Pubblicato il 21 Dicembre 2024
Il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino combina Stravinskij con Puccini con quel che non fu in vita
Mavra e Schicchi insolito dittico servizio di Simone Tomei

20241221_Fi_00_Mavra-GianniSchicchi_DenisKriefFIRENZE – Gli appuntamenti con la lirica dell’anno 2024 del Teatro del Maggio Fiorentino si chiudono con un dittico tanto inusuale quanto sorprendente che ha accostato due atti unici comici, distanti per stile, cultura e linguaggio: Mavra di Igor Stravinskij e Gianni Schicchi di Giacomo Puccini. Se le disavventure dei parenti di Buoso Donati sono ben note al pubblico, l’apertura della serata ha offerto un’immersione in un’atmosfera diversa con Mavra, opera buffa in un atto composta tra il 1921 e il 1922. Ispirandosi alla novella La casetta di Kolomna di Aleksandr Puškin, Stravinskij concepì l’opera durante un soggiorno a Londra, in collaborazione con l’impresario teatrale Sergej Djagilev. L’idea era creare un breve prologo alla ripresa del balletto "La bella addormentata" di Čajkovskij. La brillantezza narrativa di Puškin e il gusto per il paradosso spinsero Stravinskij ad affidare il libretto a Boris Kochno, giovane collaboratore di Djagilev.
La trama ruota attorno a Paraša, una giovane innamorata dell’ussaro Vasilij. Per stare più tempo con lui, Paraša traveste l’amato da donna e lo presenta alla madre come la nuova domestica, Mavra. Tuttavia, l’inganno viene smascherato quando Vasilij è sorpreso a radersi. La madre sviene, la vicina accorre e l’ussaro fugge dalla finestra, lasciando Paraša disperata.
Mavra debuttò a Parigi il 3 giugno 1922, ma senza successo. Nonostante Djagilev ritenesse il finale troppo semplice, Stravinskij si oppose a modificarlo, difendendo l’opera. La partitura fu dedicata a Puškin, Glinka e Čajkovskij, in aperta provocazione verso chi riduceva la musica russa al solo folklore.
L’opera richiama il melodramma italiano, con arie, duetti e quartetti, e una vocalità di ispirazione belcantistica. La scrittura orchestrale, però, è moderna, caratterizzata da influenze jazz, motivi russi e tzigani. Stravinskij crea un contrasto tra la linea vocale tradizionale e un’orchestrazione meccanica e aspra. La strumentazione, con una predominanza di fiati rispetto agli archi, richiama più le sonorità di una band che di un’orchestra classica.

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La regia, le scene e i costumi di entrambi gli spettacoli sono stati firmati da Denis Krief che ha rielaborato il lavoro svolto per il Trittico pucciniano del 2019, mentre sul podio dell’Orchestra del Maggio la solida bacchetta di Francesco Lanzillotta ha saputo restituire con eleganza la vivacità ritmica di Stravinskij e l’ironia toscana di Puccini.
L’accostamento, in apparenza ardito, ha funzionato: la leggerezza di Mavra ha fatto da preludio perfetto alla comicità irriverente di Gianni Schicchi, offrendo al pubblico una serata pre-natalizia raffinata e ricca di contrasti.
La regia di Denis Krief per questo dittico nasce da una riflessione profonda sulla distanza – e al contempo sulla sottile vicinanza – tra due compositori tanto diversi per cultura, contesto storico e sensibilità artistica. Krief stesso riconosce l’azzardo di questo accostamento, descrivendolo come una sfida teatrale. La sua visione parte dalla consapevolezza che, sebbene Stravinskij e Puccini fossero quasi contemporanei, le loro estetiche sembrano collidere più che dialogare. A tal proposito, Krief richiama un aneddoto significativo: durante un viaggio negli Stati Uniti, Dmitrij Šostakovič chiese a Stravinskij cosa pensasse di Puccini. La risposta fu netta: «Detesto la sua musica.»

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Nonostante questa divergenza dichiarata, Krief individua un punto di contatto tra Mavra (1922) e Gianni Schicchi (1918): entrambe sono opere comiche che appartengono al teatro musicale del primo Novecento, pur esprimendo leggerezze e ironie di segno opposto. Krief evita volutamente il termine opera buffa ritenendolo legato a un’epoca ormai passata. Le due opere, infatti, nascono in un periodo segnato dalla tragedia della Prima Guerra Mondiale e sono figlie di un tempo che cercava nuovi linguaggi per esorcizzare il dramma attraverso la comicità.

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Puccini scrive per il Metropolitan di New York (1919), mentre Stravinskij compone per il Palais Garnier di Parigi (1922). Due palcoscenici monumentali, più avvezzi alle tragedie liriche che alle risate. Tuttavia, come Krief sottolinea con ironia, Puccini fa leva su un cadavere per strappare sorrisi: in Gianni Schicchi il corpo di Buoso Donati viene nascosto in uno sgabuzzino già nelle prime scene. Stravinskij, invece, si limita a far svenire i suoi personaggi, lasciando che il colpo di scena si consumi solo al termine di Mavra .
Entrambe le opere si svolgono in ambienti chiusi, con porte e finestre che separano gli interni dall’esterno. In Mavra l’esterno si manifesta nel desiderio sensuale di Paraša per l’ussaro che si presenta alla finestra. In Gianni Schicchi l’esterno irrompe con il suono di una campana funebre in un momento topico della vicenda, immergendola in un’atmosfera lugubre.
Krief evidenzia anche un parallelismo geografico e narrativo: Mavra si apre su una strada di San Pietroburgo dove l’ussaro puškiniano cattura lo sguardo di Paraša, mentre Gianni Schicchi si affaccia su una Firenze evocata dalle parole di Rinuccio, innamorato sognatore creato dal librettista Giovacchino Forzano. Attraverso questa lettura Krief tesse un filo invisibile tra le due opere, dimostrando che il dialogo tra Stravinskij e Puccini non si basa sulle affinità ma proprio sulle loro differenze.
Il M° Francesco Lanzillotta imprime la sua impronta inconfondibile sulla direzione di Mavra e Gianni Schicchi, affrontando con finezza e sensibilità le sfide di due partiture profondamente diverse. Il maestro penetra con acume nelle pieghe più intime delle opere, rivelandone sfumature nascoste e valorizzandone ogni dettaglio. In Mavra si muove con agilità tra le trame di una scrittura essenziale, quasi interamente affidata ai fiati; la direzione segue con precisione il ritmo incalzante della scena, conferendo energia e dinamismo alla narrazione musicale di Stravinskij. La capacità di far emergere la varietà stilistica dell'opera, dove si alternano momenti melodici e frammenti dissonanti, testimonia un’attenta lettura che unisce rigore ed espressività.
Quando la bacchetta passa a Gianni Schicchi il direttore romano si lascia trasportare da un respiro più ampio, dilatando i tempi senza perdere il mordente che caratterizza l’opera. Il tono ironico e grottesco, intriso di sfumature tipiche del teatro musicale del Novecento, emerge con forza in un’esecuzione che gioca sul contrasto tra la leggerezza comica e l’intensità drammatica. La narrazione musicale riesce così a costruire un ponte ideale tra le due opere, restituendo al pubblico una visione d’insieme coerente, capace di far dialogare la vivacità tagliente e talvolta aspra di Stravinskij con la sagace ironia di Puccini.
L’esecuzione ha inoltre brillato grazie alla straordinaria vis comica di un cast affiatato capace di attraversare con disinvoltura i toni farseschi dei due atti unici.
Julia Muzychenko ha incantato nei panni di Paraša, dando vita a un personaggio frizzante e pieno di slanci vocali luminosi uniti ad un fraseggio curato; la voce agile e cristallina ha sottolineato la spensieratezza e l’astuzia della giovane protagonista. In Gianni Schicchi, la Muzychenko è tornata in scena come Lauretta, regalando un’interpretazione delicata ed emozionante di "O mio babbino caro".
Iván Ayón Rivas, dopo aver prestato la sua energia e presenza scenica all’ussaro Vassilij in Mavra, ha dato prova di altrettanta brillantezza come Rinuccio in Gianni Schicchi. La sua voce calda e potente ha conferito al giovane fiorentino un carattere passionale e vivace, mentre il canto di "Firenze è come un albero fiorito" ha messo in luce il suo nobile fraseggio unito ad un ottimo controllo espressivo.
Kseniia Nikolaieva, nei panni de La Madre di Paraša, ha dominato la scena con una recitazione volutamente sopra le righe e una presenza imponente anche se l’intensità vocale non troppo adeguata ha reso alcune frasi quasi inudibili.
Aleksandra Meteleva ha completato il quartetto con una Vicina arguta e brillante ed una interpretazione convincente sostenuta da un’emissione solida e ben proiettata; nello Schicchi la Meteleva ha interpretato la Cesca con vivace verve.
Passando all’atto unico pucciniano, Roberto de Candia offre una performance magistrale nel ruolo eponimo, con un canto impeccabile che rimane sempre ben centrato e supportato da una recitazione che sembra uscita da un manuale di teatro; la presenza scenica poi, è dominata da una brillante ironia che riesce a dosare con astuzia e verace spontaneità.

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Il resto del cast ha offerto prestazioni di buon livello, contribuendo al successo complessivo dello spettacolo. Valentina Pernozzoli è stata una Zita solida ancorché un po’ troppo sopra le righe sia vocalmente che scenicamente, mentre Hou Yaozhou ha dato vita a un Gherardo convincente. Gonzalo Godoy Sepúlveda ha interpretato Betto di Signa con intensità, e Adriano Gramigni ha reso il personaggio di Simone molto efficacemente ben centrato sulla parola cantata. Davide Sodini ha gestito con bravura i ruoli di Maestro Spinelloccio e Ser Amantio Di Nicolao, mentre Michele Gianquinto ha ben interpretato Pinellino assieme alla buona prova di Huigang Liu come Guccio. Per finire Nikoletta Hertsak eccellente nel ruolo di Nella, e Yurii Strakhov molto efficace come Marco.
La sala non tropo gremita ha elargito applausi a tutti dimostrando un sentito gradimento.
(La recensione si riferisce alla recita del 20 dicembre 2024)

Crediti fotografici: Michele Monasta per il Maggio Musicale Fiorentino Teatro dell'Opera di Firenze
Nella miniatura in alto: il regista Denis Krief
Al centro in sequenza: foto di scena di Mavra
Sotto in sequenza: foto di scena di Gianni Schicchi
 





Pubblicato il 30 Novembre 2024
Il Teatro del Giglio di Lucca ha allungato il nome aggiungendo quello del compositore lucchese
Tosca sancisce l'intestazione a Puccini servizio di Simone Tomei

20241130_Lu_00_Tosca_ClarissaCostanzo_phGaiaCaponeLUCCA – Il 29 novembre 2024, il Teatro del Giglio di Lucca, ora ufficialmente "Teatro del Giglio Giacomo Puccini", ha celebrato il centenario della morte del Maestro con un allestimento di Tosca. La giornata, significativa per la città, ha coinciso con la nuova intitolazione del teatro, rafforzando il legame profondo con il compositore lucchese. Il nuovo allestimento dello spettacolo, con la regia di Luca Orsini, scene di Giacomo Andrico, costumi di Rosanna Monti e luci di Tiziano Panichelli, è stato realizzato in coproduzione con i teatri di Ravenna, Pisa, Livorno, Modena e Ferrara. Questo nuovo allestimento di Tosca vede il ritorno del team creativo che ventidue anni fa, sotto la direzione di Cristina Pezzoli, creò una delle produzioni più acclamate del Teatro del Giglio. Giacomo Andrico, lo scenografo, ci parla della concezione dello spettacolo: «Quando iniziai a lavorare a Tosca con Cristina Pezzoli, il mio primo bozzetto era esattamente quello che stiamo riprendendo ora. L'atmosfera della Tosca che vedremo in scena il 29 novembre richiama una Roma dai tratti piranesiani, archeologica e stratificata, simile al luogo di potere di Scarpia, oscuro e inestirpabile.»
Questo allestimento di Tosca, a cui il teatro ha lavorato per mesi, è un omaggio al Maestro Puccini, realizzato con altissima competenza professionale e artigianale. Luca Orsini, il regista, sottolinea l'importanza di riscoprire la concretezza dell'arte teatrale: «In questo spettacolo si ritrova la concretezza di unarte teatrale che, richiamandosi alla sua memoria, riscopre le sue doti di creazione di mondi attraverso la costruzione di elementi scenografici architettonici e la realizzazione di costumi in maniera artigianale. In un periodo di digitalizzazione sfrenata e intelligenza artificiale, non dobbiamo perdere la tradizione e la capacità di fare a manoche il teatro, in particolare il Teatro di Lucca, patria di Puccini, aveva e possiede ancora.»
Il lavoro registico è stato attento alle esigenze del melodramma ed il lavoro sugli artisti preciso e meticoloso, risultando una recitazione fluida e naturale sempre attenta alla parola scenica.

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La bacchetta del M° Henry Kennedy dirige con buona cura e attenzione della partitura ma talvolta i tempi dilatano un po’ troppo l’interpretazione; si distingue per la cura nella coesione orchestrale e per l’equilibrio tra palco e buca, anche se non mancano piccole incertezze e qualche scollamento. La sua lettura della partitura è attenta ai colori e alla ricchezza timbrica che l’opera richiede, confermando una spiccata sensibilità interpretativa.
L’orchestra Giovanile Luigi Cherubini risponde con gusto alla direzione di Kennedy, mostrando compattezza e una ricerca sonora che valorizza le innovazioni sonore dell’opera. Buona la prova del Coro Arché, preparato da Marco Bargagna, capace di lasciare un’impronta significativa nei due momenti topici dell’opera. Applausi anche per il Coro delle Voci Bianche Puccini 100, guidato da Angelica Ditaranto, che ha lavorato in sinergia con il Coro di Voci Bianche della Cappella di Santa Cecilia di Lucca e il Coro di Voci Bianche della Scuola di Musica “Giuseppe Bonamici” di Pisa, entrambi preparati con cura da Lorenzo Corsaro.
Veniamo adesso agli interpreti:
Clarissa Costanzo affronta il ruolo di Tosca con una voce ampia e timbricamente piacevole, soprattutto nella prima ottava. La giovane soprano alterna momenti di grande suggestione a passaggi più incerti. I registri medio-gravi risultano rotondi e pieni, mentre gli acuti sono discontinui: alcuni ben centrati, altri meno. L'approccio tecnico, caratterizzato da una posizione di canto piuttosto bassa, limita l'omogeneità dell'emissione, incidendo sull'intonazione nei punti più esposti. Tuttavia, in Vissi d'arte, emergono scelte raffinate e un controllo maggiore, con un ultimo atto più convincente rispetto a un inizio incerto. La sua espressività scenica e la musicalità non mancano, ma il percorso tecnico necessita ancora di maturazione, soprattutto per quanto riguarda la dizione.
Potremmo definire Azer Zada, un Cavaradossi in crescita, ma senza slancio; egli infatti affronta il ruolo con una prestazione che guadagna un po’ di spessore atto dopo atto, pur senza mai decollare del tutto. Il primo risulta il più problematico, con un’interpretazione di “Recondita armonia” segnata da suoni secchi e una vocalità spigolosa. Nel secondo atto si avverte una maggiore sicurezza: Zada si muove con discreta padronanza, pur senza slanci di particolare intensità. È nel terzo atto che l’artista sembra finalmente trovare una più consona dimensione, interpretando una “E lucevan le stelle” di discreto livello, con un’emissione più morbida e un timbro che si fa apprezzare per maggiore calore e uniformità. Nonostante questo miglioramento progressivo, la resa scenica rimane piuttosto modesta con interazioni che non riescono mai a tradursi in tensione emotiva-sentimentale che il ruolo richiederebbe. In definitiva, una prova al bordo della sufficienza che non riesce a superare i limiti di un’interpretazione funzionale, priva del carisma necessario per rendere davvero memorabile il personaggio.
Massimo Cavalletti domina la scena nei panni di Scarpia con una presenza vocale che si impone fin dalle prime battute. La sua voce, ampia e naturalmente potente, si distingue per una bellezza timbrica che spicca nettamente sul resto del cast. Il baritono toscano non è solo voce: la sua interpretazione si arricchisce di accenti incisivi e un fraseggio curato, impreziosito da smorzature raffinate che rivelano un’attenzione al dettaglio espressivo. Resta più problematico come già evidenziato in altri ascolti, il registro acuto dove il suono risulta piuttosto “legnoso” a causa di una spinta eccessiva che restituisce suoni fissi e talvolta poco gradevoli. L’ambiente non troppo grande del teatro lucchese tende a sottolineare ancor di più queste mende, mettendo in risalto i limiti ad un’interpretazione che, per quanto potente, non riesce sempre a mantenere omogeneità ed eleganza.

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Nicolò Ceriani offre un’interpretazione del Sagrestano che spicca per presenza scenica e una vocalità autorevole, capace di dare rilievo anche ai passaggi più marginali. La sua è una lettura brillante, mai sopra le righe, in cui ogni gesto e inflessione contribuisce a delineare con precisione il personaggio. La voce, potente e ben proiettata, trova nell’acustica generosa del Teatro un alleato, amplificandone la ricchezza timbrica senza mai risultare eccessiva. Riesci così a catalizzare l’attenzione in ogni intervento, ritagliandosi uno spazio significativo grazie a una performance solida e coinvolgente. La capacità di modulare il suono e l’abilità nell’accentare con esattezza ogni battuta conferiscono profondità e vivacità al personaggio, elevandolo a un livello che va oltre la semplice spalla comica.
Convincenti le parti di fianco. Omar Cepparolli si distingue per un Cesare Angelotti sonoro ed incisivo, mentre Alfonso Zambuto offre una prova corretta nei panni di Spoletta. Buono lo Sciarrone di Eugenio Maria Degiacomi, puntuale Paolo Breda Bulgherini negli interventi del Carceriere. Infine, precisa e convincente Dalia Spinelli nel ruolo del Pastorello.
La sala gremita in ogni ordine e grado elargisce ovazioni convinte per tutti.
(La recensione si riferisce alla recita di venerdì 29 novembre 2024)

Crediti fotografici: Gaia Capone per il Teatro del Giglio "Giacomo Puccini" di Lucca
Nella miniatura in alto: il soprano Clarissa Costanzo (Tosca)
Al centro in sequenza: il tenore Azer Zada (Cavaradossi); Clarissa Costanzo con Massimo Cavalletti (Scarpia); la scena del "Te Deum" che chiude il primo atto
Sotto: ancora Clarissa Costanzo con Massimo Cavalletti





Pubblicato il 22 Ottobre 2024
Ottimo allestimento della patriottica Battaglia di Legnano nel Teatro Regio di Parma
Il paradigma č un cavallo servizio di Simone Tomei

20241022_Pr_00_LaBattagliaDiLegnano_AlessioVernaMarinaRebeka_phRobertoRicciPARMA - Nel 1849 Giuseppe Verdi presenta a Roma La Battaglia di Legnano, un'opera in quattro atti con libretto di Salvatore Cammarano. Ambientata nel 1176, durante la celebre battaglia in cui la Lega Lombarda sconfisse l'imperatore Federico Barbarossa, l'opera va oltre la semplice rievocazione storica, riflettendo profondamente lo spirito del Risorgimento italiano. Verdi, in piena sintonia con questo clima patriottico, utilizza la vicenda medievale per esprimere ideali di eroismo, sacrificio e amore per la patria.
I protagonisti, Arrigo, Rolando e Lida, sono intrappolati tra il dovere verso la loro terra e i legami personali, culminando nel sacrificio finale di Arrigo per la libertà. Musicalmente si distingue per le potenti melodie verdiane, i cori appassionati e un forte impatto drammatico, caratteristiche che esaltano il sentimento patriottico. Al suo debutto fu accolta con grande entusiasmo dal pubblico italiano, sebbene in seguito la sua popolarità sia andata scemando.
Questo lavoro verdiano nasce in un periodo di forte agitazione in Italia. Nel 1848 rivolte liberali scoppiarono in tutta Europa, e in Italia presero la forma di insurrezioni contro il dominio austriaco e papale. In questo contesto Verdi fu profondamente ispirato dagli eventi patriottici e sebbene non potesse partecipare direttamente ai moti, volle contribuire alla causa italiana attraverso la musica. Compose l'inno Suona la tromba su testo di Goffredo Mameli, sperando che potesse essere cantato durante le battaglie, ma la guerra era già finita quando l'inno fu completato. Fu invece il compositore Michele Novaro a scrivere quello che divenne l'inno nazionale, Fratelli d’Italia.

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Verdi, nel frattempo, cercava un modo più duraturo per contribuire alla causa italiana. Dopo aver sospeso un progetto con il Teatro San Carlo di Napoli, si rivolse nuovamente a Cammarano affinché creasse un libretto riflettente il clima politico del tempo. Inizialmente presero in considerazione diversi soggetti, ma alla fine scelsero di adattare la commedia francese La bataille de Toulouse di Joseph Méry, trasportandola però nel periodo della battaglia tra la Lega Lombarda e Federico Barbarossa. Cammarano arricchì il libretto con forti elementi patriottici, rendendolo ideale per il pubblico italiano dell'epoca.
Questa collaborazione tra Verdi e Cammarano si rivelò estremamente fruttuosa dando vita a un componimento che incarna pienamente lo spirito del Risorgimento e il desiderio di libertà e unità nazionale.

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Lo spettacolo parmense, nell’ambito del XXIV Festival Verdi, porta la firma della regista argentina Valentina Carrasco, distinguendosi per una visione audace e innovativa in cui la figura del cavallo emerge come protagonista paradigmatico dell'intero allestimento. Con un approccio moderno e simbolico l’animale diventa un emblema centrale della lotta per la libertà; il nobile animale più che un semplice strumento di scena, diventa quindi un elemento dai molteplici significati: forza, sacrificio e tensione verso la libertà. La regista lo utilizza in diverse forme – da sagome stilizzate a proiezioni video – per rappresentare non solo la dimensione militare della battaglia, ma anche il conflitto interiore dei personaggi e il desiderio collettivo di riscatto. Rappresenta quindi il motore della narrazione visiva: durante le scene di battaglia si fa metafora della violenza e del coraggio, contribuendo a rendere palpabile la ferocia del conflitto, e le sue movenze, ben coreografate, si intrecciano con la musica verdiana.
L’impianto scenografico di Margherita Palli, volutamente minimalista, esalta la centralità del cavallo. L'uso calibrato di luci e proiezioni visive conferisce all'animale una dimensione quasi onirica, trasformandolo in simbolo universale di resistenza. La gestione illuminotecnica curata da Marco Filibeck riesce a creare piccoli cammei emozionanti, come la memorabile entrata di Federico Barbarossa nella scena comasca del secondo atto. Meno appropriati i costumi di Silvia Aymonino che strizzano un po’ troppo l’occhio al primo conflitto mondiale del Novecento.
Sul versante vocale le prime parti hanno regalato grandi prestazioni.
Il soprano Marina Rebeka si è distinta per un'interpretazione straordinaria nel ruolo di Lida. Con una voce di grande potenza e precisione tecnica ha restituito tutta la complessità emotiva della donna, un personaggio tormentato dal conflitto tra amore e senso del dovere. Il suo binomio composto da fraseggio raffinato ed intensa capacità espressiva ha scolpito sin dal primo atto intense emozioni. Le sue doti vocali sono emerse con particolare forza nei passaggi più drammatici della partitura, dove ha sfruttato appieno la propria estensione e messo in luce il proprio timbro ricco di armonici, per dare enfasi ai sentimenti profondi e contrastanti del personaggio. Il controllo sugli acuti impeccabili e luminosi ha dato vita a momenti di rara intensità drammatica, dimostrando una perfetta padronanza del ruolo al suo debutto. Di pari passo la sua interpretazione scenica ha mostrato una Lida viva, autentica, in costante tensione tra passione e sacrificio.
L’Arrigo di Antonino Poli si distingue per grande intensità espressiva e precisione tecnica. La parte, una tra le più impegnative del repertorio tenorile verdiano, richiede non solo una voce potente e brillante, ma anche una capacità interpretativa che riesca a rendere la complessità emotiva di un giovane patriota diviso tra l'amore per la patria e l'affetto personale. Poli ha affrontato la sfida con notevole sicurezza facendo emergere la forza e il coraggio di Arrigo attraverso un timbro luminoso e squillante. I momenti eroici della partitura, in particolare quelli nei quali esprime la sua passione per l'Italia, sono stati resi con una brillantezza vocale capace di incantare il pubblico, regalando acuti vibranti e ben sostenuti.
Il baritono Vladimir Stoyanov ha offerto una performance eccezionale nel ruolo di Rolando, confermando ancora una volta il suo straordinario talento già ampiamente riconosciuto. L'interpretazione di Stoyanov colpisce per la profondità emotiva e la potenza vocale con cui rende il personaggio nella sua intensità e nel suo tormento. Con il suo timbro caldo, vellutato e ricco di dense sfumature riversa nel personaggio una profonda umanità, esprimendo in modo straordinario il conflitto interiore del protagonista, diviso tra l'amicizia fraterna con Arrigo e l'amore tradito da Lida. La sua voce, sempre sicura e impeccabile, ha brillato nei momenti di maggiore drammaticità, dove la sua capacità di scolpire ogni frase con precisione e intensità ha regalato al pubblico una lettura del personaggio di grande spessore. La ricchezza del suo registro medio e la facilità negli acuti hanno dato vita a una prestazione vocalmente impeccabile, mentre il fraseggio curato e la straordinaria capacità di modulare il suono hanno reso ogni aria e ogni scena profondamente coinvolgente. Il celebre momento del terzo atto "Mi scoppia il cor " è stato uno dei momenti più alti della serata, con Stoyanov che ha saputo fondere potenza e pathos, dando spazio al dolore e alla furia di un uomo devastato dalla scoperta del tradimento con intensità tale da far esplodere il teatro in un accorato applauso a scena aperta.
ll basso Riccardo Fassi ha dato vita a un memorabile Federico Barbarossa con una prestazione di grande spessore sia vocale che scenico. La sua interpretazione ha colpito il pubblico fin dal momento del suo ingresso spettacolare, in sella a un cavallo, irradiato da una suggestiva retroilluminazione che ha reso l'apparizione maestosa e imponente, rafforzando visivamente il carattere imperiale e dominante del personaggio. La sua voce profonda e ben proiettata ha restituito tutta la potenza e la determinazione dell'invasore incarnando perfettamente l’arroganza e il carisma. La solidità del suo registro grave ha dato corpo e forza alla sua interpretazione risultando molto convincente.
Alessio Verna è riuscito a dare spessore e carattere al ruolo di Marcovaldo, dimostrando una presenza scenica incisiva e una emissione sicura e brillante.
Non troppo bene i personaggi di fianco tutti allievi o ex allievi dell’Accademia Verdiana che hanno messo in luce vocalità ancora poco curate e spesso deboli: Emil Abdullaiev (Primo Console di Milano), Bo Yang (Secondo Console), Arlene Miatto Albeldas (Imelda) e Anzor Pilia (uno Scudiero di Arrigo e un Araldo).

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Il giovane M° Diego Ceretta ha guidato i complessi musicali del Teatro Comunale di Bologna con grandi intensità, fermezza e pathos, dimostrando una notevole maturità artistica e una profonda comprensione del linguaggio verdiano. Fin dalla sinfonia imprime un ritmo serrato e incisivo all'esecuzione, sottolineando con maestria il carattere eroico e patriottico della partitura, senza mai sacrificare la complessità emotiva dei momenti più lirici e intimi. Ha inoltre mantenuto uno stabile equilibrio tra orchestra e voci, valorizzando le linee vocali dei protagonisti senza mai coprirle, ma anzi accompagnandole con sensibilità e cura nei dettagli; gli va pure riconosciuta l’abilità nell’aver messo in risalto i contrasti tra le diverse sezioni dell'opera passando con naturalezza dalle esplosioni di energia delle scene belliche ai momenti più lirici e intimi.
Ottima anche la prova del Coro del Teatro Comunale di Bologna  - preparato e diretto dal M° Gea Garatti Ansini - che svolge in questo contesto un ruolo centrale alla stregua di personaggio collettivo. Le voci maschili, fondamentali nelle scene patriottiche e belliche, hanno saputo trasmettere con forza il senso di eroismo e orgoglio nazionale che Giuseppe Verdi ha voluto evocare, mentre le voci femminili hanno arricchito la tavolozza sonora con momenti di lirismo e delicatezza, specialmente nelle parti corali più intime.
Teatro in visibilio e festante per i saluti finali.
(La recensione si riferisce alla recita di domenica 20 ottobre 2024)

Crediti fotografici: Roberto Ricci per il Festival Verdi – Teatro Regio di Parma
Nella miniatura in alto: Alessio Verna (Marcovaldo) e Marina Rebeka (Lida)
Sotto in sequenza: Marina Rebeka, Antonino Poli (Arrigo), Vladimir Stoyanov (Rolando), Riccardo Fassi (Federico Barbarossa); bella istantanea di Roberto Ricci sui tre protagonisti principali
Al centro e sotto in sequenza: altre immagini su luci, scene e costumi di questa Battaglia di Legnano





Pubblicato il 17 Ottobre 2024
Prodotti dal Teatro Regio di Parma l'atteso Gala Verdiano e poi il Macbeth in scena con successo
Appunti dal Festival Verdi servizi di Angela Bosetto e Nicola Barsanti

20241017_Pr_00_GalaVerdiano+Macbeth_GiuseppeVerdiPARMA - Era il 10 ottobre 1813 quando, alle Roncole di Busseto, Luigia Uttini diede alla luce Giuseppe Fortunino Francesco Verdi, colui che, citando Gabriele D’Annunzio, avrebbe dato voce alla speranza e ai lutti, pianto e amato per tutti. Tradizione vuole dunque che, nell’ambito del Festival Verdi di Parma e Busseto, il decimo giorno del decimo mese dell’anno sia dedicato alla celebrazione del compleanno del Maestro. Ma la simbologia del numero dieci non si ferma qui, visto che nella cronologia operistica verdiana corrisponde a Macbeth, proposto quest’anno nella rara versione francese del 1865. Per riascoltare il “Macbetto” in lingua italiana, invece, basterà aspettare il Festival 2025, dedicato al legame fra Verdi e Shakespeare e articolato sui tre titoli tratti dal Bardo, ossia Otello, Macbeth (edizione 1847) e Falstaff.

 

20241017_Pr_01_GalaVerdiano_FrancescoLanzillotta_phRobertoRicciGALA VERDIANO – 10 ottobre 2024
servizio di Angela Bosetto
Potere e Politica. Sono questi i temi su cui è stato costruito il Festival Verdi 2024: due ambiti di stringente attualità sul piano sociale e culturale che, a maggior ragione, divengono il fulcro del Gala che celebra il 211° compleanno del Cigno di Busseto. Non a caso, i titoli a cui il programma attinge sono I vespri siciliani (di cui viene proposta l’Ouverture), Ernani (con l’esecuzione del terzo atto, ovvero “La clemenza”), Simon Boccanegra (del quale si è scelto il finale Atto I) e Don Carlo, che conclude il concerto con l’Autodafé che segna anche la fine del terzo atto.
Sul podio Francesco Lanzillotta che, (dopo l’applaudito debutto avvenuto lo scorso anno con I Lombardi alla prima crociata), torna a guidare l’Orchestra Filarmonica Toscanini in una felice serata che conferma quali siano i due poli del suo approccio alla concertazione verdiana: rigore e passione.
Stakanovista del Festival 2024 (che lo ha ingaggiato sia come Macduff in Macbeth, sia come Foresto in Attila), Luciano Ganci non ha alcuna esitazione nel mettere il proprio timbro solare al servizio del bandito Ernani (nobilmente fiero l’attacco di "Io son conte, duca sono"), di Gabriele Adorno e di Don Carlo, esibendo quello smalto e quella lucentezza che esaltano l’idealismo romantico dei suddetti personaggi tenorili verdiani.
Già allieva dell’Accademia Verdiana, Alessia Panza si impone per registro acuto, volume sopranile e ricchezza di armonici, delineando con cura Elvira ed Elisabetta di Valois, ma trovando il proprio apice interpretativo nel racconto di Amelia ("Nell’ora soave che all’estasi invita").
Impegnato anche nel ruolo di Attila a Fidenza, il basso Giorgi Manoshvili sfoggia una vocalità di bel colore e un accento di tutto rispetto, uniti a un carisma che, a dispetto della giovane età, lo rende credibile nei panni dei vecchi Silva e Jacopo Fiesco, nonché di Re Filippo II.
In omaggio alla predilezione che Verdi riservava ai baritoni, sono ben tre gli artisti che si alternano nei ruoli principali riservati a questo tipo di vocalità: il misurato Vladimir Stoyanov (un Carlo V altero e malinconico, specialmente nell’aria "Oh de’ verd’anni miei"), il mattatore Luca Salsi (festeggiatissimo dal pubblico parmigiano, che ripaga con un magistrale Simon Boccanegra) e il promettente Lodovico Filippo Ravizza, chiamato a coprire gli interventi di Rodrigo nell’Autodafé.

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Eugenio Maria Degiacomi si disimpegna onorevolmente come Jago e Paolo Albiani, affiancato dal Don Riccardo di Cristiano Olivieri e dal Pietro di Rocco Cavalluzzi. Positivi anche  i contributi dell’Araldo di Anzor Pilia e della Voce dal cielo di Fan Zhou.
A dispetto della posizione sul palco, nessuno può mettere in secondo piano l’amatissimo Coro del Teatro Regio di Parma (ottimamente preparato dal M° Martino Faggiani), che diviene protagonista grazie al celebre inno patriottico "Si ridesti il Leon di Castiglia" e al doppio coro dell’Autodafé ("«Spuntato ecco il dì d’esultanza" e "Il dì spuntò, dì del terrore"). Applausi torrenziali, tante richieste (purtroppo non esaudite) di bis e una certezza: di Giuseppe Verdi non se ne ha mai abbastanza.

MACBETH (Versione francese 1865)  – 13 ottobre 2024
servizio di Angela Bosetto e Nicola Barsanti
Dopo essere stata eseguita a Parma in forma di concerto nel settembre 2020 (protagonisti Ludovic Tezier e Silvia Dalla Benetta), la versione francese di Macbeth si guadagna la prima ripresa scenica in tempi moderni. Un’operazione decisamente interessante se si considera che, nella traduzione di Charles Louis Étienne Nuitter e Alexandre Beaumont, il libretto di Francesco Maria Piave perde parzialmente la propria dimensione viscerale e atavica in favore di una lettura cerebrale e politica. Più che ricreare passo per passo le intuizioni formidabili dell’opera verdiana, ai librettisti d’oltralpe interessa trasportare la tragedia di William Shakespeare all’interno della propria dimensione culturale e linguistica, complici un suono diverso e, a livello consonantico, più morbido.
Se, invece, si vuole semplificare al massimo, oltre al leggero (e necessario) cambio di metrica, le modifiche che saltano subito all’occhio (e all’orecchio) sono due: l’inserimento del lungo ballabile all’interno del terzo atto e l’eliminazione del legame fra Lady Macbeth e il sovrannaturale.

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Curiosamente, però, la regia di Pierre Audi mantiene la lettura della “strega suprema” (cit. Goethe),  rendendo la consorte dell’usurpatore parte integrante del sabba e moltiplicandone la figura in tre streghe danzanti, le cui movenze (coreografate da Pim Vuelings) richiamano il rapporto turbolento con il marito e alla passata gravidanza (a cui il Bardo riserva l’enigmatica frase “Ho allattato e so quanto è tenero il bimbo che succhia”). Al netto di alcuni didascalismi (dalle sedie rotanti che alludono al “gioco del trono” all’uso del metateatro per rimarcare il fatto che “la vita non è che un’ombra che cammina, un povero attore che si pavoneggia e si agita su un palcoscenico per il tempo a lui assegnato”) e qualche insensatezza (tipo la presenza di Macbeth durante la cavatina della sua sposa, la bara che esce dalle stanze del Re già pronta per il funerale o l’inventata prigionia con tortura di Banquo e figlio), l’allestimento scorre nel segno di un cupo simbolismo, combinando le scene asettiche e geometriche di Michele Taborelli con i costumi atemporali di Robby Duiveman (che mescolano liberamente Ottocento e Novecento). Nella costruzione dell’atmosfera, giocano un ruolo cruciale sia le luci espressioniste di Jean Kalman e Marco Filibeck, sia la fisicità dei due protagonisti, che si rivela particolarmente azzeccata dal punto di vista dell’interazione scenica.
Da una parte, abbiamo il roccioso e terreno Macbeth di Ernesto Petti, il cui vigore timbrico e la misura interpretativa restituiscono l’umano tormento del soldato che trionfa sul campo di battaglia, ma nulla può contro l’insidiosa seduzione del potere e della moglie.
Dall’altra si staglia la flessuosa e serpentina Lidia Fridman, dotata di un fascino “alieno” e di una voce tanto florida quanto peculiare, capace di farsi aspra, tagliente e diabolica, quindi perfetta per Lady Macbeth.
Grave e autorevole (come è d’uopo) il Banquo di Riccardo Fassi (la cui vicinanza d’età con Petti/Macbeth rende ancora più inaccettabile il tradimento subito), spavaldo e generoso il Macduff di Luciano Ganci (che la regia ammanta di una sottile ambiguità), ben centrato il Malcolm di David Astorga.
Completavano il cast Natalia Gavrilan (la Comtesse), Rocco Cavalluzzi (il Medico), Eugenio Maria Deigiacomi (nel triplice ruolo di Servitore, Sicario e Primo spettro), Agata Pelosi e Alice Pellegrini (Secondo e Terzo fantasma).
Senza nulla voler togliere ai membri maschili del Coro guidato da Martino Faggiani, diamo a Cesare quel che è di Cesare e alla streghe quello che è loro: bravissime.
Come nel Macbeth francese allestito nel 2020, il podio spetta a Roberto Abbado, che proprio grazie all’incisione di quel concerto su disco ha vinto il Premio Speciale della Critica Musicale Franco Abbiati. La sua lettura si impone per la grande eleganza e teatralità, impreziosita dalla raffinatezza di dinamiche e colori.
Successo vivissimo per tutti e continue chiamate alla ribalta da parte del pubblico entusiasta.

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Crediti fotografici: Roberto Ricci per il Festival Verdi - Teatro Regio di Parma
Nella miniatura in alto: un ritratto d'epoca di Giuseppe Verdi (autore anonimo)
Sotto: il maestro Francesco Lanzillotta che ha diretto il Gala Verdiano e foto d'assieme solisti, orchestra, coro
Al centro in sequenza: il maestro Roberto Abbado che ha diretto il Macbeth versione 1865; Lidia Fridman (Lady Macbeth) ed  Ernesto Petti (Macbeth); panoramica su un assieme
In fondo: altre panoramiche su due assiemi del Macbeth 1865 dato a Parma






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Parliamone
Una Butterfly come dev'essere
intervento di Athos Tromboni FREE

20250111_Fe_00_MadamaButtefly_ClaudiaPavoneViktorPastoriFERRARA - «Abbiamo voluto fare una Madama Butterfly nel rispetto della realtà giapponese dell'epoca, una realtà di usi e costumi ben diversa dall'immaginario occidentale... così abbiamo tolto nel nostro allestimento e nelle scelte registiche tutte quelle "giapponeserie esotiche" immaginate tra fine Ottocento e inizio Novecento in Europa. Ed io - ci tengo a dirlo - non ho fatto la regia di quest'opera, ma ho fatto la sua messa in scena...»
Così si è espresso Leo Nucci, il grande baritono passato alla regia dopo una straordinaria carriera di cantante, durante la presentazione dell'opera di Giacomo Puccini nel Ridotto del Teatro Comunale "Claudio Abbado".
Questa scelta di Nucci è veramente coraggiosa, coraggiosissima, proprio perché si discosta dalle dominanti regie "moderne" che di moderno hanno il più delle volte solo l'obiettivo della provocazione fine a sé stessa ammantato da una patina di conformismo che sfocia spesso nel deja-vu... un già visto che sa di stantìo.
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VideoCopertina
La Euyo prende residenza a Ferrara e Roma

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Classica
Saccon Genot Slavėk una meraviglia
servizio di Athos Tromboni FREE

20250111_Fe_00_ConcertoSacconGenotFERRARA -  Il Comitato per i Grandi Maestri fondato e guidato dal prof. Gianluca La Villa ha ripreso l'attività concertistica dopo alcuni mesi di pausa: saranno quattro gli appuntamenti fissati per la corrente stagione, il primo dei quali si è svolto ieri, 10 gennaio, nella sede che ospiterà anche gli altri appuntamenti: era la sala nobile del Circolo dei
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Eventi
Apre Puccini chiude Rossini
redatto da Athos Tromboni FREE

20250120_Bo_00_StagioneOpera_FulvioMacciardiBOLOGNA - Come anticipato nella conferenza stampa di “anteprima” dal sovrintendete Fulvio Macciardi nel luglio dello scorso anno, la Stagione d’Opera 2025 del Teatro Comunale di Bologna proporrà 8 opere in scena e 2 opere in forma di concerto. Le recite si terranno anche per questa stagione al Comunale Nouveau in Piazza della Costituzione 4
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Ballo and Bello
Lo Schiaccianoci dei rumeni
servizio di Athos Tromboni FREE

20241231_Fe_00_LoSchiaccianoci_MariusPetipaFERRARA - Non poteva mancare Lo Schiaccianoci nel periodo delle feste natalizie per il Teatro Comunale "Claudio Abbado". E infatti ecco mobilitato il Balletto dell'Opera Nazionale della Romania per due recite di fine anno a Ferrara (28 e 29 dicembre 2024), recite che hanno praticamente registrato il tutto esaurito. La compagnia rumena, diretta da
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Echi dal Territorio
Ora tocca a Chiatti e Vinco
redatto da Athos Tromboni FREE

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Opera dal Centro-Nord
Mavra e Schicchi insolito dittico
servizio di Simone Tomei FREE

20241221_Fi_00_Mavra-GianniSchicchi_DenisKriefFIRENZE – Gli appuntamenti con la lirica dell’anno 2024 del Teatro del Maggio Fiorentino si chiudono con un dittico tanto inusuale quanto sorprendente che ha accostato due atti unici comici, distanti per stile, cultura e linguaggio: Mavra di Igor Stravinskij e Gianni Schicchi di Giacomo Puccini. Se le disavventure dei parenti di Buoso Donati
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Opera dal Nord-Ovest
Gustavo e il Cappello di Paglia
servizio di Simone Tomei FREE

20241216_Ge_00_IlCappelloDiPagliaDiFirenze_GustavoGENOVA - La magia si è realizzata. La macchina narrativa, precisa come un cronografo di alta classe, ha funzionato senza alcun intoppo. Il palco ha vibrato di energia, grazie a un cast affiatato che ha danzato con grazia tra battute e situazioni surreali. Il pubblico del Teatro Carlo Felice ha apprezzato ogni attimo, immergendosi nella visione e nell’ascolto
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Opera dal Centro-Nord
Tosca sancisce l'intestazione a Puccini
servizio di Simone Tomei FREE

20241130_Lu_00_Tosca_ClarissaCostanzo_phGaiaCaponeLUCCA – Il 29 novembre 2024, il Teatro del Giglio di Lucca, ora ufficialmente "Teatro del Giglio Giacomo Puccini", ha celebrato il centenario della morte del Maestro con un allestimento di Tosca. La giornata, significativa per la città, ha coinciso con la nuova intitolazione del teatro, rafforzando il legame profondo con il compositore lucchese. Il nuovo
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Personaggi
E il Regio si prende Battistoni
redatto da Athos Tromboni FREE

20241129_To_00_NuovoDirettoreMusicale_AndreaBattistoni_phDanieleRattiTORINO - «Il Teatro Regio di Torino è lieto di annunciare la nomina di Andrea Battistoni a Direttore musicale, un momento fondamentale per il Teatro e il suo futuro. Battistoni, figura di spicco nel panorama musicale internazionale, entrerà in carica ufficialmente dal 1° gennaio 2025, con un mandato che abbraccerà le prossime due Stagioni.» È la
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Echi dal Territorio
Torna il Comitato per i Grandi Maestri
servizio di Athos Tromboni FREE

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Opera dal Nord-Ovest
Un eccellente Roberto Devereux
servizio di Simone Tomei FREE

20241124_Bg_00_RobertoDevereux_JessicaPratt_phGianfrancoRotaBERGAMO - La versione napoletana del Roberto Devereux inaugura la decima edizione del Donizetti Opera Festival 2024. Il capolavoro di Gaetano Donizetti fin dalla sua prima rappresentazione al Teatro di San Carlo di Napoli nel 1837 ha riscosso grande successo. Ghiotta occasione per il festival bergamasco che la presenta nell’edizione critica
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Opera dal Nord-Ovest
Lucia di Lammermoor impiccata a Genova
servizio di Simone Tomei FREE

20241123_Ge_00_LuciaDiLammermoor_NinaMinasyanGENOVA - Il nuovo allestimento della Lucia di Lammermoor curato dal regista  Lorenzo Mariani per la Fondazione Teatro Carlo Felice, in coproduzione con il Teatro Comunale di Bologna e l’Abao-Olbe di Bilbao, ha visto una regia carica di situazioni forti e simboliche e talvolta inopportune. Lo spettacolo si apre con un'immagine scioccante
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Vocale
Vissi d'arte. Vissi per Maria
servizio di Athos Tromboni FREE

20241120_Fe_00_VissiDArteVissiPerMaria_MariaCallasFERRARA - Non è facile evocare il mito di Maria Callas portando in scena uno spettacolo che la racconta, senza sporcare o comunque pasticciare impropriamente i contenuti di quella che fu la vita turbinosa e la virtù artistica della grande cantante. Ci hanno provato i componenti del trio Ensemble Musica Civica con Dino De Palma (violino), Luciano
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Eventi
La stagione sinfonica 2025 dei felsinei
redatto da Athos Tromboni FREE

20241119_Bo_00_StagioneSinfonica_MacciardiFulvioBOLOGNA - Ventuno concerti costituiscono l’ampia e variegata offerta sinfonica, che caratterizza la stagione 2025 del Teatro Comunale di Bologna, in programma dal 12 gennaio all’11 dicembre 2025 all’Auditorium Manzoni, alle 20.30 nei giorni feriali e alle 17.30 la domenica. Sono ben 20 gli appuntamenti in abbonamento, che spaziano dal
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Opera dal Nord-Est
La Traviata dello sballo
servizio di Rossana Poletti FREE

20241118_Ts_00_LaTraviata_EnricoCalessoTRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”. La Traviata, che ha aperto la stagione lirica del Verdi, denota subito un tratto lampante della regia di Arnaud Bernard: l’evidenziare in maniera sguaiata la licenziosità dei costumi. Di fatto parliamo di una mantenuta che, se anche moralmente riscattata nel finale da Alfredo, come pure dal padre di lui,
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Opera dal Nord-Ovest
Don Pasquale č un vaudeville
servizio di Athos Tromboni FREE

20241118_Bg_00_DonPasquale_RobertoDeCandia_phGianfrancoRotaBERGAMO - La sorpresa più lieta, arrivando a teatro per la "prima" del Don Pasquale del Festival Donizetti 2024, è stata che abbiam trovato disponibile un libretto (anzi, un libro) a stampa come succedeva nei migliori anni del secondo Novecento e come non succede quasi più in nessun teatro, specie se di provincia. Il libretto (anzi, il libro) contiene
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Opera dall Estero
Madama Butterfly ciak si gira
servizio di Ramón Jacques FREE

20241118_00_LosAngeles_MadamaButterfly_KarahSon_phCoryWeaverLOS ANGELES (USA), Dorothy Chandler Pavilion - Il mese di settembre segna l'inizio di quasi tutte le stagioni dei teatri d'opera americani, e la Los Angeles Opera, uno dei teatri più importanti del Paese, che propone un'interessante offerta di titoli, ha inaugurato il proprio ciclo con la già celebrata e apprezzata Madama Butterfly di Giacomo Puccini
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Vocale
Requiem salvato dalle voci
servizio di Simone Tomei FREE

20241027_Li_00_RequiemVerdi_EricLederhandler_phTeamBizziLIVORNO - Rappresenta un debutto assoluto per il Teatro Goldoni e più in generale per i teatri livornesi l’esecuzione della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, uno dei più grandi e sentiti capolavori del Cigno di Busseto, che fino ad oggi aveva avuto un'unica esecuzione nella città labronica nel 1986 a Villa Mimbelli. È con questo concerto inaugurale
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Opera dal Centro-Nord
Il paradigma č un cavallo
servizio di Simone Tomei FREE

20241022_Pr_00_LaBattagliaDiLegnano_AlessioVernaMarinaRebeka_phRobertoRicciPARMA - Nel 1849 Giuseppe Verdi presenta a Roma La Battaglia di Legnano, un'opera in quattro atti con libretto di Salvatore Cammarano. Ambientata nel 1176, durante la celebre battaglia in cui la Lega Lombarda sconfisse l'imperatore Federico Barbarossa, l'opera va oltre la semplice rievocazione storica, riflettendo profondamente
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Echi dal Territorio
Miracolo al soglio di sor Giacomo
FREE

20241020_00_TorreDelLago_FabrizioMiracoloPresidenteFondazioneFestivalPuccinianoTORRE DEL LAGO (LU) - È l’avvocato Fabrizio Miracolo il nuovo presidente della Fondazione Festival Pucciniano nominato dal sindaco di Viareggio, Giorgio Del Ghingaro, alla guida della stessa Fondazione; il neo presidente si dice  «... profondamente onorato per la fiducia ricevuta dal primo cittadino. È un incarico – ha poi proseguito – che rappresenta
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Opera dal Centro-Nord
Appunti dal Festival Verdi
servizi di Angela Bosetto e Nicola Barsanti FREE

20241017_Pr_00_GalaVerdiano+Macbeth_GiuseppeVerdiPARMA - Era il 10 ottobre 1813 quando, alle Roncole di Busseto, Luigia Uttini diede alla luce Giuseppe Fortunino Francesco Verdi, colui che, citando Gabriele D’Annunzio, avrebbe dato voce alla speranza e ai lutti, pianto e amato per tutti. Tradizione vuole dunque che, nell’ambito del Festival Verdi di Parma e Busseto, il decimo giorno del
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Opera dall Estero
Ballo in maschera di stelle
servizio di Ramón Jacques FREE

20241016_00_SanFrancisco_UnBalloInMaschera_MichaelFabiano_phCoryWeaverSAN FRANCISCO (USA), War Memorial Opera House - Ci sono alcune opere liriche che hanno un legame o un significato speciale con alcuni teatri, e una di queste è Un Ballo in Maschera di Giuseppe Verdi con la San Francisco Opera, titolo scelto dalla compagnia per avviare la nuova stagione, la 102 ̊ della propria storia. Quest'opera verdiana ebbe
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Opera dal Nord-Ovest
Giro di vite diversamente fatto
servizio di Simone Tomei FREE

20241014_Ge_00_IlGiroDiVite_KarenGardeazabal_phFedericoPittoGENOVA - Due teatri genovesi, il Nazionale ed il Carlo Felice, hanno avuto un’idea innovativa e affascinante per l’apertura della nuova stagione 2024-2025, proponendo un duplice spettacolo che unisce prosa e opera, presentato al Teatro Ivo Chiesa. È la prima volta in Italia che il pubblico può assistere a un dittico in cui viene messo in scena lo
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