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L'opera rossiniana che debuttō a Lucca un anno fa č diventata sempre pių bella

Cenerentola č cresciuta

servizio di Simone Tomei

Pubblicato il 27 Febbraio 2018

180227_Pc_00_Cenerentola_PIACENZA - Era il febbraio del 2017 ed a Lucca, nella città di Giacomo Puccini, nasceva dalla mente e dall’estro del regista Aldo Tarabella – direttore artistico del Teatro del Giglio – questa meravigliosa produzione di Cenerentola di Gioachino Rossini; in quella occasione ebbi modo di pubblicare questo articolo cui vi rimando, per reimmergervi nelle sensazioni e nelle emozioni del tempo, nonché per le necessarie notizie relative all'aspetto visivo. Ad un anno di distanza l'emozione dei colori, il sapore delle scenografie ed il fascino dei costumi sono riusciti a proiettarmi indietro nel tempo facendomi rivivere con rinnovata emozione le sensazioni che provai allora, amplificate da una maggiore consapevolezza ed una più sicura presa di coscienza del melodramma, da parte di una compagnia di canto e da una direzione musicale più mature ed ancor più amalgamate in scene, parole e melodia.
Sono stato a Piacenza venerdì 16 febbraio 2018 per assistere alla ripresa di quella produzione che ha visto in campo oltre alla capofila lucchese, il Teatro Alighieri di Ravenna ed il Teatro Municipale della città emiliana, cui si è aggiunta la collaborazione del Teatro Rendano di Cosenza e dell'Ente Luglio Musicale Trapanese.
La cornice del palcoscenico ora come allora è stata affidata alle scene di Enrico Musenich, ai costumi di Lele Luzzati, alle luci di Marco Minghetti, alle coreografie di Monica Bocci ed ha avuto come aiuto regista Emiliana Paoli.
Il cast era sostanzialmente invariato rispetto alla compagine lucchese con una sostituzione per il ruolo di Dandini che, causa un malanno di stagione, ha impedito al baritono Pablo Ruiz di prendere parte alla recita, ma che ha trovato un degno e valido sostituto nell'artista Paolo Bordogna.
Una Teresa Iervolino in grande spolvero per questa serata piacentina che l'ha vista protagonista nel ruolo eponimo con rinnovata vitalità e con una maggiore maturità artistica che le ha permesso ancora una volta di emergere mettendo in luce una vocalità sempre più accattivante e curata nelle sfumature; se già lo scorso anno aveva dato prova di padronanza del ruolo, oggi ancor più in maniera pregnante ha saputo trovare quelle giuste inflessioni vocali, quel gusto nell'approccio interpretativo che hanno destato grande soddisfazione nell'ascolto evidenziando la piacevolezza di un servizio fedele ed elegante alla parola cantata; le agilità sono schiette e sicure come la grana della voce che è uniforme e morbida in tutta l'estensione del registro.
Proseguo sull'onda "femminea" per parlarvi delle due sorellastre; anche qui come il vino, più "invecchiano" e più acquistano personalità; non che prima mancasse, ma stavolta la coesione e la ricchezza di espressività vocale e scenica hanno saputo far emergere con nitidezza una grande professionalità artistica: Isabel De Paoli nel ruolo di Tisbe e Giulia Perusi in quello di Clotilde hanno dimostrato che pur approcciando un ruolo anche non da protagoniste, la bravura vocale e la padronanza scenica di un personaggio possano essere dimostrate e messe in campo in maniera netta e determinata rilucendo di luce propria ed incassando un plauso incondizionato di chi scrive e del pubblico.

 180227_Pc_01_Cenerentola_facebook

Venendo alla compagine maschile non esprimerò nessun giudizio sul tenore Pietro Adaini nel ruolo di Don Ramiro in quanto è stato è stato annunciato come indisposto pur partecipando ugualmente alla recita; mi sembra doveroso tacere in questo caso e aspettare una prossima occasione per ascoltarlo nuovamente.
La bravura di Marco Filippo Romano è indiscussa e da quando lo conosco vocalmente ho sempre apprezzato la sua ars canora, interpretativa e scenica; nel ruolo di Don Magnifico è stato proprio un "magnifico papà"; la sua vocalità è salda, la dizione perfetta e il rapporto tra parole e musica sigillano un matrimonio sempre felice che è culminato con una "prole" di tre arie cesellate in ogni dettaglio dove le finezze e l'eleganza vocale sono state indiscusse protagonist ma… c'è altro da dire; e lo faro poco sotto.
L'ultimo arrivato in soccorso di questa trasferta padana è stato, come già accennato, il bass baritono Paolo Bordogna che ha vestito i meravigliosi panni - non solo in senso metaforico; io stesso vorrei indossare il suo costume di "sortita" - di Dandini; anche qui siamo di fronte ad una bravura indiscussa che l'improvvisazione e l'emergenza hanno confermato con il sigillo di ceralacca; avendo visto "l'originale" debbo dire che non si è notata nessuna sfasatura nell'approccio scenico e spaziale del nuovo entrato, che è riuscito a dominare le movenze e la vocalità in un unicum speciale; l'emissione è precisa ed anche qui il rapporto con la parola è sempre attento e pieno di significato, senza mai scadere nel dozzinale e nel grottesco.
Avevo lasciato in sospeso un discorso parlando di Don Magnifico; credo che uno dei momenti più alti di questa rappresentazione sia stato proprio il duetto del secondo atto con i due interpreti maschili di cui finora ho parlato; Un segreto d'importanza è stato davvero un quadro di solenne bravura in cui la Comicità (volutamente con la maiuscola) e la capacità di restituire la parola cantata attraverso un'emissione solida, pulita e precisa nelle intenzioni, sono stati gli ingredienti per infiammare un pubblico già coinvolto in maniera pressoché totale.
Degno di grande plauso anche Matteo D'Apolito che è riuscito a restituire tutto quell'alone di mistero e charme di Alidoro, deus-ex-machina, della drammaturgia; la sua presenza scenica desta fascino e suscita armonia e la vocalità sempre più matura ha trovato nella sua grande pagina del primo atto Là del ciel nell'arcano profondo la capacità di godere di un canto legato, pregnante nell'intenzione e con un'emissione ben proiettata in cui l'intonazione e gli accenti narrativi hanno sempre evidenziato il carattere pragmatico, ma rassicurante, del ruolo.
Bravi gli artisti del coro del Teatro Municipale di Piacenza preparato dal M° Corrado Casati che, impegnato nella sola sezione maschile, ha dato prova di grande preparazione con voci degne di ruoli solistici.
Anche la bacchetta di Erina Yashima, già al comando della nave nell'esordio lucchese è riuscita a trovare ancor più coesione con il palcoscenico ed una maggiore interazione con gli strumentisti facendo emergere le sonorità sempre fresche e vivaci dell'Orchestra Giovanile Luigi Cherubini; unica nota che mi sento di esprimere, ma solo per una questione di gusto, è quella che riguarda la scelta di alcuni tempi in cui "sentirei" la necessità di maggiore grinta e brio.

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Teatro quasi esaurito ed ovazioni elargite sinceramente e indistintamente per tutti a cornice di una produzione che non dubito possa essere considerata tra le più belle cui abbia mai assistito; concordo con chi, alla fine della recita ha detto: «La più bella Cenerentola che ho visto dopo quella di Ponnelle.»
Sono convinto che anche il Cigno pesarese proprio in quest'anno che si celebrano i 150 anni dalla morte possa ritenersi contento di vedere un capolavoro sì immortale - siamo ormai duecento e uno anni dalla prima rappresentazione - rivitalizzato da tanta bellezza e bravura.

Crediti fotografici: Claudio Cavalli per l'Uffico stampa del Teatro Municipale di Piacenza
Nella miniatura in alto: la protagonista Teresa Iervolino






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