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L'opera americana di Giacomo Puccini è tornata a casa propria accolta da sold out |
La Fanciulla dal West a Lucca |
servizio di Simone Tomei |
Pubblicato il 20 Novembre 2017 |
LUCCA - Novembre rappresenta per il Teatro del Giglio di Lucca un appuntamento importante che segna un duplice inizio: l’apertura della tradizionale Stagione lirica e l’avvio del "Lucca Puccini Days" giunto ormai alla quarta edizione. Queste due mirabili eventi hanno come elemento in comune di partenza una delle partiture più innovative di Giacomo Puccini: La Fanciulla del West, che vide la sua prima esecuzione in terra americana nel 1910 al Metropolitan di New York; anche in questa occasione la commistione con la terra di oltre oceano non è mancata perché questo spettacolo è una coproduzione Italia-USA che lega il Teatro del Giglio al Teatro Lirico di Cagliari, all’Opera Carolina di Charlotte e alla New York City Opera. Prima di approdare sul palcoscenico del Teatro lucchese, questa nuova produzione di Fanciulla ha già avuto il suo “battesimo americano” in aprile a Charlotte (North Carolina) e in settembre a New York, cui sono seguite, nell’ottobre scorso, otto rappresentazioni al Teatro Lirico di Cagliari. Parlare di quest’opera è entusiasmante ed avvincente quanto ascoltarla e vederla e tanti studiosi si sono cimentati in quest’impresa; tra l’altro proprio in occasione di questa première lucchese del 18 novembre 2017 si è tenuta nella Casermetta San Colombano una mini giornata di studi “Mi son messo in cammino”: Puccini nel ‘West’ di Fanciulla promossa e organizzata dal Centro studi Giacomo Puccini, Fondazione Giacomo Puccini e Teatro del Giglio con quattro interventi in programma, tutti incentrati sul tema di Fanciulla del West: Emanuele Senici («La fanciulla del West» e la tradizione dell’opera italiana), Riccardo Pecci (Mito, simbolo e realtà fotografica nel West di Puccini e nel Tirolo di Catalani), Andrea Palandri (500 pagine su Fanciulla) e Ivan Stefanutti (A volte bisogna giocare, e giocare sporco) coordinati da Fiamma Nicolodi. Grande fermento quindi intorno a questo capolavoro del sommo musicista lucchese che vorrei “raccontare” con alcuni flash tratti da documenti dell’epoca - lettere, recensioni, aneddoti - proprio per far calare il lettore in questo mondo fantastico nel quale Puccini ha voluto, a mio avviso, riassumere tanto del suo passato compositivo ed al contempo farci partecipi di quello che sarà il suo futuro sulla carta pentagrammata con anticipi che troveremo nelle sue composizioni successive: da Rondine a Turandot, passando per il Trittico. Alla fine del mio scritto infine, ho chiesto ad alcuni dei protagonisti un pensiero ed un’emozione sul fare Fanciulla a Lucca e ne sono emersi dei quadri molto belli ed emozionanti.
Fanciulla: La Gestazione “Ci siamo! La Girl promette di diventare una seconda Bohème, ma più forte, già ardita, più ampia. Ho linea di uno scenario grandioso, una spianata nella grande foresta californiana cogli alberi colossali, ma occorrono 8 o 10 cavalli-comparse. Zangarini adesso è all’incubazione, speriamo che si sbottoni bene…” (Lettera a Giulio Ricordi, 26 agosto 1907). “Leggo la Fanciulla e trovo che Zangarini ha fatto bene: certo bisognerà correggere qualche punto scenico e letterario, ed io farò in margine le mie osservazioni. Già pregusto il momento in cui finalmente mi metterò al lavoro, mai come ora ho avuto la febbre!” (Lettera a Giulio Ricordi, 2 febbraio 1908). “Ieri mi è capitato qui Zangarini, animato a parole ma niente di concreto - mi portò una parte di tela del 3° - fatta sui mie dettami ma niente di ben visto né di teatrale come espressioni - e io gli ho gliel’ho detto chiaro e tonto che non era riuscito perché non sentito - e sono convinto che quest’uomo non sente per niente il teatro - non una trovata, non una scena anche la più semplice e ben delineata.” (Lettera a Giulio Ricordi, 29 aprile 1908). “Quei librettisti sono un disastro Uno è scomparso e l’altro non risponde neppure alle mie lettere! … questo primo atto è lungo, pieno di dettagli che sono di un mediocre interesse! Io avrei bisogno di uni qui per me, che con coscienza mi servisse… si può fare? Io sono scoraggiato perché vorrei tagliare, tagliare ma con ordine e colleganza, e da me non posso.” (Lettera a Giulio Ricordi, 11 luglio 1908). “L’opera è finita! Ho fatto un po’ di taglio e ho levato delle cose carine nel libretto, ma inutili, a mezzanotte , e creda che così c’è tal al commozione, il quadro e la bella conclusione di un lavoro che non è di mola piccola.” (Lettera a Giulio Ricordi, 28 luglio 1910).
Fanciulla: La critica Nel mettere in musica questo dramma, Puccini ha intrapreso un compito che non molti anni fa sarebbe stato ritenuto impossibile e quasi una contraddizione in termini di ciò che il dramma lirico potrebbe e dovrebbe essere. Ma i compositori italiani, dei quali Puccini sta senza dubbio alla testa, hanno sviluppato una tecnica e un tratta-mento che può essere applicato a questo dramma e ad altri simili… Nell’orchestrazione non vi è l’intessersi di un’ampia trama di sviluppo tematico; la musica deve inseguire l’azione e cercare di tenere il passo col dialogo. Nella musica che ha composto vi è una forte nota personale e nessuno potrebbe accusarla di essere di Debussy. Eppure c’è da domandarsi se uno che conosceva il compositore soltanto attraverso La bohème lo riconoscerebbe in questa nuova opera, tanto egli è andato lontano in tredici anni. (The New York Times, 11 dicembre 1910). Sono senza dubbio degli americani latinizzati quelli che Puccini ci mostra; tuttavia è piuttosto sconcertante per chi ricerca la verità drammatica vedere una scena piena di minatori in camicia rossa.
In atteggiamento di lacrimoso abbandono sotto un albero, o piangenti uno sulla spalla dell’altro… Vi è certamente nell’opera molta musica bella e suggestiva, che sinceramente piace e deve essere lodata, Ma, ad esser proprio sinceri, in complesso c’è troppo Debussy per chiunque conosca la tipica capacità d’espressione di Puccini. (Harper’s Weekly, 17 dicembre 1910). In tutta l'opera non vi è neppure uno di quei motivi sconvolgenti, ampi, sensuali che hanno reso famose La Bohème, Tosca e Madama Butterfly. L'orchestrazione, ricca e variata, rivela una grande abilità tecnica ma in questa direzione - la direzione presa da Berlioz e Richard Strauss - il successo della musica lirica non mente. Saremo molto sorpresi se la Fanciulla del West avrà successo in un qualsiasi paese d’Europa. (The Nation). Ed infine l’opinione di Primo Levi allorché ascoltò l’opera alla prima europea nel 1911 a Roma, Teatro Costanzi: L’esagerazione delle voci e ancor più degli istrumenti, è in troppi punti di questa Fanciulla tale e tanta da dar l’impressione che il maestro abbia voluto porre in scena, non già così umili personaggi, in casi che, dopo tutto, non riguardano che essi, ma figure ed eventi d’importanza mondiale, leggendari o storici; e l’orecchio, il pensiero, più che fermarsi a Minnie, a Rance, a Dick e alla sorte loro, ricorre volentieri a qualche catastrofe, a qualche figura da cui sia dipesa la causa del mondo: Alessandro, Giulio Cesare, Napoleone, Waterloo, Cannes, il terremoto di San Francisco, il diluvio uni-versale, tanto, inavvertitamente, sentiva il maestro di dover forzare la nota per pro-durre quell’effetto che, tenuta la misura, sarebbe mancato.
Fanciulla: il debutto lucchese "L'orchestra è degna dei più grandi maestri ed è composta di 70 professori, e non si è mai avuta a Lucca. È di una fusione unica. È uno spettacolo per se stessa. Abbiamo moltissimi professori forestieri ma abbiamo anche dei nostri che siedono in orchestra e fra questi notiamo il Prof. Nuti violino di spalla con dei suoi allievi. Del Maestro Direttore e concertatore cav. Tullio Serafin non v'è bisogno di parlarne. Egli è ben noto all'arte come un eccellente Maestro e dovunque ha ottenuto colossali successi”. (Dal periodico lucchese L'Esare, sulla “Prima” di Fanciulla). “Allorché alle 20 e 30 il maestro cav. Tullio Serafin sale allo scanno direttoriale lo saluta un lungo applauso cui segue un silenzio profondo di attesa. E subito piace l'introduzione geniale di alcune rapidissime battute, mentre dietro la scena si odono i cori dei minatori, i cercatori d'oro.Nella strumentazione di questa nuova opera il maestro Puccini pure uscendo dall'usuale della sua melodia e ispirandosi ad altri principii, ha confermato sempre maggiormente la sua fibra gagliarda e geniale di musicista e ha mantenuto spiccata la sua personalità artistica. Ad un primo generale applauso è trascinata la massa degli uditori quando un cantastorie girovago, Jake Wallace, il menestrello del campo, canta la mesta "Canzone della Nostalgia": Che faranno i vecchi miei... Pagina di musica questa veramente pucciniana per la genialità del sentimento gentile e per la forbita eleganza della forma. L'applauso entusiastico e commosso dell'uditorio chiede il bis che non è concesso e chiama due volte al proscenio il maestro Puccini salutandolo calorosamente. Ma gli applausi si ripetono maggiormente prolungati e frenetici dopo l'ultimo duetto fra Johnson e Minnie, una patetica scena d'amore che pone fine al primo atto. Il pubblico in piedi chiama all'onore della ribalta il maestro Puccini che deve presentarsi per cinque volte insieme agli artisti e al Direttore d'orchestra. L'attenzione del pubblico aumenta sempre più al secondo atto, dove la strumentazione assurge a maggiore potenzialità e dove scene di potentissimo effetto drammatico si susseguono. Alla fine dell'atto il maestro Puccini e gli artisti sono chiamati per sei volte al proscenio. Al terzo atto il successo si fa sempre maggiore: l'efficacia rappresentativa, e la potenzialità della musica tengono ormai incatenata l'attenzione dell'uditorio numerosissimo. Viene applaudita calorosamente la romanza del tenore, Johnson, che fa viva preghiera ai minatori di non fare sapere niente a Minnie della sua morte. Ed un'unanime ovazione finale accoglie la fine dell'atto. Per sette volte il maestro Puccini deve presentarsi alla ribalta, in mezzo a entusiastici applausi del pubblico tutto in piedi: applausi che si ripetono all'uscita dal teatro quando l'illustre Maestro parte colla sua gentile signora alla volta di Torre del Lago. Prima di partire il maestro Puccini espresse agli amici il suo più vivo compiacimento per l'accoglienza fatta dai suoi concittadini al suo nuovo lavoro, accoglienza che viene così a confermare i successi trionfali di New York, di Londra, di Roma e di Brescia. Completa in ogni sua parte e davvero eccellente fu l'esecuzione del lavoro. La massa orchestrale composta di 70 professori e diretta dal maestro cav. Tullio Serafin, il valoroso e ben noto Direttore della Scala di Milano, ridotta alla perfetta fusione di tutti gli elementi, ci fece gustare anche nei minori particolari l'opera pucciniana. Ottimi e sicuri i cori sotto l'abile direzione dei maestri Pietro Nepoti e Luigi Pietrasanta. Fra gli artisti la brava signora Ernestina Poli-Randaccio fu un'abilissima e fedele interprete di Minnie: abilità di scena, dolcezza ed estensione di voce furono suoi meriti preclari e valsero a procurarle gli applausi vivissimi e ripetuti del pubblico, e a confermarle i successi ottenuti nei principali teatri d'Italia e dell'estero. È facile preconizzare quale brillante carriera artistica sia riservata alla signora Randaccio. E degni compagni d'arte le furono il tenore cav. Giuseppe Taccani e il baritono cav. Oreste Benedetti, che seppero farsi meritamente apprezzare per l'efficacia scenica, per l'estensione di voce e per il metodo di canto. Il baritono cav, Benedetti uscì dal nostro Istituto Musicale Pacini ove fu allievo del maestro Angeloni, e di successo in successo è giunto ad occupare uno dei posti più eminenti nell'arte lirica. Applausi spontanei e ripetuti furono indirizzati a questi due esimi artisti. La mezza soprano signorina Nelda Garrone, a noi già nota per avere quattro anni fa, egregiamente interpretata la figura di Suzuhi nella Butterfly, per quanto avesse poca parte nel lavoro, si mostrò molto abile e fece assai bene la sua nenia come donna indiana. Il tenore Pini-Corsi, pure nostra conoscenza, interpretò abilmente la parte di Nick cameriere del Bar Indiano; ed artisti tutti di meriti preclari si mostrarono il giovanissimo Marcello Govoni, del quale si può fin d'ora concepire un brillante successo nell'arte; il basso Silvio Becocci, il baritono Francesco Federici, i baritoni Pietro Friggi, Lodovico Olivero, Antonio Conforti, Gino De Vecchi, il tenore Aristide Masiero, il tenore Adrasdo Simonti, e il baritono Alfredo Benedetti. Nel complesso un assieme mai visto sulle scene del nostro comunale e veramente degno delle nostre gloriose tradizioni musicali. Alla Commissione cittadina che niente ha trascurato per l'ottima riuscita del lavoro, e all'Amministrazione comunale che ha fatto del suo meglio per coadiuvarla i nostri rallegramenti. Le rappresentazioni successive di mercoledì e giovedì confermarono maggiormente il successo del lavoro e l'abilità degli artisti." (Dal periodico Il progresso, settembre 1911).
Questa co-produzione lucchese ha visto al lavoro per la parte visiva la regia, scene, costumi, proiezioni Ivan Stefanutti, luci e video Michael Baumgarten, progetto luci Marco Minghetti, assistente alla regia Filippo Tadolini, assistente ai costumi Stefano Nicolao e maestro d'armi Kara Wooten. Una squadra che ci ha portato in un West America glaciale, spietato e feroce per dirla con il regista, dove gli inverni sembrano eterni e uomini tanto diversi tra loro sono costretti a vivere in strettissimo contatto; proprio in questo contesto prosegue Stefanutti: “La descrizione di questo mondo così selvaggio è una dichiarazione d’amore da parte di Puccini, un moto di affetto e comprensione dell’Autore verso persone costrette a scelte di vita tanto difficili”.
Una scenografia semplice, ma non banale ha saputo ben delineare lo spazio scenico in cui l’uso delle proiezioni sul fondale della scena è stato un piacevole complemento che ha cesellato le tre scene in cui si dipana la vicenda; un primo atto nel caratteristico ambiente della Polka in cui la protagonista è regina indiscussa preparato e addobbato durante il piccolo momento musicale iniziale; un secondo atto intimo e caloroso nella casa di Minnie che, come dice il libretto, è composta da una sola stanza con un solaio, per poi passare al terzo nella grande selva californiana. Ovunque l’essenzialità è stata la parola d’ordine senza però scadere nel qualunquismo e nella cripticità; anzi, ogni particolare era ben amalgamato con tutto il resto, regalandoci assieme agli stupendi costumi un quadro variopinto ed accattivante che potrà essere ammirato anche attraverso foto che corredano questo scritto. Non ho trovato nulla lasciato al caso ed anzi anche lo scavo dei personaggi è stato ben curato sia per quello che riguarda gli interpreti principali, sia per quelli di fianco che, ciascuno a modo loro, hanno una fondamentale importanza all’interno di una drammaturgia tutto sommato molto lineare, ma ben contornata da tanti piccoli particolari che la rendono viva ed emozionante. Un’opera che mette in campo tanti sentimenti, tante emozioni, tanti stati d’animo dove ad ogni parola corrisponde un gesto ed un’intenzione musicale ben precisa; non è mancata nel lavoro di Stefanutti la capacità di cogliere queste corrispondenze che si sono tradotte in un armonico piacere visivo cui è seguita, senza dubbio, un’altrettanta piacevolezza uditiva. Tra ruoli principali e non l'opera annovera nel cast ben diciotto personaggi.
Il ruolo di Minnie, la Fanciulla del West, ha visto in campo il soprano Amarilli Nizza; alla sua seconda produzione nei panni della giovane ragazza, si è rivelata ottima interprete di uno dei personaggi forse più impegnativi del compositore lucchese; un ruolo che non lascia scampo e che esige un’emissione ed un impegno sempre cogenti in cui la grinta e la determinazione sono gli ingredienti principali; la nostra interprete non si è lasciata intimorire affrontando la partitura con grande professionalità e riuscendo a rendere al meglio il personaggio sia da un punto di vista vocale che scenico; il ruolo non prevede un’aria come la si intende nel senso più classico del termine, ma l’impegno vocale va ben oltre e addirittura si possono annoverare tanti momenti solistici dove è necessario far emergere una tempra vocale non indifferente; si affiancano a questi accenti così veementi anche momenti trasognati come l’intervento del primo atto nel dialogo con Jake Rance Laggiù nel Soledad in cui la musica si fa poesia ed il canto di Amarilli diventa struggente ed emozionante; poesia è anche Io non son che una povera fanciulla in cui l’amore e la passione hanno già vinto sulla apparente rudezza della giovane ragazza; momenti di lirismo puro che cedono il passo alla veemenza che trova il suo culmine nel finale del secondo atto con la grande scena della Partita a poker in cui ars scenica e canora hanno trovato grande intesa mettendo in campo una vocalità omogenea in tutto il registro con un grande spessore, ma al contempo una fluida duttilità.
Anche Enrique Ferrer nell’impegnativo ruolo di Dick Johonson - Ramerrez ha fatto da valido contraltare all’impegno del soprano; la sua voce è generosa, spavalda e schietta come ha saputo ben dimostrare dalle prime frasi pronunciate Chi c’è, per farmi i ricci? Un ruolo che gioca anch’esso molto sulla fibra e sul canto nerboruto, ma che necessita a tratti di trovare anche quegli ampi spazi di lirismo e di canto sul fiato in cui la parola diventa grande elemento protagonista e in cui la vocalità salda e capace di accenti struggenti deve saper toccare il cuore dell’amata ed anche quello dello spettatore per riuscire a condurlo nel suo mondo in cui il passato da bandito cerca redenzione nell’amore; Ch’ella mi creda libero e lontano riassume questa conversione di vita e le emozioni che sono scaturite dal canto di Ferrer hanno - per quello che mi riguarda - colpito appieno il cuore con grande legato ed eleganza di fraseggio non comuni. Il ruolo del cattivo Jack Rance ha visto all’opra il baritono Elia Fabbian che ha saputo accaparrarsi un’ottima performance grazie ad una vocalità corposa, salda e graffiante sì da mettere in risalto uno dei personaggi drammaturgicamente più odiosi del panorama operistico; un uomo che sprizza cattiveria, cinismo, vigliaccheria non può non trovare accenti sempre marcati senza mai offrire un momento più pacato e disteso; laddove la vocalità si rasserena il canto diventa cinico e bieco e l’arguzia interpretativa di Fabbian si è fatta evidente in questi momenti che hanno saputo elegantemente cedere il posto a quelli più cattivi e vendicativi. Nei numerosi ruoli di fianco ognuno ha saputo dare il meglio di sé al punto che la lode è unanime sia per il grande impegno personale, sia per la capacità di creare all’interno di una partitura così complessa una uniformità di pensiero, di intenzione e di coesione che ha saputo rendere armonico un quadro così variopinto; Nick - spavaldo e fraterno - Gianluca Bocchino, Ashby - tenebroso ed autoritario - Alessandro Abis, Sonora - grande voce elegante e schietta - Giovanni Guagliardo, Trin - timido e fanciullesco - Andrea Schifaudo, Sid - disonesto e lamentoso - Pedro Carrillo, Bello - sicuro e preciso - Alessio Verna, Harry - ilare e pacioso - Marco Voleri, Joe - energico e squillante - Tiziano Barontini, Happy - puntuale e raffinato - Giuseppe Esposito, Larkens e Billy Jackrabbit - tonante e ferreo - Federico Cavarzan, Wowkle - elegante, sensuale ed alquanto pragmatica - Sabina Cacioppo, Jake Wallace - raffinato e opportunamente melanconico - Carlo Di Cristoforo, José Castro - tenace e scaltro - Ricardo Crampton e Un postiglione - preciso e sicuro - Antonio Della Santa. Il Coro del Festival Puccini nella sua compagine solo maschile, si è distinto per una bella amalgama sonora nonostante qualche piccolo scollamento nel primo atto; ed è stato egregiamente preparato dal M° Elena Pierini. Sul podio dell’Orchestra della Toscana il M° James Meena che ha condotto in maniera molto “scaltra e schietta” una partitura poco incline alle mezze misure; il suo approccio allo spartito è stato più votato a sonorità marcate e audaci, senza mai scadere nella pericolosa trappola bandistica, riuscendo a trovare quel giusto equilibrio sonoro che non ha mai soverchiato il palcoscenico e non ha reso verso la platea quella valanga di suono che una compagine orchestrale così estesa - anche se è stato usato un’organico ridotto rispetto ai settanta strumenti di cui si parla nella prima lucchese del 1911 - poteva produrre in un luogo piuttosto intimo quale è il Teatro lucchese. Il Teatro in sold-out ha reso meriti a tutti, salvo qualche isolato dissenso alla volta del concertatore.
La "mia" Fanciulla del West a Lucca Raccolgo dal vivo e riporto qui le emozioni di alcuni protagonisti. Amarilli Nizza: «Ogni mattina mi sveglio, apro le finestre sulla via di San Paolino e il pensiero corre inevitabilmente a qualche metro più avanti, nella piazzetta dove si trova casa Puccini, la casa natale del sommo, immenso maestro le cui opere ci rendono ancora tanto orgogliosi di essere italiani ! Cammino per i vicoli, attraverso le piazze, passo davanti alle chiese che so essere le stesse che intorno al 1860/ 70 erano teatro dell'infanzia del piccolo Giacomo. E poi mi reco a teatro, salgo sul palco, quel meraviglioso palco del Teatro del Giglio, gioiello cittadino che ho già calcato nel 1993 per La Bohème e nel 2007 per il Trittico. L'emozione che mi pervade è fortissima così come la gioia per essere ancora una volta interprete di una DONNA pucciniana. Un vero privilegio questo mestiere. Abbiamo la possibilità di conoscere bellissimi luoghi, di interpretare melodie eterne, di trasmettere al pubblico grandissime emozioni. Grazie di cuore a chi queste melodie le ha pensate, scritte e divulgate ai posteri. Viva Puccini!» Elia Fabbian: «Sono entusiasta di poter cantare un titolo pucciniano a Lucca, un ruolo difficile che sto debuttando, ma che spero di portare a lungo con me, richiede sicuramente molti anni di maturazione. A Lucca si respira Puccini ovunque, ristoranti, alberghi, addirittura camere di alberghi con i nomi delle opere di Puccini, quale miglior atmosfera per portare in scena un ruolo come Rance? Mi porto sempre nel cuore Lucca e il M° Aldo Tarabella, che rappresentano una partenza per me, avendo io fatto l’Opera Studio tra il 2000 e il 2001 se non erro, con il Cappello di paglia di Firenze di Nino Rota ed ogni qualvolta si presenta l’occasione di tornare, accolgo sempre con molto piacere l’invito. Magari il pubblico lucchese non la pensa cosi... Grazie e un arrivederci a presto.» Ivan Stefanutti: «Questo progetto presentava sin dall’inizio una serie di sfide e curiosità. Io, regista italiano, chiamato a mettere in scena un’opera di ambientazione western in America, patria della epopea della febbre dell’oro. E non un’opera qualunque, bensì l’unica opera di ambientazione western scritta da Giacomo Puccini con soggetto tratto dal testo teatrale di un grande rappresentante del teatro americano come David Belasco. Poteva essere un cocktail strano. E invece tutti i sapori si sono delicatamente amalgamati. In seguito dall’America, lo spettacolo doveva rientrare in Italia, addirittura nel teatro di Giacomo Puccini a Lucca. Quindi altre responsabilità andavano accumulandosi sulle spalle della nostra “Fanciulla”. Ma anche questa volta la nostra buona stella (di sceriffo?) ci ha sorriso. Naturalmente non si è trattato di fortuna o di casualità. Trovandomi ad avere un cast ideale sia artisticamente che umanamente, un direttore d’orchestra straordinario, un teatro con uno staff di entusiasti e competenti, non poteva che essere una bella avventura. Anche noi, come i minatori, abbiamo trovato l’oro nella voglia di tutti di contribuire a creare uno spettacolo memorabile. È stato un bellissimo periodo; passato con una grande famiglia western nel caldo del Saloon. Il freddo e la neve li abbiamo lasciati fuori. E come direbbe Minnie brindando: “Hip, hip”...»
Crediti fotografici: Andrea Simi per il Teatro del Giglio di Lucca Nella miniatura in alto: il soprano Amarilli Nizza (Minnie) grande protagonista Sotto: Giacono Puccini e Carlo Zangarini in una stampa d'epoca; Puccini con il direttore Tullio Serafin in una foto d'epoca Al centro: la Nizza con Enrique Ferrer; ancora la Nizza con Elia Fabbian Sotto: una bella foto di scena di Andrea Simi ripresa nel 1° atto dell'opera a Lucca In fondo; Amarilli Nizza, Elia Fabbian e Ivan Stefanutti durante l'intervista
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FERRARA - Ottima messa in scena nel Teatro "Claudio Abbado" dell' Orlando Furioso di Antonio Vivaldi nella edizione critica curata da Federico Maria Sardelli e Alessandro Borin. Il maestro Sardelli era anche sul podio della brava Orchestra Barocca Accademia dello Spirito Santo di Ferrara. Quindi tre atti, così come Vivaldi ideò per la premiere al Teatro Sant'Angelo di Venezia nell'autunno del 1727. Ottima messa in scena, oltre che per la comprovata efficacia di Sardelli nell'esecuzione del repertorio barocco, soprattutto per la visionaria regia di Marco Bellussi, coadiuvato da Fabio Massimo Iaquone (ideazione e regia video), Matteo Paoletti Franzato (scene), Elisa Cobello (costumi) e Marco Cazzola (luci). La visionaria regia ci trasporta nel poema ariostesco (o quantomeno in ciò che del poema dell'Ariosto utilizzò a suo tempo il librettista Grazio Braccioli) dove tutto è fantascientifico
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Bologna Festival numero 43
redatto da Athos Tromboni FREE
BOLOGNA - La 43.esima edizione di Bologna Festival 2024, da marzo a novembre, presenta alcuni dei più interessanti direttori dell’odierna scena musicale quali Teodor Currentzis, per la prima volta a Bologna con la sua orchestra musicAeterna, Vladimir Jurowski con la Bayerisches Staatsorchester e Paavo Järvi con la Die Deutsche
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Jazz Pop Rock Etno
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Jazz e altro allo Spirito
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Varato il calendario dei concerti "Tutte le Direzioni in Winter&Springtime 2024", organizzata da Il Gruppo dei 10 con qualche novità e collaborazione in più rispetto ai precedenti. La location è (quasi sempre) la stessa: il ristorante lo Spirito di Vigarano Mainarda (Ferrara), nell’intimo tepore delle sue suggestive sale, immerso nella
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Opera dal Centro-Nord
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La bohème visual della Muti
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Suggestivo l'allestimento di La bohème di Giacomo Puccini curato da Cristina Mazzavillani Muti per il Teatro Alighieri di Ravenna, approdato ieri sera al Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara. Pubblico della grandi occasioni ("sold-out" si dice oggi, con un inglesismo ormai sostitutivo di "tutto esaurito" d'italiana fattura); pubblico
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Opera dal Nord-Ovest
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Don Pasquale allestimento storico
servizio di Nicola Barsanti FREE
TORINO - Il titolo designato per l’inaugurazione del cartellone d’opera 2024 del Teatro Regio di Torino è il Don Pasquale di Gaetano Donizetti. Qui riproposto nel fortunato allestimento della fine degli anni '90 del Novecento, firmato da uno dei maestri della drammaturgia musicale italiana: il regista, scrittore e giornalista Ugo Gregoretti, la cui regia
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Jazz Pop Rock Etno
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Jazz Club Ferrara 45 concerti
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Dal 26 gennaio 2024, prende il via al Torrione San Giovanni la seconda parte della 25.ma stagione di Ferrara in Jazz. Grandi nomi del jazz internazionale e largo spazio ai giovani, per complessivi 45 concerti accompagnati da eventi culturali collaterali, realizzati con il contributo del Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna, Comune
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Opera dal Nord-Est
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Bolena e Seymur destino congiunto
servizio di Rossana Poletti FREE
TRIESTE – Teatro Verdi. Nell’ Anna Bolena di Gaetano Donizetti, in scena al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, primeggia la qualità del cast. Un gruppo di cantanti straordinari, che contribuiscono in modo determinante al buon esito della rappresentazione. Se si eccettua qualche piccola quasi impercettibile incertezza nel primo atto la prova
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Opera dal Nord-Ovest
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Haroutounian una Butterfly di riferimento
servizio di Simone Tomei FREE
GENOVA – Prosegue con successo la stagione del Teatro Carlo Felice grazie ad una bellissima produzione dell’opera “nipponica” di Giacomo Pucccini, Madama Butterfly. Il contesto scenico-registico firmato da Alvis Hermanis si sviluppa in uno spettacolo sostanzialmente classico e iconografico dove l’immagine stereotipata del Giappone
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Opera dal Centro-Nord
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Un Trovatore così così
servizio di Nicola Barsanti FREE
LIVORNO - Torna a distanza di 50 anni di assenza al Teatro Goldoni e 27 anni dopo la sua ultima apparizione nella città di Livorno (ma fu al Teatro La Gran Guardia) Il trovatore, uno dei titoli più amati di Giuseppe Verdi. Un ritorno tanto atteso che non convince, pertanto inferiore alle aspettative. Gli anelli deboli di questa produzione riguardano
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Opera dal Centro-Nord
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Barbiere di Siviglia stratosferico
servizio di Nicola Barsanti FREE
PARMA - Il Teatro Regio di Parma inaugura il cartellone d’opera del 2024 con il fiore all’occhiello di Gioacchino Rossini: Il Barbiere di Siviglia. Com’è noto ai più, nel 1782 Giovanni Paisiello scrisse un’opera dallo stesso titolo e con lo stesso soggetto, da qui la decisione del maestro di Pesaro di intitolare la sua nuova composizione (almeno in un primo
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Opera dal Centro-Nord
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Un Barbiere un po' così...
servizio di Simone Tomei FREE
LUCCA - Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini si veste di attualità, attraverso una lettura piuttosto singolare, ma non del tutto dissonante dalle intenzioni musicali e librettistiche, nell’allestimento andato in scena al Teatro del Giglio di Lucca con la firma registica di Luigi De Angelis che ha curato anche scene e luci. In un condominio stile Le Courboisier
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Opera dal Nord-Est
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La Bohème dei ponteggi
servizio di Athos Tromboni FREE
ROVIGO - Una Bohème senza lode e senza infamia. Così potrebbe definirsi l'allestimento dell'opera di Giacomo Puccini andata in scena al Teatro Sociale. Si tratta di una coproduzione del teatro di Rovigo con il Comune di Padova e il teatro "Mario Del Monaco" di Treviso. Una produzione tutta veneta, considerando la bacchetta affidata a Francesco Rosa
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