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L'opera di Georg Friedrich Händel ben diretta nel Teatro Alighieri da Ottavio Dantone |
Serse adatto al pubblico moderno |
servizio di Attilia Tartagni |
Pubblicato il 14 Gennaio 2020 |
RAVENNA - La stagione d’opera 2020 del Teatro Alighieri si è aperta il 10 e il 12 gennaio portando per la prima volta a Ravenna il Serse, una delle tante opere scaturite dal genio prolifico di Georg Friedrich Händel, il cui debutto avvenne al King’s Theatre di Londra il 15 aprile 1738. Ottavio Dantone al clavicembalo e alla direzione dell’Accademia Bizantina, nota a livello internazionale per eseguire la musica barocca con prassi originali, e Gabriele Vacis alla regia, garantiscono la buona riuscita del nuovo allestimento frutto della coproduzione fra Reggio Emilia, Modena, Piacenza e Ravenna. L’opera, imperniata su un soggetto non certo originale, è singolare e innovativa in quanto trattata con l’ironia della commedia, del travestimento e dello scambio di persona, in un clima sonoro filologicamente fedele movimentato dal cast di bravi ed espressivi interpreti accompagnati dalla musica del compositore per vie tortuose verso l’inevitabile lieto fine. “Frondi tenere e belle / del mio platano amato / … Ombra mai fu / di vegetabile / cara ed amabile / soave più” è l’incipit di Serse, sedotto dalla maestà della natura e contemporaneamente colpito dalla voce di Romilda di cui si incapriccia ignorando che si tratta della promessa sposa di suo fratello Arsamene. Anche Serse del resto ha una promessa sposa, Amastre, che lo tiene d’occhio travestita da soldato. Una trama tutto sommato esile a cui la musica imprime spessore mentre il ritmo serrato degli scambi e degli infingimenti sembra anticipare il Mozart a venire. Va rilevato anche l’interesse per la natura e, nello specifico, per il platano che si distingue morfologicamente da tutte le altre piante vantando anche una lunga tradizione filosofica e letteraria, segno del mutato atteggiamento dell’uomo nei confronti di ciò che lo circonda. Ma è Ottavia Dantone a fare il punto sull’opera: «Il Serse è un'opera assai innovativa nella produzione händeliana in cui vengono introdotti elementi buffi all'interno di un'opera seria e una certa snellezza nella struttura drammaturgica che si evidenzia nell'abbondanza di “arie senza da capo”. L'azione si dipana attraverso arie di stupefacente bellezza e recitativi di notevole teatralità con situazioni al limite del grottesco, condizioni che rendono il Serse particolarmente vicino e adatto al pubblico moderno.» La rappresentazione si avvale di una messa in scena su tre piani: l’Accademia Bizantina non è in buca ma è posta allo stesso livello degli spettatori. I personaggi si muovo dentro un avamposto decorato alla maniera degli antichi palazzi, mimetizzandosi grazie a costumi già disponibili sul palco di Roberto Tarasco, che cura anche scene e luci. Una scala centrale crea il contatto fra il mondo dell’azione canora e lo spazio dell’azione mimetica o visiva da proiezioni, creata da alcune decine di giovani che si muovono seguendo la drammaturgia del canto. I ragazzi sono reduci da un percorso laboratoriale basato sulla “Schiera”, una tecnica di formazione di attori fondata dal regista Gabriele Vacis. Essi esplorano, con l’ausilio di Händel, i rapporti fra uomini e donne, individuo e società, esseri umani e natura, facendo coesistere regole di rigore e improvvisazione. Fra accenni di balli e movimentazioni di armi, tende da campo fluttuanti nell’aria (impossibile non ricordare un’opera dell’incisore ravennate Giuseppe Maestri) e l’esaltazione visiva della natura creata con una moltitudine di piante, si arriva ai due matrimoni che riportano negli animi di Serse e Amastre e di Arsamene e Romilda la calma, l’armonia e l’onore, con la certezza che non sarà problematico, per la spiritosa Atalanta delusa nelle sue aspettative nei confronti di Arsamene, procurarsi un amante. Sul finale ella dovrà rifiutare a malincuore la candidatura amorosa di un orchestrale in un colpo di teatro degno del barocco. Serse è una trascinante Arianna Venditelli, Arsamene una convincente Marina De Liso, Romilda un’intensa Monica Piccinini, mentre Francesca Aspromonte è un’Atalanta di gran temperamento e il contralto Delphine Galou è buona interprete di Amastre, per quanto forse meno padrona della lingua italiana. I bassi Luigi De Donato dall’impronta poderosa e Biagio Pizzuti dai toni leggeri e spiritosi, impersonano l’armigero Ariodate e il servo Elviro. E’ un cast indovinato, che ha strappato lunghi applausi finali e anche qualcuno a scena aperta, per un’opera che, per quanto innovativa per i suoi tempi, ha quasi trecento anni sulle spalle.


Crediti fotografici: Alfredo Anceschi per il Teatro Alighieri di Ravenna Nella miniatura in alto: Arianna venditelli nel ruolo en-travesti di Serse Al centro e sotto: due belle panoramiche di Alfredo Anceschi sull’allestimento visto al Teatro Alighieri
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