Pubblicato il 27 Novembre 2023
Inaugurata a Ferrara la stagione d'Opera e di Balletto con l'incompiuta di Giacomo Puccini
La Turandot viene dall'oriente servizio di Athos Tromboni

20231127_Fe_00_Turandot_MarcelloMottadelli_phMarcoCaselliNirmalFERRARA - La nuova Stagione d’Opera e Balletto del Teatro Comunale "Claudio Abbado" si è inaugurata con la messa in scena della Turandot di Giacomo Puccini, coproduzione tra la coreana Daegu Opera House e la Fondazione Teatro Comunale di Ferrara. Tutto esaurito, sia per la "prima" che nella replica della domenica pomeriggio. Tutto esaurito anche per l'anteprima generale riservata agli studenti ferraresi.
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Prima dell'apertura sipario della serata inaugurale, si sono presentati sul proscenio il console generale della Corea del Sud, Hyung Sik Kang, accompagnato dal viceconsole Tae Woo Kim e dall'assessore alla Cultura del Comune di Ferrara, Marco Gulinelli.
«Sono molto lieto di partecipare a questo significativo evento realizzato dalla Daegu Opera House a Ferrara, città ricca di bellezza e fascino - ha detto il console Hyung Sik Kang - perché la cultura è un tassello assai importante per il nostro Paese. Mi auguro che in futuro ci siano altre opportunità di collaborazione e di scambio.»
«Quello di stasera è un momento speciale, come risultato di un ponte tra Oriente e Occidente; è l'incontro tra diverse tradizioni teatrali - ha sottolineato l’assessore Marco Gulinelli - ed esprimo grande soddisfazione per i notevoli passi in avanti fatti dal nostro Teatro Comunale, merito di un grande lavoro di squadra.»
Sul palco, anche il sovrintendente della Daegu Opera House, Kabgun Chung, che ha ringraziato la città di Ferrara per l’invito di realizzare la loro Turandot in Italia, «... patria del compositore Giacomo Puccini.»
Il cast dei cantanti era tutto composto da voci coreane: Lilla Lee vestiva i panni della principessa di ghiaccio Turandot, Calaf era interpretato da Yoon Byungkil, Liù da Kim Eunhye, Timur da Moon Seokhoon, Ping da Leo An, Pong da Choi Yosub, Pang da Park Sinhae, il Mandarino da Juhyeon Kim e l'imperatore Altoum da Kim Juntae.

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Le masse erano invece italiane: sul podio dell'Orchestra Città di Ferrara era il maestro Marcello Mottadelli; il Coro Colsper - Coro Lirico Sinfonico di Parma e dell’Emilia Romagna - era istruito dal maestro Andrea Bianchi; e il Coro di Voci Bianche del Teatro Comunale di Bologna era istruito dalla maestra Alhambra Superchi.
La regia di Plamen Kartaloff, direttore del Teatro Nazionale dell’Opera e Balletto di Sofia (Bulgaria), si è avvalsa delle belle e imponenti scene, dei suggestivi costumi e degli oggetti di scena provenienti dalla Corea del Sud.
Certo il regista Kartaloff non ha faticato a disegnare una Turandot tutta nel solco della tradizione, rispettosa delle indicazioni del libretto in merito ad ambientazione, epoca e costumi. Sul fondali prevalentemente scuro di alzava un "occhio" colorato e la tinta variava a seconda degli episodi che si susseguivano, in scena nella parte centrale del palcoscenico: dentro questo "occhio" colorato sedeva l'imperatore Altoum e da là decretava (e declamava) i suoi detti.
Sulla parte destra e sinistra del proscenio prendeva posto il coro, vestito coi costumi tradizionali cinesi, rossi, e col tipico cappello di bambù a cono. Il coro a volte si ricomponeva ponendosi al centro del proscenio, per poi ritirarsi di nuovo negli angoli opposti.
Al centro della scena una costruzione rotonda e rotante rappresentava via via la piazza della "città proibita" (Pechino) o l'interno della reggia. Molto efficace e silenzioso il movimento rotante anche a scena aperta.
Il tutto organizzato con una grande meticolosità e precisione che ha trasformato lo spettacolo da narrativo a magniloquente. Una scelta estetica che ha entusiasmato il pubblico.

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Sul versante musicale, eccellente la conduzione del maestro Marcello Mottadelli sul podio dell'Orchestra Città di Ferrara: la sua concertazione è stata efficace sia per i chiaroscuri della partitura (i pianissimi e i fortissimi, così come le dinamiche intermedie) sia per i tempi staccati, di grande aiuto per l'esibizione del canto da parte di protagonisti.
Questa Turandot è andata in scena con il finale tradizionale di Franco Alfano ricavato dagli appunti lasciati da Puccini - il maestro lucchese era morto senza completare l'opera - e non c'è dubbio che, proprio qui, la musica lussureggiante e celebrativa sottolineata soprattutto dagli ottoni dell'orchestra e dal canto del Coro che si rivolge osannante all'imperatore Altoum (ma anche nelle parti d'accompagnamento del declamato e del duetto di Turandot e di Calaf), esige una dosatura equilibrata fra strumentale e canto, perché il tutto con finisca in caciara: e, anche qui, il maestro Mottadelli ha dimostrato la propria preparazione e la sua sensibilità musicale nel coordinamento fra buca e palcoscenico.

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Luci e ombre, invece, sulle prestazioni del cast: splendida la Turandot interpretata da Linda Lee con sicurezza: la sua voce è una lama d'acciaio che conquista l'ascolto del pubblico. Sempre intonata, musicalissima, in grado di superare i pieni orchestrali con il suo saldo acuto.
Meno entusiasmate invece la Liù della Kim Eunhye che fa sì le note, ma l'impressione è che non riesca a melodizzare il legato delle arie della piccola serva di Timur, per cui il suo canto non seduce. Avrà molto da lavorare per perfezionare il passaggio dalla cantante all'interprete, comunque i mezzi vocali non le mancano.
Deludente la prova del tenore Yoon Byumgkol nel ruolo di Calaf: la sua voce è parsa fin dall' inizio stanca, priva di smalto per un manifesta disomogeneità di timbro, con intonazione precaria e insicurezza negli acuti (gli è morto in gola il Si acuto finale di Nessun dorma).
Molto brave le tre maschere, senz'altro la palma della migliore prestazione va a loro e alla Lee: erano, come già detto, Leo Ang (Ping), Park Sinhae (Pang) e Choi Yosub (Pong).
Bravo anche il basso Moon Seokhoon nel ruolo di Altoum: voce calda e morbida, emissione intonata e omogeneità in tutti i registri della tessitura.
Altrettanto bene le prove di Kim Juntae (l'imperatore Altoum) e Kim Juhyeon (il Mandarino).
Eccellente il coro diretto da Andrea Bianchi e molto ben istruito anche il coro di voci bianche sotto la guida della brava Alhambra Superchi.
Il pubblico è rimasto entusiasta e ha applaudito tutto il cast anche con ovazioni al termine della rappresentazione.
(la recensione si riferisce alla recita di venerì 24 novembre 2023)

Crediti fotografici: Marco Caselli Nirmal per il Teatro Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara
Nella miniatura in alto e a destra: l'ottimo direttore Marcello Mottadelli
Al centro, in sequenza: Lilla Lee (Turandot): ancora Lilla Lee con Yoon Byungkil (Calaf); panoramica sull'allestimento.
Sotto, in sequenza: le Tre Maschere con Lella Lee e Kim Eunhye (Liù); istantanea sugli applausi finali durante l'anteprima generale riservata agli studenti





Pubblicato il 05 Novembre 2023
Ripreso in forma scenica il capolavoro di Verdi eseguito in forma di concerto in anni Covid
Ottimo Don Carlo servizio di Nicola Barsanti

20231105_Mo_00b_DonCarlo_JordiBernacer_phLucioAbadMODENA - Reduce dal grande successo riscontrato nell’esecuzione in forma di concerto (avvenuta in epoca pandemica), torna vincente sul palcoscenico del Teatro Comunale di Modena l’opera monumentale di Giuseppe Verdi: Don Carlo. Eseguita nella versione di Milano (che esclude il primo atto nella foresta di Fontainebleau), l’opera mantiene la propria ambientazione originale grazie alla meravigliosa regia storica realizzata da Joseph Franconi-Lee.
L’impianto scenico è fisso, tuttavia le quinte, unite ad appropriati elementi di arredo, suggeriscono perfettamente gli ambienti richiesti dal dramma. Di particolare pregio i costumi e le scene di Alessandro Ciammarughi, in particolare il primo quadro del terzo atto, nel quale inizia un gioco di luci (curate da Claudio Schmid) che permette di vedere da prima la facciata della cattedrale e in seguito l’interno, culminando nello splendore della scena dell’autodafé.
Il cast è ottimo. Il potente strumento posseduto da Anna Pirozzi (nei panni di Elisabetta di Valois) le consente di realizzare acuti chiarissimi, alternati a solidi e profondi accenti drammatici che emergono con massima efficacia nella difficile aria del quarto atto: “Tu che le vanità conoscenti del mondo”.

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Il Filippo II di Michele Pertusi (che ascolteremo nello stesso ruolo per l’inaugurazione della prossima prima scaligera del 7 dicembre) si contraddistingue per la raffinata emissione che arricchisce il canto con un legato e una dizione ammirevoli. Il tutto coronato da una presenza scenica tale da consentire all’autorevolezza, amarezza, solitudine e rabbia di emergere ad hoc, mostrando così tutti i lati caratteriali del personaggio.
Altra preziosa vocalità quella di Piero Pretti, il quale spicca nel ruolo del titolo per proiezione sonora e intensità drammatica, specialmente nei duetti condivisi con l’amato amico Rodrigo (Ernesto Petti, di cui si apprezzano il timbro caldo e avvolgente e le doti interpretative).
Brava anche Teresa Romano nella Principessa di Eboli, mezzosoprano dalla versatile vocalità, che (reduce dalla recente produzione di Fedora) arriva al Don Carlo concludendo una recita senza molte difficoltà, se non per un leggero vibrato sulla "Canzone del velo". Bene invece sugli acuti della sua aria finale: "Oh Don Fatale".
Validi anche i comprimari: Ramaz Chikvildaze (Il grande inquisitore), Andrea Pellegrini (Un frate) Michela Antenucci (Tebaldo, paggio di Elisabetta; e Una voce dal cielo) e Andrea Galli (Il conte di Lerma e l’araldo Leale).
Sul podio, il M° Jordi Bernàcer realizza un’orchestrazione intensa e coesa, di cui si apprezza particolarmente l’intensità conferita al preludio del quarto atto.  Unico neo:  talvolta, nei punti più concitati dello spartito, l’eccessivo volume dell’orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscani impedisce l’emersione della linea del canto. Bravo il coro Lirico di Modena, ottimamente istruito dal M° Giovanni Farina.
La serata si è conclusa fra applausi entusiasti e prolungati.

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(La recensione si riferisce alla recita di venerdì 3 novembre 2023)

Crediti fotografici: Rolando Paolo Guerzoni per il Teatro Comunale di Modena
Nella miniatura in alto: il maestro Jordi Bernàcer (foto di Lucio Abad)
Al centro in sequenza: Teresa Romano (Principessa di Eboli); Anna Pirozzi (Elisabetta di Valois) e Piero Pretti (Don Carlo); Michele Pertusi (Filippo II)
Sotto: panoramica su scene, costumi e luci





Pubblicato il 21 Ottobre 2023
Il Teatro del Giglio di Lucca ha inaugurato con l'opera pių rappresentata di Giacomo Puccini
Una Bohčme minimalista servizio di Simone Tomei

20231021_Lu_00_LaBoheme_VittoriaMagnarelloLUCCA - La Bohème di Giacomo Puccini, comunque la si voglia interpretare, è una storia di morte già dal primo atto. La spensieratezza dei quattro spiantati giovani parigini ha il sapore amaro della povertà, delle ristrettezze e di una vita vissuta tra donnine allegre e un po’ d’amor in cui l’instabilità delle relazioni e degli affetti diventa un elemento quasi distintivo.
Il Teatro del Giglio di Lucca in occasione dell’inaugurazione della stagione lirica 2023-2024 e alle porte con l’anno del centenario dalla morte del compositore cittadino, propone un allestimento della regista Cristina Muti Mazzavillani e che ha la sua genesi otto anni or sono al Ravenna Festival, col quale è stato coprodotto.
Nella sua ideazione scenica gli aspetti suddetti vengono colti appieno ed il risultato visivo volge verso colori piuttosto scuri, scenografie scarne che cedono il posto a rappresentazioni video - visual designer David Loom e video programmer Davide Broccoli - dai toni cupi e tendenzialmente decadenti anche grazie alle luci di Vincent Longuemare.
La famosa stufa del primo atto in cui si bruceranno le pagine del romanzo di Rodolfo per cercare di resistere ai morsi del gelo, cede il posto ad un piano rialzato - in cui è incastonato un braciere - che nel quarto atto diventerà il letto di morte di Mimì; ci sono inoltre due tavoli in arte povera, alcune suppellettili culinarie e poco altro. Poco fastoso anche il secondo quadro seppur contrastante con il primo almeno per i costumi; Manuela Monti li ha pensati per i protagonisti in uno stile atemporale, mentre il popolo della piazza intorno al Café Momus, risulta più vicino al sapore del tempo della vicenda.
Le interazioni tra i protagonisti sono molto funzionali alla scena e risulta un’ottima scelta quella di far vestire i panni di Parpignol ad un bravo attore senza voce Ivan Merlo facendo cantare le sue poche note ad un artista in proscenio.
La neve diventa protagonista degli ultimi due quadri ed il bianco candore nella fredda mattina parigina viene traslato con le immagini video dentro la soffitta nell’epilogo del dramma creando un unicum davvero suggestivo tra i due momenti, quasi a significare che non vi sia interruzione temporale.

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La lettura orchestrale del M° Nicola Paszkowski alla guida dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, trova la non sempre facile quadra del cerchio; gioca su sonorità mai invadenti e asseconda le voci con encomiabile cura. Il suono è nitido, i tempi sempre appropriati e sa alternare le baldanze musicali con accorati momenti introspettivi e lirici. Il terzo quadro - forse il più bello di tutta l’opera - assume colori, toni e sapori davvero unici ed ogni nota sembra ricamare con dovizia il canto dei solisti.
Seguendo l’ordine del libretto inizio la disamina delle voci proprio dalla principale figura femminile: Mimì. Vittoria Magnarello al momento non ha nulla del personaggio almeno sotto il profilo vocale. La sua emissione è anodina, la linea di canto poco curata e si percepisce che il ruolo non è ancora completamente nelle sue corde; manca ancora esperienza e, forse, un maggior perfezionamento vocale per raggiungere un risultato per lo meno accettabile. Inoltre la scelta della regista di comunicare al pubblico, durante gli applausi, che il giovane soprano era la seconda volta che saliva sul palcoscenico, mi è sembrata più una excusatio non petita che un elogio all’artista.
Meglio Alessia Pintossi nel ruolo della frizzante Musetta; non le mancano certo verve e spigliatezza ed il canto è piuttosto ben curato e preciso.
Nei panni di Rodolfo il tenore Adolfo Scotto di Luzio mette in luce un timbro di ottima fattura e buone intenzioni interpretative ma nonostante un fraseggio ben cesellato ed un buon nitore vocale, sono emersi talvolta alcuni momenti di fatica nell’acuto dell’aria "Che gelida manina" e nel terzo atto alla fine del grande duetto.
Un Marcello di pregevole lignaggio quello di Alessio Arduini dotato di ottimo squillo e facilità nel gestire il suo rigo musicale; accanto a questo si è potuta ammirare una spigliata prestanza scenica.
Ben a fuoco anche gli altri due compagni di soffitta; lo Schaunard di Clemente Antonio Dallotti interagisce con sicurezza nelle frasi a lui attribuite e Luca Dall’Amico è un Colline talvolta ilare e ironico, ma sa commuovere nell’aria "Vecchia Zimarra".
Fabio Baruzzi è un Benoit molto caratterizzato anche per una “muta” vocale che lo rende ancora più grottesco e ridicolo.
Graziano Dalla Valle vesti i panni di un Alcindoro piuttosto buffo, ma non macchiettistico e conclude rassegnato il secondo quadro seduto con aria sconsolata. Interpreta altresì egregiamente il ruolo di Sergente dei doganieri.
Ottimo l’apporto del coro del Teatro Municipale di Piacenza preparato e diretto dal M° Corrado Casati come pure quello delle voci bianche del Teatro del Giglio e della Cappella Santa Cecilia sotto la guida del M° Lorenzo Corsaro.

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Di grande effetto la Filarmonica "Giacomo Puccini" di Nozzano (Lucca) diretta dal M° Nicola D’Arrigo a suggellare la ritirata alla fine del secondo quadro.
Applausi incondizionati per tutti al termine della recita da parte di un pubblico piuttosto folto.
(La recensione si riferisce alla serata di venerdì 20 ottobre 2023)

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Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro del Giglio di Lucca
Nella miniatura in alto: la protagonista Vittoria Magnarello (Mimì)
Al centro in sequenza: l'attore e mimo Ivan Merlo (Parpignol); Vittoria Magnarello con Adolfo Scotto di Luzio (Rodolfo); ancora Vittoria Magnarello nel secondo quadro; scena della soffitta dal primo quadro
Sotto in sequenza: i "monelli" della Bohème; Alessia Pintossi (Musetta) e Alessio Arduini (Marcello);
ancora Vittoria Magnarello con Adolfo Scotto di Luzio nel quarto quadro
In fondo: i saluti finali di tutto il cast





Pubblicato il 16 Ottobre 2023
Confermata la sapienza teatrale e storico-evocativa di un regista quale Pier Luigi Pizzi
I Lombardi alla prima crociata servizio di Angela Bosetto e Nicola Barsanti

20231016_Pr_00_ILombardiAllaPrimaCrociata_MichelePertusi_phRobertoRicciPARMA - Nell’ottica di uno spettatore contemporaneo, I Lombardi alla prima crociata è (insieme alla sua versione francese, Jérusalem) il titolo verdiano forse più problematico da mettere in scena, dal momento che è impossibile ignorare due dati chiave: la nostra concezione delle Crociate è radicalmente cambiata (per quanto il libretto di Temistocle Solera offra alcune riflessioni in anticipo sui tempi) e Gerusalemme, città sacra per ebrei, cristiani e musulmani, continua a essere al centro di un conflitto insanabile, che si è da poco riacceso con ferocia sanguinaria.

20231016_Pr_04_ILombardiAllaPrimaCrociata_FrancescoLanzillottaNon stupisce quindi che l’allestimento della quarta opera di Giuseppe Verdi (designata dal Teatro Regio di Parma quale apertura e chiusura del Festival Verdi 2023) sia stato affidato all’inossidabile Pier Luigi Pizzi (autore di regia, scene, costumi e video), uno di quei nomi volti a garantire il classico spettacolo capace di accontentare più o meno tutti: né troppo all’avanguardia per i puristi (simbolismi immediati, proiezioni basilari, niente che possa essere etichettato come volgare o provocatorio), né troppo polveroso per i progressisti, dai costumi all’insegna del minimalismo all’impianto scenico con richiami all’arte contemporanea (Lucio Fontana in primis), senza tralasciare una certa vocazione all’astrazione simbolica. Insomma nulla per cui indignarsi (semmai si può chiedere se l’apparizione della Madonna in CGI sia effettivamente efficace oppure interrogare sul finale, in cui tutti smettono miracolosamente di soffrire per scambiare gesti di pace), ma nemmeno per cui esaltarsi (la ripetitività del mestiere è dietro l’angolo). Tuttavia, date le ragioni accennate all’inizio, la scelta di Pizzi (che, in un allestimento giocato tutto sul contrasto fra bianco e nero, riserva i pochi colori ai musulmani) è ben comprensibile.
Se nella sua visione Giselda viene presentata quasi come un’entità ieratica e aliena, Lidia Fridman (dotata di una voce assai peculiare e di un’indubbia teatralità) si vota a una caratterizzazione grintosa e militaresca, offrendo una performance che sembra più giocata nell’ottica di una futura Abigaille (se non all’ombra della recente Lady Macbeth) piuttosto che al servizio di un personaggio che dovrebbe emergere maggiormente nella dolcezza e nell’abbandono del belcanto.
Una certezza il Pagano di Michele Pertusi, al quale neppure un recente infortunio impedisce di sfoderare la consueta autorevolezza, arricchita da tutte quelle intense sfumature interpretative a cui il basso parmigiano ci ha generosamente abituato.
Spetta invece ad Antonio Corianò incarnare Arvino, che è sì il fratello “buono”, ma obbliga a un impegno scenico quasi costante senza nemmeno la gratificazione di un’aria solista memorabile: un compito che il tenore assolve con sicurezza e in onore all’austera nobiltà del ruolo.

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Complice una lucente esecuzione della celebre cavatina “La mia letizia infondere”, Antonio Poli si fa apprezzare da subito quale Oronte lirico e realmente innamorato.
Molto positiva anche la prova di Giulia Mazzola nei panni della contesa Viclinda, così come si fanno valere Luca Dall’Amico (insinuante Pirro) e Lorenzo Mazzucchelli (vigoroso Acciano). Dalle fila dell’Accademia Verdiana provengono, invece, i promettenti Galina Ovchinnikova (Sofia) e Zizhao Chen (Priore).
Non al massimo delle sue potenzialità il Coro del Teatro Regio (preparato dal M° Martino Faggiani), che, talvolta, fatica a risaltare come dovrebbe nelle parti più concitate dello spartito, complice una probabile stanchezza di fine festival.
Ottime, invece, le prestazioni della Filarmonica Arturo Toscanini, dell’Orchestra Giovanile della Via Emilia e dei solisti strumentali (su tutti la violinista Mihaela Costea, che esegue il proprio prezioso assolo sul palco), guidati con rigore ed eleganza da Francesco Lanzillotta. Nonostante le limitazioni fisiche dovute all’incidente dello scorso agosto, il Maestro si conferma una bacchetta sapiente e accorta, tanto al pieno servizio del canto quanto in grado di far emergere le parti sinfoniche dei Lombardi. Successo vivissimo di pubblico per tutti, in attesa di ritrovarsi al prossimo Festival Verdi per tornare a celebrare insieme il Cigno di Busseto.
(La recensione si riferisce all'ultima replica dei "Lombardi" in scena domenica 15 ottobre 2023)

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Crediti fotografici: Roberto Ricci per il Festival Verdi 2023 - Teatro Regio di Parma
Nella miniatura in alto: il basso Michele Pertusi (Pagano) ottimo interprete in tutte le recite
Sotto a destra: il maestro Francesco Lanzillotta
Al centro e sotto in sequenza: splendide panoramiche su scene, costumi e luci di I Lombardi alla prima crociata nell'allestimento del Festival Verdi 2023





Pubblicato il 09 Ottobre 2023
L'opera di Umberto Giordano applaudita meritatamente al Municipale di Piacenza
Una Fedora di gran lusso servizio di Simone Tomei

20231009_Pc_00_Fedora_AldoSisilloPIACENZA - Umberto Giordano rimase folgorato sia da Victorien Sardou - drammaturgo francese -  sia da Sarah Bernhardt quando nel 1889 ebbe modo di assistere al Teatro Bellini di Napoli alla rappresentazione di "Fedora". Alla richiesta di Giordano al commediografo francese di poter musicare il suo capolavoro, la risposta sembra sia stata «Si vedrà poi...» in quanto il musicista non aveva ancora dato sufficiente prova del suo valore musicale. L’ Andrea Chénier del 1897 fu il lasciapassare che convinse Sardou ad accettare la proposta e fu così che nacque quella sinergia perfetta tra musica e trama: un capolavoro. Anche se oggi l'opera Fedora, purtroppo, non è un titolo di repertorio, ebbe fortuna sin dalla prima rappresentazione; l’interprete principale fu Enrico Caruso che bissò la famosa romanza "Amor ti vieta". Esportata all’estero ebbe tra gli estimatori musicisti di spicco come Massenet e Saint-Saens nonché, diretta da Malher a Vienna, ebbe un notevole successo.
Grazie al Teatro Municipale di Piacenza abbiamo potuto godere in cartellone di questo capolavoro di fine ‘800 che ha avuto la fortuna di poter prendere vita con un cast di grande livello ed una regia di gran classe.
Proprio da questo aspetto vorrei partire perché anche questa volta Pier Luigi Pizzi - curatore di regia, scene e costumi - ha creato una piccola chicca di notevole finezza trovando elementi innovativi, senza rinunciare al buon gusto e all’eleganza che lo caratterizza. La scena è pulita e le scenografie, scarne di oggetti, prendono vita grazie a proiezioni sullo sfondo che immortalano i luoghi dell’azione; lo stile in tutti gli atti è quello della belle époque, ma senza eccessi: misurato, accogliente, elegante facendo sì che l’esigenza del lusso in una dannata storia d’amore possa amalgamarsi col clima investigativo e poliziesco senza creare squilibri di sorta.

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Sostituisce i “ninnoli deliziosi” con un “Kandinskij coraggioso”; il riferimento al pittore russo  - di cui un’opera appare sulla scena del primo atto - è preso a spunto per traslare i fatti nel periodo della rivoluzione russa, lasciando al contempo inalterata la drammaturgia del librettista Arturo Colautti; agli artisti sembra lasciata molta libertà nei movimenti che assecondano le esigenze sceniche nella maniera più efficace per la resa drammaturgica.
Teresa Romano è un’appassionata artista nel ruolo eponimo; il mezzosoprano vanta una gamma di suoni perlacei nella zona centrale, ma non teme le impervie salite in acuto con un’emissione salda e omogenea. Il piglio è da vera pasionaria pronta a tutto per esaudire i suoi propositi di vendetta, ma si fa dolce e sensuale quando emergono i sentimenti per l’amato.
Il Conte Loris Ipanov di Luciano Ganci si distingue per luminosità del timbro e nitida dizione; la parola è perfettamente intellegibile, gli acuti sono ben piazzati ed un suadente legato imperla l’aria più famosa del melodramma - "Amor ti vieta" - con la quale strappa un lungo applauso al pubblico.
Nonostante l’annuncio di un’indisposizione, nulla si è tradotto in mende sulla scena per il baritono Simone Piazzola - De Siriex - anzi. Ha cantato divinamente bene con voce tonante distinguendosi per nitore e volume nell’impervia aria "La donna russa" che porta in sé le goliardie di profumo quasi rossiniano, ma non dà tregua per impegno vocale e scenico. Elegiaco anche il duetto del terzo atto dove il tono e le intenzioni assumono una valenza drammatica.
Elegante, sensuale e sciocchina al punto giusto la Contessa Olga Sukarev di Yuliya Tkachenko; diverte e si diverte nel ruolo e canta molto bene la parte regalando perle musicali ad ogni nota emessa.
Di pregio tutto il resto del cast che completa un quadro di assoluto piacere visivo ed uditivo: Vittoria Vimercati (Dimitri), Isabella Gilli (Un piccolo Savoiardo), Paolo Lardizzone (Desiré), Saverio Pugliese (Il Barone Rouvel), William Corrò (Cirillo), Gianluca Failla (Borov), Viktor Shevchenko (Gretch), Valentino Salvini (Lorek), Neven Stipanov (Nicola), Lorenzo Sivelli (Sergio), Giovanni Dragano (Michele) e il pianista Ivan Maliboshka (Boleslao Lazinski).

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Il M° Aldo Sisillo alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana infonde quel carattere e quei sentimenti di “donne sull’orlo di una crisi di nervi” - emozioni che saranno il leitmotiv delle grandi femmes fatales dei primi anni del cinema - sin dalle prime note del breve preludio. La partitura scorre e si attaglia perfettamente a quanto accade pochi metri sopra, e l’agogica ne evidenzia ogni minuscola caratteristica esaltandone lo stile solido e compatto.
Ottimo anche il Coro del Teatro Municipale di Piacenza preparato e diretto dal M° Corrado Casati.
Il pubblico esce entusiasta e ne sono prova i lunghi applausi al termine della rappresentazione con un encomio particolare al regista ed alla sua squadra composta da Massimo Gasparon (regista collaboratore e luci), Serena Rocco (assistente alle scene); Lorena Marin (assistente ai costumi) e Matteo Letizi videomaker e autore delle suggestive proiezioni.
(La recensione si riferisce alla recita dell’8 ottobre 2023)

Crediti fotografici: Gianni Cravedi per il Teatro Municipale di Piacenza
Nella miniatura in alto: il direttore Aldo Sisillo
Sotto, in sequenza: panoramiche su scene costumi e luci della Fedora piacentina





Pubblicato il 08 Ottobre 2023
Succeso al Festival Verdi per di Parma per la messa in scena della 'prima crociata'
Lombardi coinvolgenti con bella regia servizio di Simone Tomei

_20231008_Pr_00_LombardiAllaPrimaCrociata_MichelePertusiPARMA - Bianco e nero sono due facce della stessa medaglia e ne assumono  significati antitetici: bene e male, buoni e cattivi, vincitori e vinti e così via... È in questo modo che il regista Pier Luigi Pizzi - curatore di regia, scene, costumi e video - ha inteso mettere in scena al Festival Verdi di Parma I Lombardi alla prima crociata, opera giovanile di Giuseppe Verdi. Una rappresentazione lineare, didascalica, aiutata da immagini sullo sfondo e con un palcoscenico scarno di attrezzeria, ma sicuramente suggestivo. Tutto è illustrato attraverso realistiche proiezioni sullo sfondo che ci fanno navigare con la mente dalle terre lombarde a quelle di Antiochia. Uno stile inconfondibile - quello di Pizzi - che si trova qui rinnovato con i nuovi strumenti messi a disposizione dalla tecnologia e che traduce il dramma verdiano in una narrazione nitida, semplice e soprattutto molto comprensibile. Folgoranti le luci di Massimo Gasparon ed efficaci le coreografie di Marco Berrel.
Un bel coup de théâtre del regista è stato quello di far salire sul palcoscenico alcuni musicisti coi loro strumenti: in primis la grande Mihaela Costea che con il suo violino suona divinamente il preludio che fa da chiosa al terzo atto; ma non si ferma qui perché anche un clarinetto ed un flauto accompagnano con eleganza e maestria la preghiera di Giselda nel primo atto, come pure l’arpa che imperla la scena della visione nell’atto finale. Piccoli, ma efficaci cammei, che aiutano lo spettatore ad afferrare ancora più con mano, e direi anche con il cuore, una partitura che per dirla con Gino Monaldi: «… si potrebbe con un'ardita immagine paragonare ad una poderosa cascata d'acqua, framezzo a rocce ed ostacoli d'ogni sorta, per modo che l'onda si veda a momenti irrompere, a momenti nascondersi, non mai scorrere fluente e chiara

_20231008_Pr_01_LombardiAllaPrimaCrociata_MihaelaCostea_20231008_Pr_02_LombardiAllaPrimaCrociata_LidiaFridman_20231008_Pr_03_LombardiAllaPrimaCrociata_MichelePertusi20231008_Pr_12_LombardiAllaPrimaCrociata_LucaDallAmico

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Non è certo una composizione nitida e perfetta come altri capolavori di Giuseppe Verdi, ma contiene al suo interno note di sperimentalismo musicale che vanno alla ricerca di una propria drammaturgia, al di là del testo letterario, con scorci strumentali originali.
Come dice il M° Francesco Lanzillotta nelle sue note di direzione: «… una partitura, eseguita nella sua edizione critica, di estrema attualità; una partitura in cui i personaggi coinvolti nelle lotte fratricide e gli elementi collettivi sociali innescano meccanismi di discussione e riflessione estremamente contemporanei - e inoltre - … Lombardi è soprattutto teatro in cui ragionare, riflettere, porsi delle domande e trovare delle risposte
In questo ci ha aiutato il regista che nella scena finale dopo la conquista di Gerusalemme fa apparire sul palcoscenico - da lati opposti - due bambini che si abbracciano in segno di pace. Un gesto che potrebbe essere letto come un elemento un po' lezioso, ma visto quello che stiamo vivendo in questo momento storico, il risultato è  stato - a mio avviso - di forte impatto emotivo.
Analizzando la lettura del M° Lanzillotta non possiamo non notare uno slancio vitale e fluido; la partitura scorre, le note si susseguono in un vortice serrato, ma trovano pace nei momenti più lirici e solenni.
L’interazione con il palcoscenico è ben curata e l’agogica tende sempre a valorizzare le novità timbriche e un andamento che non perde mai in espressività, anzi, la valorizza e la esalta con tempi sempre appropriati sottolineando con soave fluidità i momenti introspettivi “versus” l’affannarsi violento dei momenti più baldanzosi.
Lidia Fridman affronta l’impervio ruolo di Giselda; il suo approccio è senza dubbio magnetico da un punto di vista scenico. Non le manca certo il physique du rôle, ma la vocalità non è risultata sempre centrata; il fraseggio manca ancora della cura necessaria talvolta, per un’eccessiva spinta nell’emissione che ha penalizzato in alcuni frangenti la fluidità nel porgere le frasi. Si nota senza dubbio una buona tecnica che ha regalato momenti di assoluta poesia, ma il risultato complessivo non potrà che essere migliorato grazie anche alle doti di madre natura che non mancano.
Il Pagano di Michele Pertusi - deus ex machina della drammaturgia - è stato una lezione di stile ineccepibile. Nonostante un infortunio in scena durante il primo atto, ha proseguito la recita seduto in un lato del palcoscenico non inficiando affatto il resto della serata. Ha saputo conferire al personaggio le molteplici sfaccettature emotive che lo caratterizzano con eleganza nell’emissione, offrendo sempre un onorato servizio alla parola scenica.
Il timbro sublime di Antonio Corianò infonde beatitudine al personaggio di Arvino; il canto è saldo, gli acuti ben piazzati ed ogni suono è sempre ben calibrato e a fuoco.
L’altro tenore Antonino Poli impegnato nel ruolo di Oronte si differenzia dal primo per timbrica e proprio questa differenza diventa un valore aggiunto all’interno della serata; anche qui si è potuto ammirare un’emissione salda e ben proiettata, eleganza nel fraseggio e sicurezza nelle note più impervie.
Ottimi tutti i personaggi di fianco: Giulia Mazzola (Viclinda), Luca Dall’Amico (Pirro), William Corrò (Acciano) e gli allievi dell’Accademia Verdiana Zizhao Chen (Un Priore) e Galina Ovchinnikova (Sofia).

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Il Coro del Teatro Regio di Parma preparato e diretto dal M° Martino Faggiani è stato l’altro protagonista della composizione verdiana; varietà di colori, precisa intonazione e ottima interazione con orchestra e solisti sono solo alcune delle caratteristiche di una serata da spolvero.
Il pubblico entusiasta ha espresso con calore il suo “contento” tributando applausi entusiasti per tutti.
(La recensione si riferisce alla recita del 7 ottobre 2023)

Crediti fotografici: Roberto Ricci per il Festival Verdi - Teatro Regio di Parma
Nella miniatura in alto: Michele Pertusi (Pagano)
Al centro in sequenza: la violinista Mihaela Costea in scena; Lidia Fridman (Giselda); Michele Pertusi; William Corrò (Acciano); Luca Dall'Amico (Pirro); Galina Ovchinnikova (Sofia) e Antonino Poli (Oronte); Lidia Fridman e Antonino Poli; Giulia Mazzola (Viclinda); Zizhao Chen (Un Priore); Antonio Corianò (Arvino) e Lidia Fridman; Sotto: Lidia Fridman, Michele Pertusi e Antonio Corianò





Pubblicato il 26 Settembre 2023
L'opera pių complessa della trilogia romantica di Verdi delude pubblico e critica
Trovatore non al top servizio di Nicola Barsanti

20230926_Pr_00_IlTrovatore_RiccardoMassi_phRobertoRicciPARMA - L’ennesima distorsione di uno dei massimi capolavori del Cigno di Busseto che in quest’occasione vede la prima rappresentazione di Il Trovatore nell’ambito del XXIII Festival Verdi di Parma potrebbe essere riassunta con due sentimenti: amarezza e delusione.
Se l’amarezza è dovuta ad una rappresentazione che stravolge e distorce  completamente l’intenzione del libretto, la delusione è invece rivolta ad un cast che salvo poche eccezioni, di cui parleremo a breve, non è stato in grado di rendere giustizia a quella che è la drammaticità e la resa strettamente vocale dei personaggi.
Ricordiamo a questo proposito l’assenza del baritono Marcus Werba e del soprano Eleonora Buratto originariamente designati per questa produzione.
L’impressione generale dopo la recita di questo Trovatore è che il regista Davide Livermore insieme alla sua squadra abbia fatto da scudo ad un cast e ad una direzione musicale complessivamente mediocri, che nonostante ciò è giunta a termine senza molte (o apparenti) difficoltà.
Le scene realizzate da Giò Forma hanno contribuito ad implementare l’alta entropia di questa regia collocata in ambienti industriali, asettici e atemporali che non solo distraggono dall’ascolto ma confondono coloro che approcciandosi all’opera per la prima volta non sono in grado di cogliere tutta quella serie di trasposizioni e differenze apportate rispetto alla trama e alle vicende originale, rendendo   così il teatro un’ambiente ancora più elitario e strettamente rivolto agli “intenditori” e a quei pochi appassionati rimasti.
Modernizzare è più che lecito, seppur fatto con raziocinio e nel rispetto di ciò che è scritto.

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Venendo al cast è da sottolineare la bravura del basso Roberto Tagliavini nel ruolo di Ferrando, il quale colpisce da subito con la sua spiccata vocalità contraddistinta da un’ottima dizione.
Altra perla vede la bravissima Azucena di Clementine Margaine, la quale si dimostra un’interprete raffinata in grado di effettuare degli accenti drammatici tali da rendere ancora più viva la sua ottima interpretazione scenica. Peccato per l’unico evidente errore dovuto ad uno sbandamento di ritmo nel duetto del secondo atto con Manrico “Mal reggendo”  proprio quando dice “Sino all’elsa questa lama”, salvata, tuttavia, dalla prontezza del direttore.
La Leonora di Francesca Dotto (che si esibisce nell’edizione critica) è penalizzata da un’emissione debole che nonostante lo sforzo non le consente di emergere nei terzetti e nei concertati là dove la tessitura orchestrale si fa più intensa. Ciò nonostante si difende nelle due aire principe, seppur non esule da piccole imperfezioni riguardanti i filati.
Il Conte di Luna di Franco Vassallo risulta inadeguato se non sguaiato, sopratutto nel terzetto del primo atto e nelle parti più focose dello sparito, quando il cantante assumeo un atteggiamento eccessivo che incide negativamente sull’emissione vocale di un bravo baritono non all’ottimo delle sue potenzialità.
Bene, seppur senza lode, per il tenore Riccardo Massi nel ruolo di Manrico, la cui generosità vocale e la buona proiezione sonora gli consentono di emergere sia nei duetti che nei terzetti, ma anche nelle parti solistiche. Di minor pregio invece l’interpretazione scenica.
Una buona promessa vede l’allieva dell’Accademia Verdiana Carmela Lopez nel ruolo di Ines, completano il cast il Ruiz di Didier Pieri, Un Messo di Enrico Picinni Leopardi e Un vecchio zingaro di Sandro Pucci.
L’orchestrazione, affidata alla bacchetta del M° Francesco Ivan Ciampa risulta, e dispiace dirlo, eccessivamente sguaiata, spingendo l’orchestra del Comunale di Bologna a raggiungere un volume tale da coprire i solisti e l’esempio più lampante è stato nel terzetto del primo atto.
Bene, invece, per il coro, anch’esso del Comunale di Bologna istruito dal bravo M° Gea Garatti Ansini.

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La serata si conclude con la vigorosa risposta negativa del loggione e con applausi moderati dal resto del teatro, una risposta tuttavia “educata” e decisamente contenuta rispetto a quella cui avremmo assistito ad una prima rappresentazione del Teatro Regio di Parma di qualche anno fa.
(La recensione si riferisce alla prima di "Il Trovatore" di domenica 24 Settembre 2023)

Crediti fotografici: Roberto Ricci per il Festival Verdi 2023 - Teatro Regio di Parma
Nella miniatura in alto: il tenore Riccardo Massi (Manrico)
Sotto, in sequenza: panoramiche su allestimento costumi e luci






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Parliamone
Abbiamo la Turandot dei prossimi 20 anni
intervento di Athos Tromboni FREE

20230916_Spoleto_00_Turandot_phRiccardoSpinellaSPOLETO – Il Teatro Lirico Sperimentale “A.Belli” ha messo in scena la Turandot di Giacomo Puccini come ultima opera della sua stagione lirica. Due le note salienti da mettere in rilievo: la prima, che l’allestimento ha scelto il finale di Luciano Berio rispetto a quello tradizionale di Franco Alfano; e la seconda, che nel ruolo della Principessa di Ghiaccio - la sera del 15 settembre al Teatro Nuovo - ha cantato la giovane Suada Gjergji e con essa il mondo del melodramma ha trovato la Turandot dei prossimi 15 – 20 anni, poi diremo perché.
Ma partiamo dalla prima nota saliente: il finale di Berio. È talmente bello musicalmente che meriterebbe di essere “espunto” dall’opera per costituire un brano a sé, di Puccini-Berio se proprio lo si dovesse cointestare. Fior di musicologi hanno spiegato e scritto perché Berio abbia rispettato più di Alfano gli appunti lasciati da Puccini morto prima di concludere l’opera.
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VideoCopertina
La Euyo prende residenza a Ferrara e Roma

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Opera dal Centro-Nord
La Turandot viene dall'oriente
servizio di Athos Tromboni FREE

20231127_Fe_00_Turandot_MarcelloMottadelli_phMarcoCaselliNirmalFERRARA - La nuova Stagione d’Opera e Balletto del Teatro Comunale "Claudio Abbado" si è inaugurata con la messa in scena della Turandot di Giacomo Puccini, coproduzione tra la coreana Daegu Opera House e la Fondazione Teatro Comunale di Ferrara. Tutto esaurito, sia per la "prima" che nella replica della domenica
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Opera dall Estero
La donna senz'ombra
servizio di Ramón Jacques FREE

20231113_Lyon_00_DieFrauOhneSchatten_SaraJakubiak_phBertrandStoflethLYON (Francia) - 25 ottobre 2023 Opera de Lyon. Nel 1911, otto anni prima della première dell’opera, Hugo von Hofmannsthal mostrò a Richard Strauss i primi schizzi di quello che sarebbe stato il libretto della sua nuova opera. Il lavoro creativo svolto tra il librettista e il compositore, iniziato alla fine del 1913 e conclusosi nell'agosto del 1916
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Opera dal Nord-Est
Des Grieux non dā l'acqua a Manon
servizio di Rossana Poletti FREE

20231106_Ts_00_ManonLescaut_LanaKos_phFabioParenzanTRIESTE - Teatro Verdi. La Manon Lescaut di Giacomo Puccini, in scena in questi giorni al Teatro Verdi di Trieste, avrebbe potuto essere rappresentata come concerto sinfonico, togliendo cantanti, coro, comparse e tenendo solo la musica. A ragione si afferma da parte degli autorevoli critici musicali che questa è un’opera “sinfonica”
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Vocale
Bella Betulia Liberata
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20231105_Ge_00_BetuliaLiberata_DiegoFasolisGENOVA - Un nuovo appassionante concerto per la stagione sinfonica del Teatro Carlo Felice di Genova - all’interno del ciclo “Mozart l’italiano - ha visto l’esecuzione dell’oratorio sacro in due parti La Betulia liberata K.118  di Wolfgang Amadeus Mozart. La commissione di questo lavoro avvenne a Padova dove Mozart fece sosta dopo il successo di Mitridate
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Ottimo Don Carlo
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20231105_Mo_00b_DonCarlo_JordiBernacer_phLucioAbadMODENA - Reduce dal grande successo riscontrato nell’esecuzione in forma di concerto (avvenuta in epoca pandemica), torna vincente sul palcoscenico del Teatro Comunale di Modena l’opera monumentale di Giuseppe Verdi: Don Carlo. Eseguita nella versione di Milano (che esclude il primo atto nella foresta di Fontainebleau), l’opera mantiene
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Celebrando Corelli si lanciano i giovani
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20231101_00_ForteMarmi_KreionPerFrancoCorelliFORTE DEI MARMI (LU) – Premetto che questo scritto non è una recensione bensì il semplice resoconto di un pomeriggio musicale che si è tenuto a Forte dei Marmi nella splendida cornice del Giardino d’inverno di Villa Bertelli. L’Associazione Kreion Versilia di cui sono vice presidente ha organizzato domenica 29 ottobre 2023 - all’interno della sua
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Una Bohčme minimalista
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20231021_Lu_00_LaBoheme_VittoriaMagnarelloLUCCA - La Bohème di Giacomo Puccini, comunque la si voglia interpretare, è una storia di morte già dal primo atto. La spensieratezza dei quattro spiantati giovani parigini ha il sapore amaro della povertà, delle ristrettezze e di una vita vissuta tra donnine allegre e un po’ d’amor in cui l’instabilità delle relazioni e degli affetti diventa un elemento
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Opera dal Nord-Ovest
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202317_Ge_00_AMidsummerNightSDream_SydneyMancasolaGENOVA - Il Teatro Carlo Felice ha inaugurato la stagione lirica 2023-2024 con il capolavoro di Benjamin Britten scritto nel 1960 con la collaborazione del librettista e suo compagno di vita Peter Pears tratto dall’omonima commedia shakesperiana: A Midsummer Night’s Dream. Non è sicuramente il primo compositore a tradurre in musica quel
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I Lombardi alla prima crociata
servizio di Angela Bosetto e Nicola Barsanti FREE

20231016_Pr_00_ILombardiAllaPrimaCrociata_MichelePertusi_phRobertoRicciPARMA - Nell’ottica di uno spettatore contemporaneo, I Lombardi alla prima crociata è (insieme alla sua versione francese, Jérusalem) il titolo verdiano forse più problematico da mettere in scena, dal momento che è impossibile ignorare due dati chiave: la nostra concezione delle Crociate è radicalmente cambiata (per quanto il libretto di Temistocle
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La Creazione dello stupore
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20231015_Ge_00_LaCreazione_RiccardoMinasiGENOVA - La creazione del mondo attraverso la musica: ecco l’idea di Franz Joseph Haydn di mettere nero su bianco sullo spartito musicale il monumentale capolavoro Die Schöpfung (La Creazione).  È così che ha preso il via la stagione sinfonica del Teatro Carlo Felice di Genova con un concerto inaugurale dal quale sono uscito mentalmente e
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Una Fedora di gran lusso
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20231009_Pc_00_Fedora_AldoSisilloPIACENZA - Umberto Giordano rimase folgorato sia da Victorien Sardou - drammaturgo francese -  sia da Sarah Bernhardt quando nel 1889 ebbe modo di assistere al Teatro Bellini di Napoli alla rappresentazione di "Fedora". Alla richiesta di Giordano al commediografo francese di poter musicare il suo capolavoro, la risposta sembra sia stata «Si
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nota di Gianluca La Villa FREE

20231009_To_00_ArchosQuartet_AlfredoDAmbrosioTORINO - Infine giunse a Torino, nella bella sala ricca di spettatori di Palazzo Barolo, domenica 8 ottobre 2023 alle 17, il debutto torinese sia del Quartetto Archos sia della bella pagina di Alfredo D'Ambrosio per il suo Quartetto in Do minore op.42: un debutto in Italia, può dirsi, per questo Quartetto op.42 dato che la sua ultima esecuzione
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_20231008_Pr_00_LombardiAllaPrimaCrociata_MichelePertusiPARMA - Bianco e nero sono due facce della stessa medaglia e ne assumono  significati antitetici: bene e male, buoni e cattivi, vincitori e vinti e così via... È in questo modo che il regista Pier Luigi Pizzi - curatore di regia, scene, costumi e video - ha inteso mettere in scena al Festival Verdi di Parma I Lombardi alla prima crociata, opera giovanile
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Commovente Nabucco a Fidenza
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20231007_Fidenza_00_Nabucco_GiampaoloBisantiFIDENZA (Pr) - Anche quest’anno il Festival Verdi esce dalle mura storiche del Teatro Regio di Parma e sposta alcune delle produzioni nei Comuni limitrofi della città nell’intento di coinvolgere altre realtà monumentali come il Teatro Magnani di Fidenza, un piccolo gioiello incastonato nella cittadina parmense che, nonostante l’esigua capienza, vanta
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Trovatore non al top
servizio di Nicola Barsanti FREE

20230926_Pr_00_IlTrovatore_RiccardoMassi_phRobertoRicciPARMA - L’ennesima distorsione di uno dei massimi capolavori del Cigno di Busseto che in quest’occasione vede la prima rappresentazione di Il Trovatore nell’ambito del XXIII Festival Verdi di Parma potrebbe essere riassunta con due sentimenti: amarezza e delusione.
Se l’amarezza è dovuta ad una rappresentazione
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Il Torrione del jazz riparte
servizio di Athos Tromboni FREE

20230925_Fe_00_JazzClubFerrara_MarcoGulinelliFERRARA -  La 25.ma edizione della stagione del Jazz Club Ferrara si aprirà nel Torrione San Giovanni di Corso Porta Mare 112 venerdì 6 ottobre 2023 e si protrarrà fino al 30 aprile 2024. Oggi è stato reso noto dal presidente Federico D’Anneo e dal direttore artistico Francesco Bettini alla presenza dell’assessore alla Cultura del Comune di Ferrara, Marco Gulinelli
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Classica
Ottime voci per il Verdi sacro
servizio di Nicola Barsanti FREE

20230925_Pr_00_VerdiRequiem_OksanaLyniv_phRobertoRicciPARMA - Terrore e dubbio: i caratteri salienti della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi.
La direzione di questo capolavoro sinfonico-corale è affidata al direttore ucraino Oksana Lyniv che nella prima parte, fino al terzetto Quid sum miser  trasmette ad hoc l’intensità drammatica della partitura, mentre assume un carattere meno intenso e quasi
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Jazz Pop Rock Etno
Ares Tavolazzi riceve il premio Tutte le Direzioni
redatto da Athos Tromboni FREE

20230923_Fe_00_TutteLeDirezioni_AresTavolazziVIGARANO MAINARDA (FE) - «Seduto in quel caffè io non pensavo a te e tutta la città…» è una parafrasi in questo caso; ma qui, questa, che è una delle più belle canzoni di Lucio Battisti e Mogol ci può stare, perché proprio il 29 settembre torna al Ristorante Spirito di Vigarano Mainarda la grande musica dal vivo: prende il via infatti la nuova stagione di
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Vocale
Ottimo recital di Lise Davidsen
servizio di Ramón Jacques FREE

20230920_00_LosAngeles_LiseDavidsen_phBenGibbsSANTA MONICA, California 17 settembre 2023 - Il giovane soprano norvegese Lise Davidsen ha debuttato a Los Angeles sul palco del Teatro Broadstage, situato nel sobborgo  di Santa Monica, il cui ciclo intitolato 'Celebrity Opera Recital Series' si è consolidato negli anni come tappa imprescindibile, quasi obbligata, per la presentazione,
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Pagina Aperta
La ricca stagione del Bonci
redatto da Edoardo Farina FREE

20230910_Cesena_00_TeatroBonci_ValterMalostiCESENA - Conferenza stampa del Teatro Comunale “Alessandro Bonci“ in data 7 settembre 2023: è stata definita la programmazione della stagione invernale 2023/2024 caratterizzata da un’ ampia scelta intesa come luogo di confronto, esplorazione e dialogo, ovvero filtro e racconto del nostro vivere, offrendo ancora una volta una visione
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Opera dal Nord-Est
Tre donne tre stelle: Pirozzi, Grigorian, Stikhina
servizio di Simone Tomei FREE

VERONA - Ho frequentato il Festival "Arena 100" della città scaligera solo verso il concludersi della stagione estiva 2023. Sono arrivato a Verona agli inizi di settembre ed in questo scritto vi do conto delle mie tre serate areniane.
20230905a_Vr_02_Tosca_AnnaPirozzi_EnneviFotoTOSCA – Venerdì 1 settembre 2023
Il consueto allestimento del regista Hugo de Ana
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Eventi
Interno Verde Danza al via
redatto da Athos Tromboni FREE

20230901_Fe_00_InternoVerdeDanza_LogoFERRARA - Venerdì 8 settembre 2023 è il giorno dell’inaugurazione con la festa delle scuole di danza: per la nuova edizione sono 12 le realtà del territorio che presenteranno le loro coreografie a Teatro. Sabato 9 e domenica 10 settembre si entra nel vivo di Interno Verde Danza, in scena in cinque veri e propri scrigni di bellezza, da Palazzo dei
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Opera dall Estero
Svadba a Cittā del Messico
servizio di Ramón Jacques FREE

20230830_00_Svabda_LuciaOlmosCITTÀ DEL MESSICO, 26 agosto 2023. Teatro de las Artes del Centro Nacional de Las Artes - Il palcoscenico del Teatro de las Artes ideale per mettere in scena opere contemporanee, da camera e musica antica, dove appena due mesi fa ha avuto luogo la prima locale della cantata drammatica Aci, Galatea e Polifemo di Händel (1685-1759),
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Opera dall Estero
Summerfest 2023 ottimo cartellone
servizio di Ramón Jacques FREE

20230901_SanDiego_00_Summerfest_ThomasAdesSAN DIEGO, California (USA) - Dal 1986 si tiene ogni anno nella città di San Diego un importante festival estivo di musica da camera, prestigioso per la quantità e la qualità dei musicisti che vi si sono esibiti nel corso degli anni. Il cosiddetto "Summerfest", nella sua edizione 2023, della durata di un mese, ha offerto un'ampia e interessante
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