Pubblicato il 25 Marzo 2024
Riallestito lo spettacolo ideato da Jonathan Miller nel 2001 per il Maggio Musicale Fiorentino
Quel Don Pasquale sempre fresco servizio di Simone Tomei

20240325_Fi_00_DonPasquale_MarcoFilippoRomano_phMichele MonastaFIRENZE - Quello che è stato ritorna dicevano sempre i nostri vecchi. Ed è proprio così: in un momento non facile per il Teatro del Maggio, l’idea di rispolverare una vecchia produzione di Don Pasquale di Gaetano Donizetti si è rivelata una scelta molto azzeccata che ha riportato indietro nel tempo i più veterani melomani. La riproposizione dello spettacolo di Jonathan Miller del 2001, con regia ripresa da Stefania Grazioli, scene e costumi di Isabella Bywater ne ha confermato la freschezza e piacevolezza della visione. La meravigliosa casa di bambole su tre piani appaga il senso della vista in maniera sublime. Uno spaccato verticale in cui al pian terreno vive la servitù del vecchio balordo, al primo piano gli appartamenti “reali” e ancor più su lo “scannatoio” del giovane Ernesto, già alle prese con Norina durante la sortita di Don Pasquale. Uno scorcio che rappresenta, se vogliamo, anche una parcellizzazione in caste dove i ruoli sociali sono ben definiti anche dai costumi di scena. Di gran pregio anche le luci di Van Morandi realizzate da Emanuele Agliati.
Don Pasquale è la terza opera comica di grande spicco del compositore bergamasco in cui riesce a cogliere con sottigliezza quello che potrebbe esser definito il "clima ambientale”. È opera salottiera (quanto L'elisir d'amore è opera agreste), in cui ha ricreato una perfetta atmosfera borghese e cittadina, giacché "l'azione si svolge a Roma", come avverte il libretto.
Il Don Pasquale fu composto in undici giorni e rappresentato al Theatre Italien di Parigi il 3 gennaio 1843 su un dramma che prendeva spunto da un libretto di Angelo Anelli, musicato da Stefano Pavesi nel 1810 come Ser Marcantonio.

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Il testo fu rielaborato per Donizetti da Giovanni Ruffini, esule a Parigi perché mazziniano, ma proprio perché letterato di alto linguaggio si rifiutò di far figurare il proprio nome nel libretto nel quale invece, appare l'indicazione "Dramma buffo in tre atti di M. A.”
Le sigle M. A. rispondono al nome ed al cognome di Michele Accursi, un altro esule mazziniano amico sia di Donizetti sia di Ruffini.
Il libretto del Don Pasquale può non essere un saggio di alta letteratura, ma ritmo serrato e teatralità lo rendono, operisticamente parlando, eccellente.
Tornando alla serata fiorentina, l’apertura della casa di bambole con le due grandi ante che si spalancano verso il palcoscenico, è solo l’inizio di un viaggio in cui lo spettatore si sente avvolto ed abbracciato dalla vicenda; sembra quasi di essere ospiti anche noi di quella casa, ma la musica così finemente accattivante ci riporta alla realtà e godiamo delle melodie e delle voci per quasi due ore.

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Il M° Daniele Gatti alla guida dei complessi musicali del Teatro del Maggio imprime un carattere molto fiero e nitido sin dalla sinfonia. A sipario chiuso le frenesie degli “allegro” si mescolano con i languori dei temi dei personaggi in un caleidoscopio di colori. Piani e pianissimi ben dosati si sono succeduti a momenti di fragore eseguiti con timbrica risoluta, ma mai sguaiata e i momenti più meditativi e languidi si sono concretizzati in sonorità a regola d’arte rendendo pieno merito alle intenzioni dell’autore. Un particolare encomio lo dedico alle parti solistiche fra le quali emerge senza dubbio la prima Tromba suonata dal M° Claudio Quintavalla che ci ha deliziato dell’introitus all’aria in cui il giovane innamorato manifesta la sua disperazione.
Ho avuto piacere di assistere alla serata dove hanno mostrato la loro arte i giovani artisti dell’Accademia del Maggio. La squadra di giovani era però capitanata dal veterano Marco Filippo Romano nel title rôle; è impossibile trovare un difetto a questo artista che considero un punto di riferimento nel repertorio buffo: vitalità scenica, smorfie irresistibili, freschezza vocale, suono tornito, dizione perfetta, sillabato impeccabile e chi più ne ha più ne metta.
La sua bravura ha prestato la spalla a Matteo Mancini (Dottor Malatesta) la cui vocalità è apparsa subito ben a fuoco, nitida e particolarmente attenta alla parola scenica; ottime doti attoriali hanno reso il suo personaggio molto credibile e l’aria Bella siccome un angelo è stata imperlata di naturale spontaneità.
Lorenzo Martelli (Ernesto) ha saputo tradurre col canto e con un’elegante presenza la figura del giovane nipote di Don Pasquale; fresco vocalmente non si è risparmiato in eleganti chiaro-scuri, affrontando con sicurezza gli acuti, uniti ad un fraseggio elegante e sempre curato.
La Norina di Nicoletta Hertsak ha rapito subito la scena dalla sua entrata in cui ha scolpito ogni singola parola con accenti talora ficcanti, talora ruffiani giocando con l’ugola in maniera sublime; l’ottimo timbro vocale ha fatto il resto incorniciando una prova davvero eccelsa.
Un inciso sul duetto finale Tornami a dir che m’ami: i due giovani (Lorenzo e Nicoletta) hanno saputo fondere intenzioni ed emozioni in maniera sublime con equilibrio dinamico appropriato trasmettendo le sensazioni che l’amore può far provare.
Simpaticamente goffo, ma preciso vocalmente Oronzo D’Urso nei panni di Un notaro.
A conclusione la superba prova del Coro preparato e diretto dal M° Lorenzo Fratini: gli artisti oltre a prestare la voce nei momenti propri, si sono resi parte essenziale dell’opera.
Non abbiamo sentito solo belle voci, ma abbiamo visto anche ottimi mimi; di alcuni di loro, inoltre, abbiamo apprezzato il canto nei piccoli interventi previsti in partitura: Valeria MatrosovaMassimiliano EspositoCarlo Cigni.
Una platea degnamente affollata ha reso omaggio a tutti con scroscianti applausi.
(la recensione si riferisce alla recita di sabato 23 marzo 2024)

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Due note di cronaca
Il Teatro del Maggio per voce del responsabile dell’Ufficio Stampa Paolo Antonio Klun ha riportato il volere dell’Ente e di tutti gli artisti impegnati in scena, di dedicare la recita della serata al M° Maurizio Pollini che ha lasciato questa terra proprio il 23 marzo 2024.
Ha annunciato, inoltre, che il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano aveva firmato poche ore prima il decreto di nomina di Carlo Fuortes a nuovo Sovrintendente della Fondazione del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino.

Crediti fotografici: Michele Monasta per il Maggio Musicale Fiorentino - Teatro dell'Opera di Firenze
Nella miniatura in alto: il basso Marco Filippo Romano (Don Pasquale)
Sotto, in sequenza: Matteo Mancini (Dottor Malatesta) e Nicoletta Hertsak (Norina);  panoramica su scene e costumi
Al centro: ancora Nicoletta Hertsak; Lorenzo Martelli (Ernesto); ancora Marco Filippo Romano; i quattro protagonisti principali
In fondo: il coro femminile del Maggio Fiorentino





Pubblicato il 17 Marzo 2024
Criticabile l'esecuzione nel Teatro del Giglio della famosa opera di Giuseppe Verdi
Un Trovatore quasi disastro servizio di Simone Tomei

20240317_Lu_00_IlTrovatore_MatteoDesole_phAugustoBizziLUCCA – Il trovatore di Giuseppe Verdi chiude la stagione lirica 2023/2024 del Teatro del Giglio di Lucca. Si tratta di una coproduzione che vede come attori - oltre l’Istituzione lucchese - la Fondazione Teatri di Piacenza, la Fondazione Teatro Comunale di Modena, la Fondazione Teatro Goldoni di Livorno il Teatro dell’Opera Giocosa di Savona.
Ho già avuto modo di assistere a questo allestimento curato per regia, scene e costumi da Stefano Monti e alle luci Fiammetta Baldisserri, in una trasferta piacentina alla quale vi rimando per le mie impressioni visive (qui il link).
La recita lucchese ha visto in campo una componente musicale completamente nuova ed in questo mio scritto vi darò conto solo di quella.
Min Kim è un Conte di Luna autorevole per presenza scenica e solidità nell’emissione; tende, però, a cantare tutto forte-fortissimo senza quindi mettere in risalto i colori che il ruolo richiede. Il timbro è comunque bello e piacevole all’ascolto; non sarebbe sgradita un’introspezione maggiore nel personaggio, ma viste le doti vocali, penso sia solo questione di tempo.
La Leonora di Clarie de Monteil non coinvolge e non fa emergere in maniera convincente le peculiarità della giovane innamorata; la voce è di buona fattura, ma anche qui lo scavo nel personaggio pare ancora piuttosto acerbo. Ho notato una modalità di restituzione del suono tendenzialmente piatta e monocorde, riesce comunque a far emergere con più nitore i pregi vocali nell’aria D’amor sull’ali rosee dove l’artista sembra trovarsi maggiormente a suo agio.
Victòria Pitts (Azucena) si distingue nettamente fra i componenti del cast con un’emissione omogenea lungo tutta la tessitura mezzosopranile; le note più gravi risuonano con evidente nitidezza (senza mai scendere in petto), quelle centrali sono perfettamente a fuoco e riesce a conquistare l’acuto con grandi sicurezza e pathos. Da un punto di vista interpretativo sa imprimere accenti ben nitidi e sempre appropriati, scenicamente si comporta come un vero “animale da palcoscenico”.
Matteo Desole imprime carattere e personalità al “Trovator” Manrico; il bel timbro vocale si unisce ad un’ottima dizione e fraseggio da manuale con brillante squillo negli acuti.

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Il Ferrando di Yanghe Dong sconta le difficoltà che emergono dalla buca, ma si difende bene con suono tonante nonostante la dizione poco curata.
A completamento del cast encomi per le figure di fianco: Samantha Sapienza (Ines), Vincenzo Maria Sarinelli (Ruiz) e Luis Javer Jimenez (Un vecchio zingaro e Un messo)
Le note più dolenti sono quelle che riguardano il Coro (preparato e diretto dal M° Maurizio Preziosi) e, come accennavo prima, la buca in cui era presente l’Orchestra del Teatro Goldoni di Livorno.
La sezione maschile del Coro del Teatro Goldoni soffre di scarsa omogeneità e discutibile amalgama vocale: già dalla prima scena emergono mende che saranno quasi una costante in tutta l’opera; meglio la sezione femminile in cui si evidenzia una maggiore cura del suono.

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La direzione del M° Giovanni Di Stefano è assai problematica: sin dalle prime note si palesano evidenti scollature tra buca e palco che si protrarranno - in maniera più o meno evidente - in tutte e quattro le parti. Il suono che si propaga in teatro è costantemente tra il forte ed il fortissimo, monocolore, a tratti bandistico e incurante delle sfumature presenti in tutta la partitura. Spesso mi è sembrato che fra “sotto” e “sopra” non esistesse dialogo e che i cantanti fossero in balia degli eventi e di una mole sonora esorbitante; in poche parole, musicalmente parlando, un “quasi” disastro.
Nonostante ciò il pubblico ha fieramente apprezzato dispensando applausi convinti e calorosi per tutti.
(la recensione si riferisce alla recita di venerdì 15 marzo 2024)

Crediti fotografici: Augusto Bizzi per il Teatro del Giglio di Lucca
Nella miniatura in alto: il tenore Matteo Desole (Manrico)
Sotto, in sequenza: panoramiche di Augusto Bizzi su Il trovatore andato in scena a Lucca





Pubblicato il 19 Febbraio 2024
In scena nel Teatro del Giglio di Lucca l'edizione scaligera 1904 dell'opera di Puccini
Ecco la Butterfly del fiasco servizio di Simone Tomei

20240219_Lu_00_MadamaButterfly_AlessandroDAgostiniLUCCA – Al Teatro del Giglio approda con grande apprezzamento del pubblico la versione bresciana di Madama Butterfly di Giacomo Puccini (datata 28 maggio 1904) dopo che il clamoroso fiasco del Teatro alla Scala di qualche mese prima, indusse il compositore a rimettere le mani sulla partitura. La scelta dell’adattamento bresciano per il Teatro del Giglio è giustificata dal fatto che questo allestimento nasce proprio nella città lombarda di cui il teatro lucchese – assieme ad altre realtà – è coproduttore.
Esprimo qui il mio personale punto di vista in merito alla scelta di ripescare edizioni non definitive di un’opera; se sotto l'aspetto culturale e musicologico può essere un’interessante operazione di divulgazione, mi rendo conto che io mal tollero pagine in seguito espunte dall’Autore avendole egli stesso considerate “di troppo” e prive di quel senso drammaturgico che solo la stesura finale garantisce e completa.
Detto questo che, ripeto, è solo un mio pensiero, parlando dell’allestimento di cui vi do conto vorrei partire proprio dalla visione registica di Rodula Gaitanou; nelle sue note di presentazione così scrive «… Puccini in Madama Butterfly getta uno sguardo “esotico” sia sul mondo americano che su quello giapponese. La domanda che ci siamo posti quando abbiamo iniziato a lavorare è stata: come possiamo rendere viva la contrapposizione di due culture senza rafforzarne gli stereotipi? La nostra ricerca ci ha portati a un’estetica astratta che gioca sul piano della decostruzione e del simbolismo…»
Ed è stato proprio così; la scena non muta nei tre atti, fissa, incorporea in cui non appaiono simboli o strutture giapponesi e americane; è come se questo mondo fosse visto da occhi europei (forse lo stesso autore?) che così si concretizza sempre secondo le parole della regista greca «… è a volte un’onda che manipola il destino di Cio-Cio-San, a volte ricorda le curve dei pendii delle montagne, di difficile accesso, dove lei stessa vive sola in isolamento, emarginata dalla società. Lo stesso approccio è pensato per quanto riguarda il gesto utilizzato – sia esso una stretta di mano o un inchino – per connotare l’invasione dello spazio personale, o per il desiderio di comunicare e di riunirsi. L’umanità diventa un veicolo di poesia visiva e di cruda potenza emotiva. Non è un segreto che la prima dell’opera alla Scala di Milano fu un fiasco. Puccini avrebbe apportato in seguito molte revisioni fino a consegnarne una quinta e ultima versione, che viene comunemente eseguita oggi. Le modifiche apportate consistono nell’ammorbidire gli aspetti più duri dello scontro culturale e nello strutturare il dramma in modo più conforme alle aspettative del pubblico…»
Le scene ed i costumi - piuttosto banali - sono di Takis e all’impianto luci è Fiammetta Baldiserri.
In questo contesto si inseriscono gli interpreti le cui relazioni e interazioni sono abbastanza “occidentali” e poco caratterizzate.
Yasko Sato (Cio-Cio-San) si è perfettamente immedesimata nel personaggio con una vocalità sempre ben a fuoco in tutti i registri vocali. Un bel dì, vedremo diventa una pagina in cui la parola è scolpita dalle emozioni e dagli accenti drammatici con cura certosina.
Molto interessante anche la prova di Asude Karayavuz nei panni della fedele Suzuki; scenicamente appagante e vocalmente centrata; emoziona intensamente nel duetto dei fiori.
Nel ruolo Sir Francis Blummy Pinkerton – così si ancor si noma in questa versione bresciana - il tenore Riccardo Della Sciucca mette in luce una linea di canto omogena, ben curata nel fraseggio ed un timbro molto accattivante; l’acuto, talvolta, tende a diventare un po’ fibroso e privo di corpo, ma nel complesso la prova risulta indiscutibilmente positiva.
Ottima presenza scenica e intensa interpretazione vocale caratterizzano l’impegno di Devid Cecconi (Sharpless); in questa versione il suo ruolo è ancor più valorizzato con interventi che ne delineano nettamente lo spirito paterno e amorevole affrontati con una emissione sempre ben controllata, ed estremamente efficace rispetto alla drammaturgia.

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Eccellente il Goro di Giuseppe Raimondo la cui voce squilla e risuona nel teatro con piacevole nitore.
Bravi, precisi musicalmente e funzionali i personaggi di fianco: Alex Martini (Il principe Yamadori), Cristina Bellantuomo (Kate Pinkerton), Fulvio Valenti (Lo zio Bonzo), Masashi Tomosugi (Yakusidé), Liu Tong (Il commissario imperiale), Mattia Rossi (L’ufficiale del registro), Daryna Shypulina (La zia), Tiziana Falco (La cugina) e Serena Pulpito (La madre).
Senza dubbio positiva la prova del Coro Opera Lombardia diretto dal M° Diego Maccagnola.
La bacchetta del M° Alessandro D’Agostini guida l’eccellente Orchestra I Pomeriggi Musicali riuscendo a gestire efficacemente il rapporto con il palcoscenico; l’agogica è perfettamente attagliata ad evidenziare i colori della partitura senza far mai cedere il ritmo drammaturgico con un gesto tanto composto quanto efficace. Teatro esaurito e consensi dirompenti per tutto il cast.
(La recensione si riferisce alla recita di sabato 17 febbraio 2024)

Crediti fotografici: Umberto Favretto per il Teatro del Giglio di Lucca
Nella miniatura in alto: il direttore Alessandro D'Agostini
Sotto: foto di scena dell'allestimento





Pubblicato il 02 Febbraio 2024
Un godibile allestimento della terza opera di Puccini applaudito lungamente dal pubblico
Manon Lescaut e il gesto della Lyniv servizio di Nicola Barsanti

20240202_Bo_00_ManonLescaut_OksanaLynivBOLOGNA - Il Teatro Comunale Nouveau inaugura la propria stagione operistica 2024 con il primo vero e proprio gioiello della produzione pucciniana: Manon Lescaut. Ottima scelta per onorare il centenario della morte del compositore lucchese, avvenuta il 29 novembre del 1924 a Bruxelles.  La Manon Lescaut rappresenta per la carriera operistica di Puccini la stessa importanza che il Nabucco ebbe per Verdi, in quanto in queste due opere vengono già a delinearsi tutte quelle vaste e geniali intuizioni musicali da consentire loro di giungere all’ambito e meritato successo.
La  nuova produzione pucciniana del Teatro Comunale bolognese vede la firma del bravo regista Leo Muscato, il quale riesce attraverso un impianto scenico fisso, talvolta impreziosito da tele dipinte, specchi e gioielli, a suggerire ad hoc gli ambienti descritti dal libretto, che come si sa non è firmato perché contribuirono alla sua stesura numerose persone, compreso l'editore Giulio Ricordi.
Complici della buona riuscita dell'allestimento bolognese sono le scene curate da Federica Parolini e i costumi di Silvia Aymonino, molto apprezzate anche le luci di Alessandro Verazzi, in particolare modo sul finale, in quanto riescono a far immergere chi assiste allo spettacolo in quell’ambiente arido e asfissiante in cui i due protagonisti incontrano la morte.
Il cast si compone di alcune vocalità interessanti, primo su tutti Roberto Aronica (Renato Des Grieux), l’artista si distingue per proiezione sonora e calore del timbro, una vocalità piena di armonici che si dispiega dai bassi agli acuti del registro senza difficoltà alcuna.
Bene anche per il Lescaut di Gustavo Castillo, il quale presenta una vocalità altrettanto piena e variegata in grado di condividere squisiti momenti con il bravissimo Giacomo Prestia (Geronte di Ravoir), basso che evidenzia un legato sofisticato e una presenza scenica inappuntabile.

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Le difficoltà arrivano relativamente all’instabile vocalità di Lana Kos (Manon Lescaut): l’artista - sebbene dotata di un buon timbro e di una buona proiezione - non sempre riesce con facilità a raggiungere e a ben eseguire le note più alte dello spartito, sulle quali di tanto in tanto subentra un leggero ma fastidioso vibrato. Buona tuttavia la presenza scenica, sempre in linea con il personaggio.
Concludono ottimamente il cast Paolo Antognetti (Edmondo), Kwangsik Park (L’Oste / Un Sergente), Bruno Lazzaretti (Il Maestro di Ballo), Aloisa Aisemberg, (Un Musico), Cristiano Olivieri (Un Lampionaio) e Costantino Finucci (Un Comandante di Marina).
Venendo all’aspetto intimamente musicale la bellezza del gesto del M° Oksana Lyniv conduce con precisione e garbo l’orchestra del Teatro Comunale di Bologna curando con attenzione ogni singola sfumatura di una partitura intrisa di colori e melodie, meritandosi un lungo applauso alla fine dell’Intermezzo.
Buona anche la prestazione del coro ben istruito dal M° Gea Garatti Ansini. Si conclude così fra numerosi applausi l’ultima replica bolognese di Manon Lescaut.
(La recensione si riferisce alla recita di mercoledì 31 Gennaio 2024)

Crediti fotografici: Andrea Ranzi per il Teatro Comunale di Bologna
Nella miniatura in alto: la direttora Oksana Lyniv
Sotto, in sequenza: due momenti della recita di Manon Lescaut






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Parliamone
Orlando nelle trame di Alcina
intervento di Athos Tromboni FREE

20240407_Fe_00_OrlandoFurioso_MarcoBellussi_phMarcoCaselliNirmaFERRARA - Ottima messa in scena nel Teatro "Claudio Abbado" dell' Orlando Furioso di Antonio Vivaldi nella edizione critica curata da Federico Maria Sardelli e Alessandro Borin. Il maestro Sardelli era anche sul podio della brava Orchestra Barocca Accademia dello Spirito Santo di Ferrara. Quindi tre atti, così come Vivaldi ideò per la premiere al Teatro Sant'Angelo di Venezia nell'autunno del 1727.
Ottima messa in scena, oltre che per la comprovata efficacia di Sardelli nell'esecuzione del repertorio barocco, soprattutto per la visionaria regia di Marco Bellussi, coadiuvato da Fabio Massimo Iaquone (ideazione e regia video), Matteo Paoletti Franzato (scene), Elisa Cobello (costumi) e Marco Cazzola (luci).
La visionaria regia ci trasporta nel poema ariostesco (o quantomeno in ciò che del poema dell'Ariosto utilizzò a suo tempo il librettista Grazio Braccioli) dove tutto è fantascientifico
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La Euyo prende residenza a Ferrara e Roma

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Ottima la Cenerentola
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20240428_Ts_00_LaCenerentola_LauraVerrecchia_phFabioParenzanTRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”. Come ben racconta Francesco Bernasconi la nascita della Cenerentola di Gioachino Rossini fu avventurosa: “Il soggetto previsto era ‘Ninetta alla corte’, tratto da una commedia francese leggera e satirica, considerato immorale e assolutamente inadatto a essere rappresentato nella
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Beatles Day nel Teatro Abbado
servizio di Athos Tromboni FREE

20240425_Fe_00_EcceCorMeum-PaulMcCartney_MarcelloCorvino_phMarcoCaselloNirmalFERRARA - È stato un successo di pubblico e artistico che era prevedibile: così si è svolta e conclusa la serata (una prima nazionale) dedicata all'oratorio di Paul McCartney, Ecce cor meum, e ad alcuni successi internazionali dei Beatles stavolta non più ad appannaggio delle chitarre elettriche e batteria, ma dentro la musica di un'orchestra e un
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Incontro con Lorenzo Cutųli
servizio di Edoardo Farina FREE

20240215_Fe_00_LorenzoCutuliFERRARA - Il 100° anniversario dalla morte di Giacomo Puccini rappresenta un’occasione per commemorare e ripercorrere la vita e la carriera di uno dei più grandi musicisti italiani.  Le sue Opere, ancora oggi, continuano a essere rappresentate sui palcoscenici più prestigiosi del mondo, celebrando lo straordinario valore artistico delle composizioni
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Opera dal Nord-Est
Il Barbiere eccellente
servizio di Nicola Barsanti FREE

20240209_Ve_00_IlBarbiereDiSiviglia_BepiMorassiVENEZIA - Se pensiamo al fascino di un teatro risorto per più di una volta dalle proprie ceneri, e vi aggiungiamo la suggestione di esservi dentro nel vivo del carnevale della “Serenissima” non può venire in mente un gioiello della produzione rossiniana: Il barbiere di Siviglia. Ed è proprio a quest’opera che abbiamo assistito, la seconda in cartellone
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Opera dal Centro-Nord
Manon Lescaut e il gesto della Lyniv
servizio di Nicola Barsanti FREE

20240202_Bo_00_ManonLescaut_OksanaLynivBOLOGNA - Il Teatro Comunale Nouveau inaugura la propria stagione operistica 2024 con il primo vero e proprio gioiello della produzione pucciniana: Manon Lescaut. Ottima scelta per onorare il centenario della morte del compositore lucchese, avvenuta il 29 novembre del 1924 a Bruxelles.  La Manon Lescaut rappresenta per la carriera
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Echi dal Territorio
Bologna Festival numero 43
redatto da Athos Tromboni FREE

20240201_Bo_00_BolognaFestival_TeodorCurrentzis_phAlexandraMuravyevaBOLOGNA - La 43.esima edizione di Bologna Festival 2024, da marzo a novembre, presenta alcuni dei più interessanti direttori dell’odierna scena musicale quali Teodor Currentzis, per la prima volta a Bologna con la sua orchestra musicAeterna, Vladimir Jurowski con la Bayerisches Staatsorchester e Paavo Järvi con la Die Deutsche
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Jazz Pop Rock Etno
Jazz e altro allo Spirito
redatto da Athos Tromboni FREE

20240129_Fe_00_IlGruppoDei10_TutteLeDirezioni_FrancoFasano.JPGFERRARA - Varato il calendario dei concerti "Tutte le Direzioni in Winter&Springtime 2024", organizzata da Il Gruppo dei 10 con qualche novità e collaborazione in più rispetto ai precedenti. La location è (quasi sempre) la stessa: il ristorante lo Spirito di Vigarano Mainarda (Ferrara), nell’intimo tepore delle sue suggestive sale, immerso nella
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Opera dal Centro-Nord
La bohčme visual della Muti
servizio di Athos Tromboni FREE

20240127_Fe_00_LaBoheme_ElisaVerzier_phFabrizioZaniFERRARA - Suggestivo l'allestimento di La bohème di Giacomo Puccini curato da Cristina Mazzavillani Muti per il Teatro Alighieri di Ravenna, approdato ieri sera al Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara. Pubblico della grandi occasioni ("sold-out" si dice oggi, con un inglesismo ormai sostitutivo di "tutto esaurito" d'italiana fattura); pubblico
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Opera dal Nord-Ovest
Don Pasquale allestimento storico
servizio di Nicola Barsanti FREE

20240127_To_00_DonPasquale_NicolaAlaimo_phAndreaMacchiaTORINO - Il titolo designato per l’inaugurazione del cartellone d’opera 2024 del Teatro Regio di Torino è il Don Pasquale di Gaetano Donizetti. Qui riproposto nel fortunato allestimento della fine degli anni '90 del Novecento, firmato da uno dei maestri della drammaturgia musicale italiana: il regista, scrittore e giornalista Ugo Gregoretti, la cui regia
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