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Personaggio un tantino provocatorio voluto dalla regista Shawna Lacey ma lo recita ha avuto successo

La Traviata osé

servizio di Ramón Jacques

Pubblicato il 28 Aprile 2024

20240428_LosAngeles_00_LaTraviata_RachelWillisSorensen_phCoryWeaverLOS ANGELES - Dorothy Chandler Pavilion (California USA). La terza opera della cosiddetta 'trilogia popolare' di Giuseppe Verdi (1813-1901) è La Traviata, la cui première avvenne il 6 marzo 1853 alla Fenice di Venezia, e che è senza dubbio considerata oggi il suo titolo più popolare, tra le altre cose, per la sua ricchezza melodica, inventiva e vocalità espressiva, che sono così strettamente legate alla commovente e tragica storia d’amore. Certamente questa popolarità si è manifestata evidente dal recente allestimento realizzato dall'Opera di Los Angeles (LA Opera), che mi ha fatto ricordare che nel periodo post-pandemia questo è stato lo spettacolo a cui hanno preso parte il maggior numero di spettatori, con tutti i posti esauriti nell'enorme teatro Dorothy Chandler Pavilion.
Potrebbe essere una conseguenza della decisione del pubblico di tornare a teatro per assistere agli spettacoli dal vivo o sarà stata l'occasione dovuta alla presentazione di questo titolo, assente su questo palco dalla stagione 2019? La verità è che opere che consideriamo come classici non lasciano mai scontento nessuno, e forse è una formula per recuperare pubblico in tante sale, che a livello internazionale soffrono ancora le conseguenze di un periodo di instabilità e di scarse presenze.
Per ora, dopo La Traviata di Verdi, l'Opera di Los Angeles proporrà come ultima opera della sua stagione, la Turandot di Giacomo Puccini, un'altra opera popolare e molto apprezzata, assente a livello locale da più di vent'anni.
Per questa Traviata è stata utilizzata la produzione dell'Opera di San Francisco, che aveva debuttato alla fine del 2022. Le scenografie, con costumi eleganti e variopinti di Robert Innes Hopkins, e le luci di Michael Clark, con la regia di Shawna Lacey, sono rispettosi di ciò che la storia racconta e sono inerenti al libretto.
L'ampio palcoscenico si apprezza per il movimento libero e fluido del coro e dei solisti, con l'azione posta all'interno di un opulento salone nel primo atto, in un immenso giardino, e ancora in un'altra enorme sala dalle pareti luminose e variopinte e mobilia rossa per la festa di Flora, e ancora nella stanza iniziale ora trasformata per l’ultimo atto nell'austero letto di morte di Violetta. Quando fu realizzata per la prima volta questa produzione fu dichiarata l'intenzione del teatro di San Francisco di tornare alle sue origini e avere una produzione che potesse essere ripresa e utilizzata in varie stagioni future. Da questo punto di vista la parte scenica era funzionale. Tuttavia, le dimensioni dell’allestimento fanno sì che ci siano due lunghi intervalli, facendo durare lo spettacolo fino a tre ore e mezza, come è successo qui. Inoltre, la Lacey ha voluto lasciare il segno, evidenziando l'erotismo e la sensualità della storia, con un rapporto più intimo e stretto tra i due protagonisti principali, dettaglio raramente visto in altre produzioni dove c'è una certa distanza tra di loro; e nel primo e nel terzo atto ha messo in scena la depravazione e la perversione vissute nella società e nell’ambiente mondano parigino, con eccessi, travestitismo, sadomasochismo, ecc. Che senza entrare in termini moralistici, sembrano non contribuire per nulla alla trama.

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La parte vocale è stata ben eseguita dai cantanti scelti per l'occasione, come il soprano Rachel Willis-Sørensen, che qui ha lasciato una piacevole impressione lo scorso anno nei panni di Desdemona nell'Otello verdiano, e che è tornata a impersonare in maniera convincente la cortigiana Violetta Valery. Sul palco appariva avvolta in una pelliccia, vivendo e recitando la sua parte con intensità, grazia e compostezza. Vocalmente, ha mostrato una tavolozza di colori raffinata e piacevole che sa focalizzare a seconda dell'umore o delle situazioni di tensione e ansia che sta attraversando il personaggio, oltre ad essere cadenzata e agile. Sebbene la proiezione e la densità della sua voce fossero punti che gli giocavano a sfavore, e nel primo atto, ha mostrato insicurezza e cautela nell'emissione degli acuti, durante e soprattutto alla fine di 'Sempre Libera', la sua interpretazione nel terzo atto è stata drammaticamente e vocalmente soddisfacente.
Anche il tenore armeno Liparit Avetisyan nei panni di Alfredo Germont ha avuto una performance contrastante. Ha indubbie qualità per quanto riguarda la voce e la timbrica, ma a volte ha mostrato difficoltà con il fiato, il che rendeva difficile far sentire la sua voce attraverso il volume orchestrale. La sua prestazione vocale è andata in crescendo d'intensità e ha finito per trovare un tono robusto, colorito e virile. Scenicamente ha esagerato nei momenti di rabbia e furore che vive il suo personaggio, come alla fine del secondo atto e durante il terzo, ma in generale è un artista che sa attuare la sua parte e sarà interessante poterlo ascoltare anche in altre occasioni.
Da parte sua, il baritono coreano Kihun Yoon (Giorgio Germont) ha mostrato un colore baritonale brillante, forte, potente, ma anche capace di meravigliare con i pianissimi quasi impercettibili della sua aria 'Pura siccome un angelo' e nel duetto con Violetta del seconda atto. Purtroppo, a causa del suo evidente aspetto giovanile, né l'abbigliamento né il trucco, oltre alla sua rigidità in palco, lo aiutavano a sembrare un credibile papà Germont anziano.
Corretti erano gli altri personaggi che interpretavano i ruoli minori come il mezzosoprano Sarah Saturnino, elegante e seducente Flora, il basso baritono Patrick Blackwell nel ruolo del Barone Duphol, il tenore Julius Ahn nel ruolo di Gastone, il basso Alan Williams nel ruolo del Dr. Grenvil, il baritono Ryan Wolfe nel ruolo del Marchese di Obigny e il mezzosoprano canadese Deepa Johnny nel breve ruolo di Annina; la maggior parte di essi fa parte della scuola dei giovani artisti di questo teatro.
Non si può non citare l'esibizione del Coro del teatro diretto da Jeremy Frank, e quella dell'orchestra che ha donato momenti di intensità, emozione e vigore sotto la lettura sicura e appassionata del suo direttore titolare James Conlon, che dal Preludio è sembrato cesellare lentamente la sontuosa partitura fino a commuovere il pubblico e regalare un posto di rilievo ai musicisti dell'orchestra.
Verdetto di gradimento e approvazione da parte del pubblico presente che ha applaudito intensamente, celebrando ogni uscita degli artisti dopo aver goduto della loro performance.
Si dice che il cliente abbia sempre ragione. A teatro, e soprattutto oggi, ad avere ragione alla fine è stato il pubblico.
(La recensione si riferisce alla recita di mercoledì 24 aprile 2024)

Crediti fotografici: Cory Weaver per il Dorothy Chandler Pavilion di Los Angeles
Nella miniatura in alto: il soprano Rachel Willis-Sørensen (Violetta Valery)
Al centro: la celebre scena del "brindisi"
Sotto in sequenza; ancora Rachel Willis-Sørensen; Kihun Yoon (Giorgio Germont) con la Willis-Sørensen; Kihun Yoon con Liparit Avetisyan (Alfredo Germont); Rachel Willis-Sørensen con Liparit Avetisyan






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