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Pubblicato il 02 Febbraio 2024
Un godibile allestimento della terza opera di Puccini applaudito lungamente dal pubblico
Manon Lescaut e il gesto della Lyniv
servizio di Nicola Barsanti
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BOLOGNA - Il Teatro Comunale Nouveau inaugura la propria stagione operistica 2024 con il primo vero e proprio gioiello della produzione pucciniana: Manon Lescaut. Ottima scelta per onorare il centenario della morte del compositore lucchese, avvenuta il 29 novembre del 1924 a Bruxelles. La Manon Lescaut rappresenta per la carriera operistica di Puccini la stessa importanza che il Nabucco ebbe per Verdi, in quanto in queste due opere vengono già a delinearsi tutte quelle vaste e geniali intuizioni musicali da consentire loro di giungere all’ambito e meritato successo. La nuova produzione pucciniana del Teatro Comunale bolognese vede la firma del bravo regista Leo Muscato, il quale riesce attraverso un impianto scenico fisso, talvolta impreziosito da tele dipinte, specchi e gioielli, a suggerire ad hoc gli ambienti descritti dal libretto, che come si sa non è firmato perché contribuirono alla sua stesura numerose persone, compreso l'editore Giulio Ricordi. Complici della buona riuscita dell'allestimento bolognese sono le scene curate da Federica Parolini e i costumi di Silvia Aymonino, molto apprezzate anche le luci di Alessandro Verazzi, in particolare modo sul finale, in quanto riescono a far immergere chi assiste allo spettacolo in quell’ambiente arido e asfissiante in cui i due protagonisti incontrano la morte. Il cast si compone di alcune vocalità interessanti, primo su tutti Roberto Aronica (Renato Des Grieux), l’artista si distingue per proiezione sonora e calore del timbro, una vocalità piena di armonici che si dispiega dai bassi agli acuti del registro senza difficoltà alcuna. Bene anche per il Lescaut di Gustavo Castillo, il quale presenta una vocalità altrettanto piena e variegata in grado di condividere squisiti momenti con il bravissimo Giacomo Prestia (Geronte di Ravoir), basso che evidenzia un legato sofisticato e una presenza scenica inappuntabile.
Le difficoltà arrivano relativamente all’instabile vocalità di Lana Kos (Manon Lescaut): l’artista - sebbene dotata di un buon timbro e di una buona proiezione - non sempre riesce con facilità a raggiungere e a ben eseguire le note più alte dello spartito, sulle quali di tanto in tanto subentra un leggero ma fastidioso vibrato. Buona tuttavia la presenza scenica, sempre in linea con il personaggio. Concludono ottimamente il cast Paolo Antognetti (Edmondo), Kwangsik Park (L’Oste / Un Sergente), Bruno Lazzaretti (Il Maestro di Ballo), Aloisa Aisemberg, (Un Musico), Cristiano Olivieri (Un Lampionaio) e Costantino Finucci (Un Comandante di Marina). Venendo all’aspetto intimamente musicale la bellezza del gesto del M° Oksana Lyniv conduce con precisione e garbo l’orchestra del Teatro Comunale di Bologna curando con attenzione ogni singola sfumatura di una partitura intrisa di colori e melodie, meritandosi un lungo applauso alla fine dell’Intermezzo. Buona anche la prestazione del coro ben istruito dal M° Gea Garatti Ansini. Si conclude così fra numerosi applausi l’ultima replica bolognese di Manon Lescaut. (La recensione si riferisce alla recita di mercoledì 31 Gennaio 2024)
Crediti fotografici: Andrea Ranzi per il Teatro Comunale di Bologna Nella miniatura in alto: la direttora Oksana Lyniv Sotto, in sequenza: due momenti della recita di Manon Lescaut
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Pubblicato il 27 Gennaio 2024
Caloroso successo a Ferrara dell'allestimento realizzato a Ravenna per il Teatro Alighieri
La bohčme visual della Muti
servizio di Athos Tromboni
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FERRARA - Suggestivo l'allestimento di La bohème di Giacomo Puccini curato da Cristina Mazzavillani Muti per il Teatro Alighieri di Ravenna, approdato ieri sera al Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara. Pubblico della grandi occasioni ("sold-out" si dice oggi, con un inglesismo ormai sostitutivo di "tutto esaurito" d'italiana fattura); pubblico festante nonostante la storia triste di Mimì e Rodolfo che sarebbe andata in scena di lì a poco. Ma quando il bello incontra il celebre (e l'insieme diventa celebre e bello) non contano le tristezze e le commozioni, conta il bello... e tanto basta per fare festa. Allora, a recita conclusa, possiamo dire che La bohème pensata e realizzata in scena dalla Mazzavillani Muti è stata bella. Anzi, bellissima. Merito anche di strateghi delle luci e delle proiezioni come Vincent Longuemare responsabile delle luci di scena (in più servizi e recensioni di spettacoli precendenti l'abbiamo citato con ammirazione, e con pari ammirazione lo citiamo anche stavolta); come David Loom ("visual designer", che in italiano sarebbe "disegnatore degli effetti visivi"... troppo lungo nella lingua di Dante); come Davide Broccoli ("video programmer", cioè "programmatore delle videoproiezioni"... anche questo troppo lungo). Come spiegare il fascino dell'allestimento? Sono prevalentemente proiezioni che si riflettono su pannelli di fondo e quintine che all'occorrenza scorrono e si posizionano. In tale modo vengono animati gli ambienti: la Soffitta, il Quartiere Latino, la Barriere d'Enfer con la neve che fiocca (effetto-neve straordinariamente bello, tutto fatto con visual design), di nuovo la Soffitta. Le immagini proiettate investono anche i personaggi che si muovono in scena, e l'effetto ottico genera l'illusione visiva d'una totale immersione della recita dentro l'immagine. Insomma, una Bohème visual.
La Mazzavillani Muti pretende poi, al di là e al di sopra degli effetti ottici, una conseguente recitazione degli interpreti affine alle emozioni manifestate dai personaggi: e qui tutti i protagonisti si rivelano attori molto ben preparati. La cosa più bella, assieme alla regia, è risultata poi la concertazione del direttore Nicola Paszkovski sul podio della perfetta Orchestra Giovanile "Luigi Cherubini": mai un'esaltazione smodata delle tipiche ondate melodiche pucciniane spingendo l'enfasi dinamica, anzi la dinamica è sempre equilibratissima anche nel "tutti" dell'orchestra quando squillano gli ottoni acuti e gravi. Paszkovski non abbandona i cantanti a loro stessi, li segue, li invita al canto morbido e all'acuto veemente, li sostiene con un volume di suono strumentale che è leggero e trasparente eppure magniloquente e imperativo; il gesto del direttore è chiarissimo: lo intende l'orchestra, lo segue il coro, lo interpreta ubbidiente il cantante in scena. L'effetto d'insieme musica-canto è persino commovente, basterebbe da sé a fare quello spettacolo che tocchi la sensibilità degli ascoltatori.
Il coro, preparato da Corrado Casati, è quello del Teatro Municipale di Piacenza, le voci bianche "Ludus Vocalis - Novello" sono dirette da Elisabetta Agostini, la Banda Musicale Cittadina di Ravenna è diretta da Mauro Vergimigli, i costumi sono realizzati da Manuela Monti. Era doveroso citare, in apertura di cronaca musicale, tutti i nomi della produzione di questa Bohème perché (come direbbe, secondo noi, Cristina Mazzavillani Muti) il successo dell'allestimento è condivisibile e i meriti vanno condivisi con tutto lo staff tecnico. Resta da dire dei cantanti: su tutti (diverse "spanne" su tutti) il soprano Elisa Verzier, una Mimì intrepida e commovente, splendida attrice, grande voce, suggestiva vocalità da lirica pura: sa cantare con ammirevole intonazione in tutta la gamma del registro, usa il canto in maschera e il canto di petto con la sapienza che le deriva dalla tecnica ma la sue emissione è naturale, senza apparente fatica; una brava, bravissima interprete. Note meno entusiastiche per il tenore Alessandro Scotto di Luzio (Rodolfo) il cui canto di gola e quasi sempre aperto ha manifestato a Ferrara anche difetti d'intonazione e di squillo (deludente la sua "speranza" nella famosa aria "Che gelida manina" del Primo Quadro); auguriamoci (auguriamogli) che sia stata semplicemente una serata-no. Energico ed esuberante il canto di Alessia Pintossi, una Musetta troppo Valchiria per unire alla morbidezza del canto l'apparente frivolezza del personaggio come previsto nella scena del Quartiere Latino; la sua emissione, priva di armoniche e di scarsa musicalità, ci ha fatto immaginare che sarebbe più adatta per la verdiana Lady Macbeth, piuttosto che per personaggi lirico-leggeri. Bravo e perfettamente in ruolo il baritono Christian Federici (Marcello) la cui vocalità suadente, morbida e non priva di pienezza e potenza, ha gareggiato con la sua Musetta e con l'amico Rodolfo uscendo vincitore nella classifica della bellezza e appropriatezza di suono. Bravi anche il basso Andrea Vittorio di Campo (Colline, bella l'esecuzione della "Zimarra") e il baritono Clemente Antonio Daliotti (Schaunard). Elogi anche per i comprimari, il mimo Ivan Merlo (Parpignol e altre "ombre in scena" volute dalla regia), Fabio Baruzzi (Benoit), Graziano Dallavalle (Alcindoro e Sergente dei Doganieri) e il giocoliere Giorgio Panebianco. Pubblico soddisfatto e lungamente plaudente al termine della recita, soprattutto all'indirizzo di Elisa Verzier (acclamata), Nicola Paszkovski e Cristina Mazzavillani Muti. (la recensione si riferisce alla recita di venerdì 26 gennaio 2024)
Crediti fotografici: Fabrizio Zani per il Teatro Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara Nella miniatura in alto: il soprano Elisa Verzier (Mimì) Sotto, in sequenza: immagini del Quartiere Latino e della Soffitta nell'allestimento curato da Cristina Mazzavillani Muti
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Pubblicato il 21 Gennaio 2024
L'allestimento livornese della famosa opera di Giuseppe Verdi lascia molto a desiderare...
Un Trovatore cosė cosė
servizio di Nicola Barsanti
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LIVORNO - Torna a distanza di 50 anni di assenza al Teatro Goldoni e 27 anni dopo la sua ultima apparizione nella città di Livorno (ma fu al Teatro La Gran Guardia) Il trovatore, uno dei titoli più amati di Giuseppe Verdi. Un ritorno tanto atteso che non convince, pertanto inferiore alle aspettative. Gli anelli deboli di questa produzione riguardano in primo piano il cast e l’orchestra. Se il cast si compone, nella maggioranza dei casi, di vocalità inadeguate a sostenere le difficoltà imposte da una partitura colma di arie e cabalette tali da richiedere particolari doti di slancio e di intensa drammaticità, l’orchestra del Teatro Goldoni si rivela affetta da ulteriori problematiche riguardanti l’intonazione dei fiati (in particolar modo la sezione dei corni), cui si unisce una direzione farraginosa del M°Giovanni Di Stefano. Sono infatti diversi i momenti in cui si riscontrano effettivi sbandamenti di ritmo, e vogliamo qua ricordare la cabaletta di Leonora e il terzetto finale del primo atto. Mancano di qualità anche gli effetti sonori realizzati nel corso del coro di apertura del secondo atto: "Vedi! Le fosche notturne spoglie" in cui la percezione udita è più simile alla percussione di longarine di acciaio piuttosto che alle solite incudini. Venendo alla regia, non dispiace l’imponente scatola scenica "che nel suo scomporsi e ricomporsi evoca in modo astratto torri, macchine da guerra medievali e spazi claustrofobici di prigionia", spiega il regista Stefano Monti, che firma anche i costumi e le scene (queste ultime con Allegra Bernacchioni), di particolare efficacia la scena di Azucena in catene, dove dall’alto discendono due corde tali da tenerle sollevate le braccia; le luci di scena sono firmate da Fiammetta Baldiserri.
Dopo la premessa torniamo al cast approfondendo e dando conto singolarmente di ogni singolo ruolo: Yonghen Dong si rivela un Ferrando efficace, mostrando buona dizione e capacità scenica, pregio estendibile anche al Ruiz di Vincenzo Maria Salinelli. Il Conte di Luna di Min Kim dà prova di una buona proiezione sonora sebben lesa da un fraseggio artefatto che spesso lo porta a pronunciare erroneamente il testo e a rendere distaccate le frasi, che mancano di coesione ed unitarietà, non convince pertanto la resa di "Il balen del suo sorriso". Importanti problematiche sul testo vengono evidentemente riscontrate anche dalla Leonora di Claire Monteil, il giovane soprano parigino, infatti, di tanto in tanto, specialmente sulla chiusura delle frasi, sembra non pronunciare le ultime parole come sperando di essere coperta dal crescendo orchestrale, percezione che si attribuisce in particolar modo al primo atto, e che migliora nel corso della recita. Detto ciò la principale problematica riguarda la mancata proiezione, la quale arreca inconsistenza alla linea del canto, impedendole di realizzare i numerosi filati che contraddistinguono questo difficile ruolo. Atra giovane vocalità vede la presenza del mezzosoprano Victória Pitts (Azucena), la quale si distingue per la bellezza del timbro e per il colore di una calda vocalità avvolgente, che manca però di drammaticità sui righi più bassi dello spartito. Inoltre, il bell’aspetto dell’artista (e questo non può che essere un pregio, in altre circostanze), non convince scenicamente chi dovrebbe essere persuaso dal vedere una zingara di mezz’età rancorosa e assetata di vendetta. Matteo Desole è un Manrico scenicamente presente e accorato, il quale si distingue per l’emissione e per i solidi accenti drammatici che uniti a un buon legato delineano uno strumento interessante, ma non infrequentemente manifesta difficoltà sugli acuti, come il non riuscito Si bemolle in "Di quella Pira", mentre si apprezza la bella esecuzione di "Ah sì ben mio". Completano il cast i comprimari: la Ines di Samantha Sapienza e Un vecchio zingaro / Un messo di Luis Javier Jimenez. Bene per il coro del teatro Goldoni istruito dal M° Maurizio Preziosi.
Nonostante le problematiche esposte, la serata volge al termine fra entusiastici applausi del pubblico, entusiasmo che potrebbe essere ricondotto alla lunga assenza del titolo: in fin dei conti la presenza del Trovatore nella città livornese mancava da alcune generazioni, e meritava l'apprezzamento del pubblico questo titolo che è uno dei massimi capolavori verdiani. (La recensione si riferisce alla recita di giovedì 19 gennaio 2024)
Crediti fotografici: Augusto Bizzi per il Teatro Goldoni di Livorno Nella miniatura in alto: il tenore Matteo Desole (Manrico) Al centro, in sequenza: Victória Pitts (Azucena) con Matteo Desole; Claire Monteil (Leonora) con Min Kim (Conte di Luna); panoramica sul coro dei Gitani Sotto: ancora Victória Pitts (Azucena in catene)
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Pubblicato il 20 Gennaio 2024
Ottima messa in scena di Pier Luigi Pizzi del capolavoro buffo rossiniano nel solco della tradizione
Barbiere di Siviglia stratosferico
servizio di Nicola Barsanti
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PARMA - Il Teatro Regio di Parma inaugura il cartellone d’opera del 2024 con il fiore all’occhiello di Gioacchino Rossini: Il Barbiere di Siviglia. Com’è noto ai più, nel 1782 Giovanni Paisiello scrisse un’opera dallo stesso titolo e con lo stesso soggetto, da qui la decisione del maestro di Pesaro di intitolare la sua nuova composizione (almeno in un primo momento) Almaviva o sia l’inutile precauzione; non servì il cambio del titolo perché ciò nonostante, a causa dei numerosi sostenitori di Paisiello presenti in sala al Teatro Argentina di Roma, la prima esecuzione assoluta non riscosse consensi. Ma il successo non tardò ad arrivare, infatti, in seguito alla seconda rappresentazione, la genialità di questa composizione fulminea, scritta in soli venti giorni, unita allo strepitoso libretto di Cesare Sterbini la rendono ben presto l’opera buffa per antonomasia. Dall’alto della sua esperienza (e della sua veneranda età) Pier Luigi Pizzi confeziona ad hoc regia, scene e costumi, costruendo uno spettacolo rispettoso del libretto che permette, senza il bisogno di ideare stravaganti ipotesi interpretative, di seguire bene i dettagli della vicenda. Da qua la bella decisione di non fare tagli ai recitativi, conservando tutto il testo di questo capolavoro. L’impianto scenico è fisso, costituito da due strutture in stile neoclassico che vengono rispettivamente collocate agli estremi del palcoscenico, degne di nota anche le luci di Massimo Gasparon.
Venendo al cast urge affermare che, secondo chi scrive, il teatro d’opera trova in Andrzej Filończyk la vocalità rossiniana per eccellenza, tale da porsi a riferimento per il ruolo di Figaro degli anni a venire. La bellezza del timbro unita alla spigliata presenza scenica fanno dell’artista un Figaro eccellente, vocalmente inquadrato e dotato di un raffinato strumento, che gli valgono una lunga ovazione in seguito alla celeberrima cavatina “Largo al factotum”. Altra eccellenza, vede senza dubbio il basso Marco Filippo Romano nel ruolo di Don Bartolo, la cui ottima interpretazione arriva al punto da far suo il personaggio, per non parlare della voluta spiccata pronuncia della R, tipica della Romagna, la quale aggiunge una buona dose di comicità. Don Basilio, vede la presenza di un altro grande artista dal calibro di Roberto Tagliavini, la cui profonda e calda vocalità gli consentono una bella emissione e la buona riuscita della “Calunnia”, inappuntabile anche sulla presenza scenica. Le lodi si estendono all’avvolgente vocalità di Maria Kataeva, nel ruolo di Rosina, la cui proiezione sonora unita alla cura dedicata al fraseggio si traducono in una dizione cristallina che le consentono di affrontare brillantemente le numerose difficoltà imposte dallo sparito. Il Conte d’Almaviva di Maxim Mironov è il tassello criticabile di un cast stellare, in quanto la sua debole proiezione rende spesso inconsistente la linea del canto, difficoltà percepita specialmente nel corso del primo atto: evidenti miglioramenti della prestazione, anche dal punto di vista scenico, nel corso del secondo atto con la buona la resa nella veste del finto maestro di musica Don Alonso. Completano ottimamente il cast la strepitosa presenza di Armando De Ceccon (Ambrogio) e la brava Berta di Lucia Piermatteo, la cui radiosa vocalità arricchisce i momenti corali. Bene anche per Fiorello/ Un ufficiale di William Corrò.
Dal Punto di vista musicale parliamo senza dubbio di un Barbiere ben eseguito, la Filarmonica Arturo Toscanini guidata dal giovane maestro Diego Ceretta consente alla linea del canto di emergere costantemente senza alcuna difficoltà. L’unico appunto può essere individuato nell’Ouverture che pecca di qualche eccessivo “allargando”. Molto bene anche per il coro del Teatro Regio di Parma, ben istruito dal maestro Martino Faggiani. La serata si conclude in un tripudio di applausi per tutti, dovuti omaggi ad una splendida rappresentazione. (la recensione si riferisce alla recita di giovedì 18 gennaio 2024)
Crediti fotografici: Roberto Ricci per il Teatro Regio di Parma Nella miniatura in alto: il direttore d'orchestra Diego Ceretta Sotto, in sequenza: panoramiche su scene e costumi
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Pubblicato il 14 Gennaio 2024
Il capolavoro buffo di Gioachino Rossini non ha brillato di luce propria al Teatro del Giglio
Un Barbiere un po' cosė...
servizio di Simone Tomei
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LUCCA - Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini si veste di attualità, attraverso una lettura piuttosto singolare, ma non del tutto dissonante dalle intenzioni musicali e librettistiche, nell’allestimento andato in scena al Teatro del Giglio di Lucca con la firma registica di Luigi De Angelis che ha curato anche scene e luci. In un condominio stile Le Courboisier le vicende private dei protagonisti si intrecciano, più o meno casualmente, anche con quelle “della strada” evidenziando analogie e profonde differenze. È la descrizione di un luogo cosmopolita dove i vari strati della società (intesi come condizione sociale e razziale) si intrecciano creando consonanze e dissonanze in base a ciò che musica e parole in quel momento esprimono. Talvolta le situazioni proposte sono chiare e congruenti, talaltra, l’immediatezza dell’azione le rende meno istantaneamente fruibili; resta comunque il dubbio in merito alle “piccole epifanie” citate dal regista nelle sue note. Una dimensione complessiva comunque piacevole, traslata in un mondo tendenzialmente adolescenziale in cui il contrasto generazionale rappresenta una cifra molto pregnante. Il lavoro sui personaggi pare assai sviluppato ed è ammantato dai colori sgargianti dei costumi stravaganti – curati da Chiara Lagani – che si attagliano in maniera puntuale e precisa al contesto scenico. Il progetto firmato Fanny e Alexander merita comunque apprezzamento anche per il parallelo con il film Play Time di Jacques Tati, dal quale - seppur in un contesto assai diverso - prende spunto; la ricerca della poesia dell’umano è il fine ultimo per portare lo spettatore, e forse anche i protagonisti, verso una visione più umana… «al di fuori della macchina tritatutto del nostro tempo, al di fuori delle convenzioni di un mondo che perpetra il consumo dell’identico, a discapito delle espressioni genuine dei sentimenti e delle emozioni.»
Complice in tutto questo è la musica di Gioachino Rossini e la genialità del libretto di Cesare Sterbini che ci portano… «uno sguardo divertito, leggero ma al tempo stesso feroce sui tic, sugli inciampi, sulle idiosincrasie e le nevrosi del nostro quotidiano, in una giostra vorticosa destinata all’horror vacui, ma che forse ci mette a nudo di fronte a noi stessi.» Un cast variegato ha dominato la scena rossiniana con risultati alterni. Chiara Amarù è una Rosina molto convincente sotto tutti i punti di vista; la parola scenica è sempre a fuoco ed il nitore dell’emissione accompagna la sua interpretazione per tutta la serata; l’aria di sortita "Una voce poco fa", è un tripudio di colori e prodezze in cui snocciola con estrema facilità le agilità con piena omogeneità vocale. Ottimo anche il Figaro di Gurgen Baveyan che si mette in luce per spavalderia recitativa indiscussa ed un suono possente, ma al tempo stesso duttile che gli permette di enfatizzare le frasi musicali con precisione e giuste intenzioni. Dave Monaco è un Lindoro tutto sommato corretto e musicalmente preciso, ma l’emissione pressoché nasale non risulta sempre di piacevole ascolto; il colore vocale perde in brillantezza e la necessaria fluidità perde di consistenza; complessivamente vengono fuori le potenzialità di una voce che sa ben gestire ogni nota della sua estensione, ma una restituzione più nitida sarebbe di grande auspicio. Non troppo a fuoco nemmeno il Bartolo di Roberto Abbondanza che mi è parso sin da subito poco in forma; ho avuto l’impressione che la voce scontasse una certa stanchezza in quanto, in più frangenti, le note sono risultate opache ed il fraseggio poco duttile e a tratti stentoreo. Nei panni di Don Basilio, troviamo il basso Gaetano Triscari; fiero di una voce potente non teme le note più impervie, ma vacilla in quelle più gravi dove il fraseggio risulta meno curato e la parola scenica perde pregnanza. Una Berta molto irruente e dominatrice quella di Jennifer Schittino la cui fisicità imponente la mette molto in luce evidenziando appieno il ruolo “antagonista in amore” rispetto a Rosina; nella scena che le è propria, "IL vecchiotto cerca moglie", conquista il pubblico con un canto preciso e ben controllato senza scadere nell’ovvio e nel pacchiano. Nel doppio ruolo di Fiorello e Ufficiale troviamo Tommaso Corvaja che si è dimostrato piuttosto deludente almeno da un punto di vista vocale, in quanto il canto risulta poco curato e l’emissione molto acerba.
Resa poco entusiasmante anche per il Coro Arché curato e diretto dal M° Marco Bargagna. L’infelice collocazione dietro la scena non è stata di aiuto alla sua integrazione nel contesto musicale ed in parecchi momenti, oltre alle scollature ritmiche, ha fatto emergere suoni poco curati e spesso anodini. Sul podio il M° Francesco Pasqualetti, alla guida dell’Orchestra della Toscana, ha restituito poco o nulla del carattere “rossiniano” della partitura; la sua lettura è piuttosto povera di colori ed intenzioni. È mancato quel piglio brioso e frizzante che ha tolto enfasi ai “crescendo” (un finale primo quasi a tempo di metronomo) e spigliata vivacità a tutto il resto (la “Tempesta” pareva una timida pioggerellina). Anche l’intesa con il palcoscenico non è stata sempre delle migliori in quanto sono emerse scollature che hanno caratterizzato alcuni momenti della serata. Un Teatro piuttosto gremito ha reso comunque festa a tutti gli interpreti con applausi convinti e sentiti. (la recensione si riferisce alla recita del 12 gennaio 2024)
Crediti fotografici: Photo Kiwi per il Teatro del Giglio di Lucca Nella miniatura in alto: il baritono Gurgen Baveyan (Conte d'Almaviva) Al centro in sequenza: ancora Baveyan nella sua "bottega"; tutti i protagonisti insieme sul divano; e un bel primo piano per Chiara Amarù (Rosina) Sotto: visione d'assieme dell'allestimento in scena nel Teatro del Giglio
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Parliamone
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Il Turco conquista Rovigo
intervento di Athos Tromboni FREE
ROVIGO - Una sorta di "esegesi" aveva preceduto l'andata in scena di Il turco in Italia, libretto di Felice Romani musica di Gioachino Rossini; e l'interprete critico della verità rivelata era stato il regista Roberto Catalano che aveva comunicato in una nota di regia che «... la necessità è stata quella di intercettare nel ruolo di Fiorilla il tratto universale di un'umanità vittima di stimoli costanti, per cercare di dare al suo personaggio non l'eccezione dell'essere umano "guasto" che va aggiustato, ma quella di una vittima perfetta sulla cui fragilità è possibile lucrare. Ecco perché in questa drammaturgia il personaggio del Poeta (Prosdocimo, ndr) a caccia della sua storia "sfruttando" le vite degli altri, vestirà i panni di un creativo senza scrupoli ...» Ci sarà riuscito il regista, nel Teatro Sociale di Rovigo, a dimostrare questa sua "esegesi"? O tutto è rimasto sulla carta, come sua e personale testimonianza d'intenti e basta? Oggi, nelle regie cosiddette moderne, il capovolgimento del paradigma è ormai una costante
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Opera dal Nord-Est
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Nel Campielo xe bel quel che piase
servizio di Athos Tromboni FREE
VERONA - Fu così che per la prima volta in assoluto Il Campiello di Ermanno Wolf-Ferrari andò in scena nel Teatro Filarmonico di Verona. E fu così che alla "prima" venne accolto da un pubblico numeroso con molti minuti di applausi a fine recita e con vere ovazioni per alcuni protagonisti di quella commedia musicale. Chissà se le cronache del futuro, parlando del
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Vi presentiamo La Bohčme
servizio di Angela Bosetto FREE
VERONA – Dopo tredici anni di assenza è ufficialmente partito il conto alla rovescia: la prossima estate La Bohème di Giacomo Puccini tornerà in Arena durante il 101° Festival lirico; il capolavoro di Puccini verrà rappresentato il 19 e il 27 luglio 2024 con la direzione di Daniel Oren. Trattandosi di una nuova produzione di Fondazione Arena
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Eventi
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Il 35° nel segno della solidarietā
servizio di Athos Tromboni FREE
RAVENNA - il Teatro Alighieri era gremito di pubblico, giornalisti, operatori video e radio per la presentazione della 35.ma edizione di Ravenna Festival 2024, che si svolgerà dall’11 maggio al 9 luglio e farà registrare oltre 100 alzate di sipario; gli artisti coinvolti sono più di mille, dai grandi nomi della musica classica e del canto lirico, fino ad alcuni "menestrelli"
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Opera dall Estero
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Grande Das Rheingold in piccolo spazio
servizio di Ramón Jacques FREE
LOS ANGELES (USA) - La sala concerti Walt Disney Hall, sede dell’orchestra Los Angeles Philharmonic, è situata nel cuore della città e ha festeggiato nel 2023 i suoi vent'anni (è stata inaugurata il 23 ottobre 2003). E’ stata progettata e realizzata con la supervisione dal famoso architetto e designer canadese-americano Frank Gehry (1929)
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Opera dal Nord-Est
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Arianna tra il buffo e il commovente
servizio di Rossana Poletti FREE
TRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”. Ci è voluto Richard Strauss e la sua Arianna a Nasso per far comprendere quanto poco interessasse a certi ricchi la realizzazione di uno spettacolo, quanto poco comprendessero le dinamiche che stanno attorno e dentro la preparazione di un lavoro teatrale. «Pago e voglio quello che
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Incontro con Lorenzo Cutųli
servizio di Edoardo Farina FREE
FERRARA - Il 100° anniversario dalla morte di Giacomo Puccini rappresenta un’occasione per commemorare e ripercorrere la vita e la carriera di uno dei più grandi musicisti italiani. Le sue Opere, ancora oggi, continuano a essere rappresentate sui palcoscenici più prestigiosi del mondo, celebrando lo straordinario valore artistico delle composizioni
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Opera dal Nord-Est
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Il Barbiere eccellente
servizio di Nicola Barsanti FREE
VENEZIA - Se pensiamo al fascino di un teatro risorto per più di una volta dalle proprie ceneri, e vi aggiungiamo la suggestione di esservi dentro nel vivo del carnevale della “Serenissima” non può venire in mente un gioiello della produzione rossiniana: Il barbiere di Siviglia. Ed è proprio a quest’opera che abbiamo assistito, la seconda in cartellone
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Bologna Festival numero 43
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BOLOGNA - La 43.esima edizione di Bologna Festival 2024, da marzo a novembre, presenta alcuni dei più interessanti direttori dell’odierna scena musicale quali Teodor Currentzis, per la prima volta a Bologna con la sua orchestra musicAeterna, Vladimir Jurowski con la Bayerisches Staatsorchester e Paavo Järvi con la Die Deutsche
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Jazz e altro allo Spirito
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Varato il calendario dei concerti "Tutte le Direzioni in Winter&Springtime 2024", organizzata da Il Gruppo dei 10 con qualche novità e collaborazione in più rispetto ai precedenti. La location è (quasi sempre) la stessa: il ristorante lo Spirito di Vigarano Mainarda (Ferrara), nell’intimo tepore delle sue suggestive sale, immerso nella
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Don Pasquale allestimento storico
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TORINO - Il titolo designato per l’inaugurazione del cartellone d’opera 2024 del Teatro Regio di Torino è il Don Pasquale di Gaetano Donizetti. Qui riproposto nel fortunato allestimento della fine degli anni '90 del Novecento, firmato da uno dei maestri della drammaturgia musicale italiana: il regista, scrittore e giornalista Ugo Gregoretti, la cui regia
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Jazz Club Ferrara 45 concerti
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Dal 26 gennaio 2024, prende il via al Torrione San Giovanni la seconda parte della 25.ma stagione di Ferrara in Jazz. Grandi nomi del jazz internazionale e largo spazio ai giovani, per complessivi 45 concerti accompagnati da eventi culturali collaterali, realizzati con il contributo del Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna, Comune
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Opera dal Nord-Est
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Bolena e Seymur destino congiunto
servizio di Rossana Poletti FREE
TRIESTE – Teatro Verdi. Nell’ Anna Bolena di Gaetano Donizetti, in scena al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, primeggia la qualità del cast. Un gruppo di cantanti straordinari, che contribuiscono in modo determinante al buon esito della rappresentazione. Se si eccettua qualche piccola quasi impercettibile incertezza nel primo atto la prova
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Opera dal Centro-Nord
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Un Trovatore cosė cosė
servizio di Nicola Barsanti FREE
LIVORNO - Torna a distanza di 50 anni di assenza al Teatro Goldoni e 27 anni dopo la sua ultima apparizione nella città di Livorno (ma fu al Teatro La Gran Guardia) Il trovatore, uno dei titoli più amati di Giuseppe Verdi. Un ritorno tanto atteso che non convince, pertanto inferiore alle aspettative. Gli anelli deboli di questa produzione riguardano
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Opera dal Centro-Nord
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Barbiere di Siviglia stratosferico
servizio di Nicola Barsanti FREE
PARMA - Il Teatro Regio di Parma inaugura il cartellone d’opera del 2024 con il fiore all’occhiello di Gioacchino Rossini: Il Barbiere di Siviglia. Com’è noto ai più, nel 1782 Giovanni Paisiello scrisse un’opera dallo stesso titolo e con lo stesso soggetto, da qui la decisione del maestro di Pesaro di intitolare la sua nuova composizione (almeno in un primo
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Opera dal Centro-Nord
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Un Barbiere un po' cosė...
servizio di Simone Tomei FREE
LUCCA - Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini si veste di attualità, attraverso una lettura piuttosto singolare, ma non del tutto dissonante dalle intenzioni musicali e librettistiche, nell’allestimento andato in scena al Teatro del Giglio di Lucca con la firma registica di Luigi De Angelis che ha curato anche scene e luci. In un condominio stile Le Courboisier
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Opera dal Nord-Est
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La Bohčme dei ponteggi
servizio di Athos Tromboni FREE
ROVIGO - Una Bohème senza lode e senza infamia. Così potrebbe definirsi l'allestimento dell'opera di Giacomo Puccini andata in scena al Teatro Sociale. Si tratta di una coproduzione del teatro di Rovigo con il Comune di Padova e il teatro "Mario Del Monaco" di Treviso. Una produzione tutta veneta, considerando la bacchetta affidata a Francesco Rosa
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Eventi
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Ecco la stagione 2024 del Filarmonico
redatto da Athos Tromboni FREE
VERONA - Teatro Filarmonico: dal 21 gennaio al 31 dicembre 2024, sono in programma 5 opere e 10 concerti sinfonici, con grandi interpreti internazionali. Attesissimo il ritorno del balletto, in scena anche nella sera di San Silvestro. Sarà - inoltre - l’anno delle prime assolute e dei grandi omaggi: il 2024 porterà sul palcoscenico del Filarmonico
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Opera dal Nord-Ovest
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... e il Coro fa 90!
servizio di Simone Tomei FREE
FIRENZE - Siamo a Passy e correva l’anno 1863: dopo aver finito di comporre il suo ultimo "péchés de veillesse" La Pétite Messe Solennelle, così il Gioachino Rossini infiorettava lo spartito musicale: «Bon Dieu - La voilà terminée cette pauvre petite Messe. Est-ce bien de la musique Sacrée que je viens de faire ou bien de la Sacrée Musique? J’etais né
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Opera dal Nord-Est
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Ballo in maschera suggestivo
servizio di Simone Tomei FREE
VERONA - Uno scorcio di stagione 2023 col botto quella del Teatro Filarmonico con la rappresentazione di Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi: la regista Marina Bianchi firma un allestimento classico del Teatro Regio di Parma con le ritrovate scene del 1913, dipinte da Carmignani. Fondali e principali di carta, dallo straordinario effetto tridimensionale,
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