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Quest'anno il Festival della Valle d'Itria ha proposto molti concerti tra cui tre a Palazzo Ducale |
Appuntamenti con grandi nomi a Martina Franca |
servizio di Valentina Anzani |
Pubblicato il 12 Agosto 2020 |
MARTINA FRANCA (TA), 29/30/31 luglio 2020 - Se quest’anno il Festival della Valle d’Itria si è dovuto adattare alle difficoltà logistiche delle misure di distanziamento sociale imposte dalla crisi sanitaria e alle difficoltà economiche ad essa connesse, è riuscito comunque a garantire una proposta musicale di altissimo livello. Tra il ricco programma di eventi, anche tre concerti che si sono susseguiti nel cortile del Palazzo Ducale di Martina Franca. Trasformato rispetto all’usuale disposizione di platea e scalinata, alla prima occhiata è apparso quasi surreale, non solo per il limitatissimo numero di posti (meno di un terzo degli abituali), ma anche per la collocazione distanziata delle due centinaia di sedie, il cui vuoto interstiziale rimbombava in eco ad ogni battito di mani, quasi a sottolineare l’inflessibilità della disposizione. La fisica distanza reciproca è stata però colmata dalla percezione tangibile della volontà di stare uniti nell’arte e nella musica, tematica ribadita nel corso dell’intero Festival; il «labirinto bianco che è Martina Franca” (nelle parole del Presidente del Festiva Franco Punzi) è infatti parso il luogo ideale “per ritrovare il filo” di una comunicazione che per mesi era stata interrotta, così come erano stati silenziati e paralizzati musica d’arte e teatro. Il mito di Arianna ed il soggetto del labirinto sono stati dunque eletti a temi portanti del 46° Festival della Valle d’Itria, declinati in forme musicali e in metafore della perdita di qualcosa, e allo stesso tempo di una ritrovata opportunità.
Dei tre concerti dati a Palazzo Ducale, memorabile è stato l’ultimo, la sera del 31 luglio, con una Anna Caterina Antonacci potentissima nel suo porgere ed asserire. Impegnata in un programma assortito e dichiaratamente duplice fin dal titolo, Seinovecento, ha cantato brani provenienti da tre secoli di storia della musica, cui ha saputo dare unità grazie alla sua inconfondibile impronta esecutiva, ricalcando un ideale percorso del repertorio da lei affrontato durante l’intera brillante (e multiforme) carriera. Da un lato all’altro del palcoscenico si è trasfigurata di donna dolente in donna dolente (ora Arianna, ora Ottavia, ora Medea… ) e, pur scolpendo ognuna con un carattere singolare e differenziato, si è mantenuta allo stesso tempo pertinente con lo stile esecutivo proprio di ogni brano. Nell’arco di una sera Anna Caterina Antonacci è dunque passata dal cantare la sofferenza mitologica di regine, principesse e ninfe al cantare quella romantica di donne - dame e signore - sole, in un programma idealmente diviso in due atti dall’uscire ed entrare nelle quinte suo e dell’Orchestra Cremona Antiqua; questa, concertata da Antonio Greco, era infatti organico di accompagnamento della prima parte del concerto, che ha previsto, tra gli altri, due Lamenti monteverdiani (quello di Arianna e quello - eseguito in maniera impeccabile - della Ninfa) e l’aria di Ottavia “Disprezzata regina” dall’Incoronazione di Poppea. Per la seconda parte, accompagnata al pianoforte dal tocco fresco e agile di Francesco Libetta, ha eseguito brani da camera di Ottorino Respighi (“Sopra un’aria antica”), Martucci, Ravel e Poulenc, tra cui si è distinta in “La Dame de Monte-Carlo”. Congedo seducentissimo è stato poi un’”Habanera” stupendamente sussurrata. Coniugando un’emissione sempre proiettata fin nei pianissimi ad una vocalità camaleontica, Anna Caterina Antonacci si conferma attrice del recitar cantando.
Un'interprete preparatissima ma anche spontanea, che sa mettere le più piccole asperità del timbro al servizio dell’espressione e che al contempo magnetizza tanto con il gesto del dito, della mano, del braccio, quanto con la veste cangiante ed evocativa di spazi e tempi teatrali e scenici.
Protagonista del concerto del 29 luglio è stata Sara Mingardo, che la stessa sera è stata insignita del Premio “Rodolfo Celletti 2020” destinato a interpreti di belcanto dai distinti meriti di carriera, e si è cimentata in una proposta musicale riflessiva e commovente. Al suo fianco il soprano Francesca Aspromonte, con brani briosi e vocalmente acrobatici, è risultata a lei complementare. Il programma, dedicato alle Arianne ed ai lamenti delle amanti abbandonate del Sei-Settecento, ha visto l’alternarsi l’una in brani contraltili - tra cui la cantata L’amante segreto di Barbara Strozzi, un’aria dall’Arianna in Creta di Händel (“Son qual stanco pellegrino”) - e l’altra in sopranili - tra cui un’aria dalla Dafne di Antonio Caldara (“Che pietà da me chiedi?... La bella rosa”), e la cantata di Antonio Vivaldi Cessate, omai cessate -, chiusi dal duetto “In amoroso petto” dall’Arianna in Nasso di Nicola Porpora ed inframezzati da interventi musicali eseguiti dall’Ensemble Il Pomo D’Oro, contraddistinta da una fredda direzione di Francesco Corti. Degne cornici ai brani vocali sono state le sinfonie di Salamone Rossi e Johann Adolf Hasse; inoltre, particolarmente interessante è stato il Concerto grosso Il pianto di Arianna di Pietro Antonio Locatelli, per la struttura che ricalca quella del teatro musicale barocco, e per il quale il virtuoso violino solista imitava la vocalità ornata coeva.
Molto apprezzati anche i due bis: nel lamento di Didone “When I am laid” da Dido and Aeneas di Henry Purcell la voce contraltile della Mingardo riluceva struggente, dolentissima, innamorata per tutta la gamma dal grave all’acuto, dal piano al grido, mentre delizioso è apparso l’intreccio amoroso dell’arcinoto duetto “Pur ti miro” tratto dall’Incoronazione di Poppea monteverdiana, decorato dalle interpreti da micromiche grazie.
Tale clima riflessivo e mistico è stato completamente ribaltato durante il frizzante concerto del 30 luglio di Jessica Pratt e Xabier Anduaga accompagnati da Giulio Zappa. Il soprano, presentatasi sul proscenio da diva, ha dato vita a momenti di vero teatro non solo con il canto e il programma brillante selezionato, ma anche e soprattutto con vesti, portamento ed espressioni mimiche e fisiche, contagiando il pubblico di entusiasmo. I due, affiatati nei duetti (“Chiedi all’aura lusinghiera” da L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti e “Vieni tra queste braccia” da I puritani di Bellini), sono piaciuti fino ai bis, nei quali Anduaga ha interpretato La danza di Gioachino Rossini, e Pratt si è lanciata nell’aria Follie, follie! di Violetta dalla Traviata di Giuseppe Verdi, in chiusura di una serata fitta di varie popolari hits del repertorio della vocalità dell’una e dell’altro, tra cui la famigerata aria cosiddetta “della bambola” dai Racconti di Hoffmann di Jacques Offenbach (“Les oiseaux dans la charmille”) e “Ah! Non credea di mirarti” dalla Sonnambula di Vincenzo Bellini. I due cantanti si sono provati in sperticati salti (pensiamo all’acutissima “Ah mes Amis” dal La fille du régiment donizettiana, offerta al pubblico dal tenore con generosità di voce e naturalezza di emissione), punte sovracute e agilità portentose che si sono configurati come una boccata d’aria fresca per il pubblico reduce da mesi di solitudine e assetato di musica dal vivo e di teatro.
Crediti fotografici: Clarissa Lapolla per il Festival della Valle d’Itria Nella miniatura in alto: il maestro Antonio Greco Sotto in sequenza: Anna Caterina Antonacci Al centro in sequenza: Sara Mingardo, Francesca Aspromonte e la stessa Mingardo mentre riceve la targa onorifica del Pomo d’Oro In fondo in sequenza: Jessica Pratt; e la stessa Pratt con Giulio Zappa (al pianoforte) e Xabier Anduaga
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PARMA - Il Teatro Regio di Parma inaugura il cartellone d’opera del 2024 con il fiore all’occhiello di Gioacchino Rossini: Il Barbiere di Siviglia. Com’è noto ai più, nel 1782 Giovanni Paisiello scrisse un’opera dallo stesso titolo e con lo stesso soggetto, da qui la decisione del maestro di Pesaro di intitolare la sua nuova composizione (almeno in un primo
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ROVIGO - Una Bohème senza lode e senza infamia. Così potrebbe definirsi l'allestimento dell'opera di Giacomo Puccini andata in scena al Teatro Sociale. Si tratta di una coproduzione del teatro di Rovigo con il Comune di Padova e il teatro "Mario Del Monaco" di Treviso. Una produzione tutta veneta, considerando la bacchetta affidata a Francesco Rosa
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