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Il capolavoro buffo di Domenico Cimarosa č approdato alla rassegna autunnale del ''Viaggio in Italia

Matrimonio segreto... rivelato da Morgan

servizio di Athos Tromboni

Pubblicato il 28 Ottobre 2019

191028_Vr_00_MatrimonioSegreto_AlessandroBonatoVERONA - Il ritorno di Il matrimonio segreto di Domenico Cimarosa domenica 27 ottobre 2019 nel Teatro Filarmonico ha colmato un vuoto rappresentativo che si protraeva dal 1911: vero è che Verona ha ospitato questo capolavoro buffo anche nel 1922 (al Teatro Nuovo) e nel 1928 (al Teatro Ristori), ma a memoria di viventi quella del 27 ottobre scorso è stata una vera e propria "prima volta a Verona". In questo autunno-inverno di fine 2019 la Fondazione Arena ha proseguito in un percorso tematico e cronologico (chiamato "Viaggio in Italia nel tempo e negli stili") che oltre alla programmazione autunno-invernale di questo capolavoro italiano del Settecento approderà ad altre celebri pagine del melodramma fino al Novecento, attraverso L'elisir d'amore di Gaetano Donizetti (17, 19, 21, 24 novembre) e la Madama Butterfly di Giacomo Puccini (15, 17, 19, 22 dicembre). È proseguito quindi nel nome di Domenico Cimarosa quel solco tracciato dalla chiusura della stagione lirica primaverile (che abbinava una nuova produzione di Il Maestro di cappella al pucciniano Gianni Schicchi) e da un concerto sinfonico-corale (che ha presentato la prima esecuzione veronese della Missa pro defunctis, capolavoro della maturità di Cimarosa; e poi la recente esibizione sinfonico-corale dei complessi areniani, in Fuoco di gioia); a completare il "Viaggio in Italia" intervallandosi con le opere, saranno - poi - ancora due concerti, quello del 29 e 30 novembre e quello di capodanno del 31 dicembre.
Il Matrimonio segreto è stato riproposto nell’allestimento del Teatro Coccia di Novara del 2012, con la regia di Marco Castoldi, in arte Morgan, le scene di Patrizia Bocconi, i costumi di Giuseppe Magistro; mentre le luci di scena, stavolta, le ha accese il fidatissimo e bravo light-designer dell'Arena di Verona, Paolo Mazzon; l'allestimento del Teatro Coccia si era segnalato alla critica per la narrazione scorrevole sorretta da un linguaggio scenico-visivo giovane e stuzzicante, con una recitazione moderna e spigliata ma curata nei dettagli e fedelissima alla drammaturgia originale. La narrazione, ha dichiarato lo stesso Morgan «... intreccia abilmente il trionfo dell’amore sugli interessi, la leggerezza del dramma giocoso e gli elementi di satira sociale attraverso un gioco di chiaroscuri di cui è ricco lo spettacolo, come se ogni situazione fosse in controluce rispetto ad un’altra, precedente o successiva.»

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Sul podio dell’Orchestra dell’Arena di Verona è tornato il ventiquattrenne maestro Alessandro Bonato, veronese, memore di un ottimo successo nel dittico cimarosiano-pucciniano della scorsa primavera. E proprio Bonato è stato punta di diamante della rappresentazione: la sua concertazione, chiara e precisissima nel dare gli attacchi e nel sollecitare e guidare i cantanti, si è manifestata subito eccellente: la Sinfonia è stata eseguita finalmente a sipario chiuso... abbiamo detto finalmente perché ormai i registi hanno maturato il vezzo (divenuto vizio) di "vestire" la sinfonia dell'opera pre-ottocentesca e primo-ottocentesca con animazioni affidate ai cantanti o ai mimi che si muovono in scena come in un balletto, nell'intento di dare una visionaria drammaturgia ai temi musicali: prassi che un tempo fu innovativa, ma oggi come oggi è niente più e niente meno che un orpello persino troppo invasivo, che bisognerebbe togliere dalle rappresentazioni operistiche: la sinfonia è scritta per essere musica strumentale, il più delle volte tematica, certo; ma non è balletto, né pantomima, né recitazione, altrimenti la si trasforma da sinfonia in prologo, mai scritto e mai voluto dal librettista, e neanche dal compositore. La sinfonia va ascoltata, come è diventata prassi corretta da Wagner (e da Toscanini) in poi; il direttore che sale sul podio e attende il silenzio della sala per dirigerla prima di dare avvio all'opera cantata, ha qui più che altrove la possibilità di farsi ascoltare, senza mediazioni di sorta, nell'esecuzione pura della musica strumentale.

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E il maestro Alessandro Bonato ha dato prova fin da subito della propria maturità artistica, maturità che oltrepassa i suoi ventiquattr'anni d'età, come se egli fosse depositario di ben più lunga carriera. Di lui ci è piaciuto il gesto, misurato e ampio, la meticolosità con cui ha preparato l'orchestra e l'attenzione che ha costantemente rivolto ai cantanti: infatti durante tutta l'opera ha lasciato suonare la buca quasi in autonomia (e comunque con risultati eccellenti) rivolgendosi più al palcoscenico che alla buca stessa.
In un tale quadro di certezze musicali, e di sicurezze di polso, si è ben districato tutto il cast che ha primeggiato con l'interpretazione stupenda di Veronica Granatiero (nel ruolo di Carolina) e quella altrettanto positiva dell'esperto Salvatore Salvaggio (il signor Geronimo) nel ruolo del basso buffo. Ma non da meno sono stati il tenore Matteo Mezzaro (Paolino) e il giovane e promettente basso cantante Alessandro Abis (Il conte Robinson). Nel ruolo di Fidalma anziché l'annunciata Monica Bacelli è stata chiamata Irene Molinari che è risultata così l'unica cantante che aveva preso parte anche alla rappresentazione del 2012 nel Teatro Coccia di Novara: buona la sua prestazione e pur se la voce è piccolina, la sua vocalità è molto molto musicale. Completava il cast una brava e maliziosa Rosanna Lo Greco nei panni di Elisetta.
La regia di Morgan, come detto, ha alla fin fine... rivelato il Matrimonio segreto nella sua vera essenza, perché è stata rispettosa del libretto settecentesco di Giovanni Bertati: l'azione è costantemente ambientata con i cantanti in primo piano, quasi in proscenio, mentre numerosi mimi si muovono, salgono, scendono, deambulano in controluce, come silhouette sul fondale, dove una struttura somigliante ad un palazzo in cemento armato in costruzione fa da sfondo alla scena fissa. Ci pensano le belle luci di Paolo Mazzon ad ornare e rendere mutevole la scenografia fissa pensata da Patrizia Bocconi. I costumi di Giuseppe Magistro sono spiritosi, buffi, in sintonia con l'opera cimarosiana, e le parrucche enormi ed abnormi richiamano ironicamente le toilette tutte trine e borotalco del Settecento, secolo dei lumi, delle rivoluzioni e (anche) delle esagerazioni.

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Pubblico non numeroso ma comunque molto molto caloroso, sia per i frequenti applausi a scena aperta a tutti i cantanti, sia al termine della rappresentazione. Repliche il 29 e 31 ottobre e il 3 novembre prossimi.

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Crediti fotografici: Foto Ennevi per la Fondazione Arena di Verona - Teatro Filarmonico
Nella miniatura in alto: il direttore Alessandro Bonato
Sotto in sequenza: Matteo Mezzaro (Paolino) e Veronica Granatiero (Carolina); Alessandro Abis (Il conte Robinson) e Rosanna Lo Greco (Elisetta); Salvatore Salvaggio (Il signor Geronimo) e ancora Veronica Granatiero; Irene Molinari (Fidalma) e ancora Matteo Mezzaro
Al centro e in fondo: belle panoramiche di Foto Ennevi su costumi e allestimento






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