumento ha saputo vibrare alla lunghezza d'onda giusta; tempi, sonorità, respiri, rallentati, hanno saputo incanalarsi in quell'unitario discorso musicale formando un'idilliaca intesa con i cantanti e con la massa corale; in relazione al secondo titolo è come se la musica in un certo modo si fosse distaccata dalla farraginosità del palcoscenico trovando una sua personale identità riuscendo a "dire la sua" in maniera schietta con un ardire che non è supponenza, bensì consapevolezza che le intenzioni e l'idea compositiva vengono prima di tutto.
Parlando con un amico Musicista (notare la maiuscola) è emersa questa grande capacità del M° Ciampa di saper imparare velocemente, rimettendosi in gioco e virare rotta, laddove si è reso conto che la strada intrapresa poteva non condurre alla meta desiderata; mi sono sentito in dovere di evidenziare questo aspetto che non è assolutamente da sottovalutare perchè rivela una grande dedizione ed umiltà verso la musica ed i suoi compositori; concludo questa mia concione sul direttore Ciampa -  e spero mi vogliate perdonare - evidenziando un fatto che è la controprova di un significativo cambio di "direzione": all'inizio del terzo atto di Carmen la Sinfonia in cui il primo flauto intona le note suadenti della notte sulle montagne un fascio di luci e scritte proiettate sullo sfondo rappresenta un elemento disturbante e, se mi concedete, decisamente brutto sugli spalti dell'anfiteatro romano; chiudere gli occhi e respirare solo ''l'odore" della musica è stato un toccasana che, se già non bastasse, ha ancor più confermato le mie idee sull'approccio musicale di queste due grandi serate.
Altro elemento comune che lega queste due serata è stato il Coro dell'Arena di Verona guidato dal M° Vito Lombardi che va lodato per precisione esecutiva e per un'amalgama di suono sempre più unitaria con cui la mano direttoriale può facilmente lavorare e "creare" quella sinergia con la buca orchestrale che in taluni momenti diventa quasi magia; colgo l'occasione per esprimere le condoglianze da parte mia e da parte di tutta la redazione al M° Vito Lombardi per il lutto che ha colpito la sua famiglia.
Veniamo al dettaglio delle due serate per quello che riguarda gli interpreti con una piccola chicca che sono riscito a procurarvi proprio la sera di Turandot.

Turandot - recita del 5 luglio 2018
In questa seconda ripresa del titolo pucciniano - della cui prima areniana potete leggere qui - vi è stato un completo cambio di cast per quello che riguarda la triade  degli interpreti principali ai quali dedicherò lo spazio maggiore.
Nel ruolo eponimo il soprano Rebeka Lokar ha degnamente preso le vesti della Principessa di gelo attraverso una vocalità molto a fuoco e densa di grande personalità; una Turandot che non urla, ma canta, che fa della sua alterità una melodia con un'emissione sempre ben a fuoco; e ben puntata con uno squillo brillante in cui la parola scenica assume grande significato.

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Interessante anche la vocalità del tenore Murat Karahan nel ruolo del Principe Calaf che se nel primo atto non è stato pienamente a fuoco nel personaggio e nell'interpetazione, ha trovato il suo riscatto nella scena degli enigmi e nel terzo atto in cui ha bissato a furor di pubblico l'aria Nessun dorma; nella zona del passaggio ho riscontrato alcune incertezze di emissione dovute al suono che non trova lo spazio necessario per librare nell'aria, ma vira all'indietro opacizzandosi e perdendo quello squillo che invece è caratteristico dei sonori e squillanti acuti; non indenne da pecche anche la pronuncia che richiederebbe maggior cura.
Grande piacere anche l'ascolto del soprano Ruth Iniesta nel ruolo della schiava Liù; un elegante fraseggio e belle messe di voce hanno fatto della sua interpetazione uno dei momenti più alti della serata che proprio nell'aria finale Tu che di gel sei cinta, ha trovato la vetta più elevata.
Il cast era egregiamente completato dagli interpreti della prima serata che si sono tutti confermati grandi musicisti: Giorgio Giuseppini come Timur, Antonello Ceron come Imperatore Altoum, Federico Longhi, Francesco Pittari e Marcello Nardis rispettivamente quali Ping, Pong e Pang  (i quali mi hanno regalato un piccolo ricordo di queste serate che io condividerò con voi), Gianluca Breda come Mandarino e Ugo Tarquini quale Principe di Persia.
Precisa come sempre la partecipazione del Coro di Voci bianche A.d’A.MUS. preparato da Marco Tonini.
Ed ora prima di passare alla seconda serata di questo lungo fine settimana veronese vi dono un pensiero dei tre interperti delle maschere pucciniane Ping, Pong e Pang che ho raccolto nel retro palco come risposta al postulato: «La mia Turandot di Giacomo Puccini all'Arena di Verona nella suggestiva regia di Franco Zeffirelli.»
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Ping
, ovvero Federico Longhi – Baritono: la mia Turandot, il mio Ping, emozioni uniche, nascono e vivono attraverso la musica di Puccini, si estendono e crescono con la messa in scena di Zeffirelli, nella magica e suggestiva cornice quale è l’ Arena di Verona, sito di rara bellezza, permeato da potente energia; grazie sempre per questo sogno che continua.
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Pong
, ovvero Francesco Pittari – Tenore: non è mai mia, purtroppo, può essere solo nostra; per un attimo Ping si stacca, ma torna inesorabilmente a far parte del trio. L'unico modo di far uscire bene questi tre personaggi è quello di essere affiatati e non basta solo sul palcoscenico. In Arena poi si amplifica tutto, a partire dalle emozioni fino ad arrivare ai dettagli ed ai colori musicali passando per le distanze; grazie Giacomo Puccini per la tua musica immortale.
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Pang
, ovvero Marcello Nardis – Tenore: sono felicissimo, un debutto magico all’ Arena di Verona, in un’opera che amo molto e che non manca mai di riservare incredibili soddisfazioni ed emozioni per noi interpreti; e poi Verona è una città profondamente legata alla mia storia emotiva e un poco al mio destino. Per di più mi trovo a cantare per la prima volta il ruolo di Pang, nella maestosa cornice pensata da Franco Zeffirelli, dove tutto è scelto, tutto gode di una attenzione curatissima al particolare, al dettaglio, quasi alla miniatura. In compagnia di un cast eccezionale. Per noi maschere è una magnifica sfida, quella di “agire” in una geografia di movimento precisissima e affascinante, in cui ogni uno di noi, mantenendo una specificità solistica (anche timbrica), si rapporta costantemente agli altri due, in una scrittura quartettistica con l’orchestra, una danza continua, una specie di passo...”a tre”, in una lettura registica fortemente evocativa, non c’è dubbio, profumata di China, in cui prevale il simbolo, il rimando, la nostalgia, mai il cliché, o lo stereotipo.
Grazie a questi cantanti che si sono fatti valere per interpretazione scenica e vocale regalando un quadro musicale di inizio secondo atto in cui il Teatro di è fatto davvero "grande"; concludo, per loro con questo pensiero del critico Andrea Della Corte da un un suo scritto del tempo su La Stampa: «Tragico e comico non si mescolano qui in visione fantastica, in ardita concezione, la sola che avrebbe potuto fondere gli elementi dispari, ma restano disgiunti e alternati nella vicenda scenica...»  e tutto questo è emerso nella loro egregia interpretazione.

Carmen -  Recita del 6 luglio
Nel ruolo della Sigaraia di Siviglia il mezzosoprano Carmen Topciu si è egregiamente distinta per nitida emissione e sicumera vocale risultando omogenea in tutta l'estensione con un suono sempre ben proiettato che mai è sceso in gola o in petto; da un punto di vista scenico, poco delineato dall'intenzione registica, non è emerso appieno il carattere ribelle e sfrontato, ma nelle movenze e nella partecipazione danzante ha saputo ben interagire con le coreografie assegnate.

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Cambio di voce anche per Don José che ha preso vita per mezzo del tenore Walter Fraccaro; la voce è bella e non si discute, ma sconta un'emissione poco stabile e talvolta non pienamente a fuoco come intonazione e fraseggio; sopperisce parzialmente a questo fatto critico, una presenza scenica di tutto rispetto che nel complesso delinea un personaggio egregiamente caratterizzato.
Per il resto del cast non ci sono state variazioni di rilievo rispetto alla prima, ma tengo a palesare anch'io un grande plauso per la straordinaria Mariangela Sicilia nel ruolo di Micaela la cui vocalità si intona perfettamente alle esigenze della partitura e il cui canto racchiude, nell'aria del terzo atto, quel senso di fede che si trasforma in preghiera sentita e commovente.
Suono più nasale e poco brillante, ma spavaldo e altero per Alexander Vinogradov nel ruolo di Escamillo.
Plauso anche per il quartetto composto da Frasquita Ruth Iniesta,  Mercédès Arina Alexeeva,  Dancairo Davide Fersini e Remendado Enrico Casari.
Bravi anche lo Zuniga di Gianluca Breda ed il Moralès di Gocha Abuladze.
Un anfiteatro colmo e festoso è stato un altro elemento comune alle due serate in cui la musica e l'amore per essa sono state grandi protagoniste.

Crediti fotografici: Foto Ennevi per la Fondazione Arena di Verona
Nella miniatura in alto: il direttore Francesco Ivan Ciampa
Al centro: scena da Turandot con le Tre Maschere (Federico Longhi, Francesco Pittari , Marcello Nardis) e Calaf (
Murat Karahan)
Sotto in sequenza: tre belle istantanee di Foto Ennevi dalla Carmen firmata Hugo De Ana






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