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Le ultime repliche di Tosca, Madama Butterfly e Aida in Arena ecco un resoconto

Tre donne tre stelle: Pirozzi, Grigorian, Stikhina

servizio di Simone Tomei

Pubblicato il 05 Settembre 2023

VERONA - Ho frequentato il Festival "Arena 100" della città scaligera solo verso il concludersi della stagione estiva 2023. Sono arrivato a Verona agli inizi di settembre ed in questo scritto vi do conto delle mie tre serate areniane.
20230905a_Vr_02_Tosca_AnnaPirozzi_EnneviFotoTOSCA – Venerdì 1 settembre 2023
Il consueto allestimento del regista Hugo de Ana – curatore anche di scene, luci e costumi – di Tosca non ha più misteri per il pubblico veronese e non abbisogna di presentazioni o dissertazioni già espresse in altri miei scritti su questa testata. È giusto però esaltarne ogni volta la magnificenza, la chiarezza e l’originalità con cui è stato concepito; i pochi efficaci elementi scenici danno piena soddisfazione alle didascalie del libretto e ci fanno immergere dentro la musica pucciniana e nelle parole librettistiche in maniera naturale e spontanea.
Musicalmente la direzione del M° Francesco Ivan Ciampa ha tradotto in sonorità eccellenti la partitura del “lucchese” con agogiche sempre appropriate ed un legame sincero e spontaneo con il palcoscenico.
Nel ruolo eponimo Anna Pirozzi si rivela ancora una volta l’artista che sa restituire le piene intenzioni della diva romana Floria Tosca; intenzioni, suoni e ars scenica si uniscono in un quadro denso di sfumature sempre appropriate con acuti ben piazzati ed un’emissione sempre a fuoco.
Anche il protagonista maschile nelle vesti di Mario Cavaradossi è stato rappresentato in maniera interessante dal tenore Freddie De Tomaso che deve ancora curare, però, l’eleganza nel porgere talune frasi e frenare una certa irruenza che un passo più in là potrebbe sfociare in pedanteria. Il materiale vocale è di indiscussa bellezza e la giovane età può giustificare qualche intemperanza che con la maturità non dubito possa essere messa a tacere a favore di uno stile più consono alla scrittura musicale.

20230905a_Vr_03_Tosca_GiorgiManoshviliFreddieDeTomaso_EnneviFoto 20230905a_Vr_04_Tosca_FreddieDeTomasoAnnaPirozzi_EnneviFoto

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Il baritono Luca Salsi può vantare una sua presenza scenica ieratica e sicura, ma il personaggio del Barone Scarpia diventa sempre più simile talvolta ad un goffo “Rigoletto” e talaltra ad un marpione “Falstaff”; del  “Bigotto satiro che affina colle devote pratiche la foia libertina, e strumento al lascivo talento fa il confessore e il boia” come lo denota il pittore, rimane ben poco ed anche il canto è sempre più incline ad un poco curato declamato infarcito di accenti talvolta inopportuni che non ad un’emissione fluida e morbida atta a scandire la linea melodica.
Ottima presenza scenica e prestanza vocale per l’Angelotti di Giorgi Manoshvili; la voce è ben proiettata con timbro nitido e corposo.
Giulio Mastrototaro
è un Sagrestano di lusso e la sua recitazione è moderatamente caricaturale ma mai macchiettistica.
Bene il resto del cast che vede impegnati Carlo Bosi (Spoletta), Nicolò Ceriani (Sciarrone), Dario Giorgelè (Un carceriere) e Jacopo Lunardi (Un Pastore).
Di pregio gli interventi del coro della Fondazione Arena – preparato e guidato dal M° Roberto Gabbani - al termine del primo atto e nella cantata fuori scena. Bravi i ragazzi del Coro di Voci Bianche A.d’A.Mus preparati dal M° Elisabetta Zucca.
Una serata settembrina con anfiteatro molto affollato e apprezzamenti da parte di tutto il pubblico.

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20230905b_Vr_08_MadamaButterfly_AsmikGrigorian_EnneviFotoMADAMA BUTTERFLY – Sabato 2 settembre 2023
Una serata idilliaca quella in cui ha preso vita il dramma pucciniano di Madama Butterfly e molteplici sono stati i fattori che hanno contribuito alla sua riuscita.
Partirei dallo storico allestimento di Franco Zeffirelli che nonostante gli anni, riesce sempre ad emozionare con una scenografia da sogno, costumi appropriati ed un impianto luci efficace per creare ambienti, odori e sapori di un fantastico Giappone. La regia è piuttosto latente, ma in quest’opera la gran parte delle intenzioni spesso scaturiscono proprio da parte degli interpreti che possono concedersi molta libertà nel dare vita ai personaggi.
Non avevo mai sentito dal vivo il soprano Asmik Grigorian e ne sono rimasto letteralmente affascinato; ho vissuto momenti di grande emozione grazie alla sua interpretazione perché credo abbia dato ad ogni parola e ad ogni frase il giusto senso drammaturgico e scenico nonché la più appropriata interpretazione vocale. Oltre al timbro di assoluta bellezza, non va in secondo piano la solida tecnica e la capacità di affrontare ogni nota con la giusta intensità emozionale che il momento richiede. I suoni sempre a fuoco, la dizione chiara e nitida hanno fatto emergere ogni sfumatura della giapponesina quindicenne: dall’innocenza del primo atto al dramma del terzo passando per l’atto interlocutorio in cui a mano a mano crescevano pathos e sofferenza.
Introduco qui l’intesa con il podio su cui si ergeva il M° Daniel Oren perché tra i due sembrava consumarsi un idilliaco amplesso amoroso; le intenzioni dell’uno erano prontamente raccolte dall’altra e l’agogica dell’interprete era ogni volta prontamente ricambiata dai favori della bacchetta, sì da creare un’unione di intenti che difficilmente si realizza. E quando si realizza, come in questo caso, non è soltanto bella musica, è arte sublime.
Piero Pretti
è un fresco Pinkerton che ammanta la platea areniana con sonorità brillanti e fraseggio ben curato; piena intesa con la protagonista nel duetto finale del primo atto; e drammatico ma non stucchevole nell’aria del terzo.

20230905b_Vr_09_MadamaButterfly_GevorgHakobyanAsmikGrigorian_EnneviFoto 20230905b_Vr_10_MadamaButterfly_PieroPrettiAsmikGrigorian_EnneviFoto

20230905b_Vr_11_MadamaButterfly_SofiaKoberidzeMatteoMezzaro_EnneviFoto 20230905b_Vr_12_MadamaButterfly_GevorgHakobyanAsmikGrigorian_EnneviFoto

Strepitoso anche il Console Sharpless che nel baritono Gevorg Hakobyan ha trovato piena incarnazione; una voce vellutata accompagna tutta la sua interpretazione e accanto ad un’intonazione perfetta si è potuto ammirare un canto elegiaco e sempre a fuoco che restituisce pieno valore alla parola scenica.
Ineccepibile la Suzuki di Sofia Koberidze che emerge con classe nel coinvolgente duetto dei fiori.
Note positive anche per il nitido e petulante Goro di Matteo Mezzaro e per altri componenti del cast: Kate Pinkerton con l’ambrato timbro di Marta Pluda, l’ottimo Yamadori di Italo Proferisce, il potente Zio Bonzo di Gabriele Sagona.
E inoltre, Gianfranco Montresor (Il Commissario imperiale), Stefano Rinaldi Miliani (L’ufficiale del registro), Federica Spatola (La madre di Cio Cio San) e Valeria Saladino (La cugina) completavano con onore il cast. 

 

 

20230905c_Vr_13_Aida_ElenaStikhina_EnneviFotoAIDA – Domenica 3 settembre 2023
Anche se in calcio d’angolo ho avuto modo di assistere all’allestimento di Stefano Poda dell’opera regina del Festival areniano: Aida. Ho avuto modo di leggere di tutto su questa regia, dagli apprezzamenti più accorati ai disprezzi più profondi e a questo punto mi sia concesso esprimere anche un mio pensiero.
Sulla marcata simbologia Poda costruisce uno spettacolo di grandissimo pregio visivo che colpisce violentemente lo spettatore grazie a tanti fattori: luci, costumi, movimenti scenici, impiego mastodontico di comparse, interazioni misteriose tra i personaggi e molto altro. Tutto ciò conferisce senza dubbio fascino e meraviglia all’occhio di chi guarda e anche il sottoscritto è stato “vittima” di questo ammaliamento.
L’Aida diventa dunque un parafilm, ma si scontra con un grandissimo limite; quello di non essere funzionale alla musica… occhio ho detto musica, non drammaturgia. Quest’ultima è praticamente inesistente, o meglio vive solo nella mente del suo creatore; potrei associare questo allestimento ad una grande (geniale) trovata pubblicitaria che ha portato in Arena moltissime persone attraverso questo giocattolo che il regista ha costruito con l’avallo della direzione del Festival. Non critico questa scelta, ma mi permetto di giudicarla in relazione alla sua funzionalità che non è atta a restituire niente della partitura verdiana.
La recita cui ho avuto modo di assistere ha messo in evidenza in generale un totale scollamento tra palcoscenico e buca e un totale distacco tra le sonorità che si udivano dagli strumenti e quello che succedeva sul palcoscenico.
Le famose trombe sul palco nella marcia trionfale hanno dato del filo da torcere al M° Daniel Oren che più volte mi è sembrato perdere il filo del discorso. Pur non volendo dare peso agli scandali musicali compiuti nella sezione degli ottoni nel golfo mistico, ho avuto la sensazione di assistere ad una prova di assieme in cui ancora non fosse maturata la consapevolezza di quello che si stesse facendo.
Non da meno è stato il versante vocale che specie nei primi due atti si è trovato spesso scollato rispetto alle note suonate. Alla luce di questi avvenimenti mi sono fatto l’idea che sia la disposizione dei cantanti che il loro impegno in scena cozzavano con la funzionalità richiesta dalla partitura e tutto è stato un po’ lasciato al caso. Ciò mi ha fatto venire in mente una frase che spesso un caro amico musicista era solito dire in questi casi: «... se ci perdiamo, ci troveremo alla corona...»; e spesso così è stato.

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È anche vero che talvolta è necessario scegliere tra l’entusiasmare (con la visione) o il rapire (con la musica) e per l’ambiente areniano può essere più consona la prima scelta - anche perché porta più soldi - ma per chi ama la musica e per chi la interpreta sicuramente non credo sia stata la strada migliore che potesse essere percorsa.
Relativamente agli interpreti mettendo da parte le scollature, posso così sintetizzare le loro prove.
L’Aida di Elena Stikhina non ha nulla della giovane etiope; l’emissione seppur corretta e intonata restituisce un canto marcatamente flebile dimostrando a mio avviso di non possedere la vocalità necessaria al personaggio. Probabilmente oggi non andrei oltre ad un’Adina o una Norina donizettiane e l’aver affrontato il titolo nel contesto fisico dell’emiciclo veronese mi è sembrato un azzardo notevole. Se i suoni in acuto sono belli e filati, manca quel “morso” alla partitura che spesso caratterizza le pagine musicali della giovane schiava; viene meno dunque il senso della parola scenica che unito alla pochezza drammaturgica della regia restituisce un quadro dai contorni poco definiti e fatui.
Il Radames di Angelo Villari parte con buone intenzioni nonostante sembri scontare un po’ l’emozione del palcoscenico, ma migliora con l’evolversi della serata risultando convincente nei due grandi duetti con protagonista e antagonista femminile dove la voce si fa sempre più salda e libera dai timori iniziali.
Clémentine Margaine
dona al personaggio di Amneris quel fascino misterioso, quasi demoniaco che le appartiene. Nonostante la restituzione di un suono non troppo corposo, va a suo favore la proiezione dello stesso che riesce comunque a passare l’orchestra grazie ad una notevole omogeneità nei vari registri vocali e all’intelligenza di saper piazzare ottimi e ficcanti accenti che sanno ben delineare i suoi umorali stati d’animo.
Una terna di lusso quella formata da Rafal Siwek nei panni di Ramfis, poi Amartuvshin Enkhbat (Amonasro) e Romano Dal Zovo (Il Re). Completavano il cast un solido Riccardo Rados quale Un messaggero e l’eterea Sacerdotessa di Francesca Maionchi.
Note meno positive per il Coro diretto dal M° Roberto Gabbiani che – a conferma delle problematiche da me esposte più sopra – ha fatto nettamente più fatica a trovare la quadra del cerchio. Arena super affollata e applausi per tutti.

Crediti fotografici: Ennevi Foto per la Fondazione Arena di Verona
Nelle miniature dei titoli: Anna Pirozzi (Tosca); Asmik Grigorian (Madama Butterfly); Elena Stikhina (Aida)
Successivamente in sequenza, belle immagini di Ennevi foto da Tosca, Madama Butterfly e Aida






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