Pubblicato il 23 Agosto 2023
Celebrati all'Universitā di Ferrara i vent'anni della Associazione Musicale Bal'danza
Conversazioni musicali su tre libri servizio di Edoardo Farina

20230823_00a_VentennaleAssociazioneBaldanza_PaoloFabbriFERRARA - L'Associazione Bal'danza ritorna nel luogo dove ha iniziato il suo viaggio vent’anni fa esattamente nel 2003, ovvero l’Università di Ferrara; e continua attraverso una serie innumerevole di conferenze, educazione all’ascolto, appuntamenti culturali e concerti tutto l’anno confermandosi tra le associazioni locali più attive e intraprendenti in assoluto.
20230823_01_VentennaleAssociazioneBaldanza_LibroSuRossiniGiovedì 11 maggio 2023 presso la sede di Via Voltapaletto,11 nell’ambito del progetto "Orfeo son io… Conversazioni musicali”, abbiamo incontrato Paolo Fabbri alla presentazione il suo ultimo lavoro Come un baleno rapido. Arte e vita di Rossini (869 pagine edite dalla Libreria Musicale Italiana, Lucca 2022) grazie alla collaborazione del Dipartimento di Economia e Management e al Prof. Patrizio Bianchi (UNIFE, Cattedra Unesco, crescita, sviluppo e uguaglianza). Con Fabbri, professore emerito nell’università estense, insegnante di Storia della Musica Moderna e Contemporanea, ha conversato Alessandro Roccatagliati ordinario di Musicologia e Storia della musica sempre nell’ateneo ferrarese, attivo dal 1992 e Nicola Badolato, professore associato di Musicologia e Storia della musica presso il DAMS dell’Alma Mater - Università di Bologna, docente di Teoria e Drammaturgia musicale. 
In apertura del primo dei tre appuntamenti, il Presidente dell’Associazione Bal’danza Valeria Conte Borasio dopo i consueti ringraziamenti, ha voluto sottolineare innanzitutto l’importanza di coinvolgere dei soci illustri e onorari quali il Prof. Bianchi, lo stesso Fabbri tra i fondatori, rappresentanti una risorsa senza eguali oltre essere motivo di orgoglio, quindi riproporre le consuetudinarie conversazioni nell’ottica dell’ambito musicologico e didattico, come afferma lo stesso Badolato presente in tutti gli incontri primaverili in calendario.
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È uscito così un altro volume su Rossini, di cui non si è scritto probabilmente mai abbastanza, anche se innumerevoli sono le pubblicazioni riguardanti la vita e l’opera del genio pesarese, cimentandosi in questo compito di ricerca anche letterati di chiara fama, quali nell’Ottocento Stendhal e nel secolo successivo Riccardo Bacchelli che ha pubblicato addirittura un romanzo dall’omonimo titolo Gioacchino Rossini: «Il segreto della musica rossiniana sta nell’ingenuo calore dell’amor della vita, e dello svago stesso, e dell’istinto, e del bello; in un’ingenuità di abbandono che non può essere della consumata perfezione stilistica.»
Tra i più completi e documentati ricercatori della vita del Cigno di Pesaro, risulta ancora oggi essere il musicologo marchigiano Giuseppe Radiciotti, (Jesi 1858 - Tivoli 1931), attraverso la sua monumentale biografia in tre volumi redatta negli anni 1927/29.
Figlio di una discreta cantante (Anna Guidarini) e di un mediocre suonatore di corno (Giuseppe, detto Vivazza), l’infanzia di Gioachino Rossini (si badi bene, con una “c” sola, ma al battesimo di nome anche Giovacchino Antonio) fu segnata da un talento precocissimo. A quattordici anni compose la sua prima opera, Demetrio e Polibio e a trentasette - dopo il Guglielmo Tell - smise di scrivere per il teatro lirico, ritirandosi a vita privata. Pigro, umorale, ipocondriaco, collerico ma anche gioviale, facile ad attacchi di ridarella, innamorato del buon cibo e delle belle donne, a quarant’anni era già vecchio e acciaccato: «Patisco assai, mi creda, patisco assai» diceva al suo medico, e a chi gli chiedeva di scrivere nuove opere rispondeva: «La musica vuol dire freschezza d’idee: io non ho che languore e idrofobia.»   «Nonostante ciò tra i compositori d’opera italiana, per primo ha dato nome a un’epoca - ha detto Fabbri -  la sua personalità musicale s’impose in maniera così vigorosa e perentoria da farne quasi una tirannica pietra di paragone con cui misurarsi. La sua fortuna senza confini - geografici, o di classe sociale che fossero - ne fece l’emblema della musica di successo da opporre - o quanto meno affiancare - a quella reputata più colta e sperimentale. Rossini percorse buona parte del secolo XIX°. Iniziata nell’Antico Regime, la sua vita attraversò gli sconvolgimenti dell’età napoleonica, la Restaurazione e le rivoluzioni del 1848, approdando infine alla prima Modernità. Il successo gli fece salire rapidamente i gradini della scala sociale: da una famiglia di artigiani modestissimi e precari a idolo di aristocratici, grandi borghesi, perfino regnanti: da musicista squattrinato, a ricco possidente e finanziere. Oltre che l’uomo, questo libro affronta l’artista e le sue opere, che riflettono gusti e tendenze culturali delle epoche e degli ambienti in cui egli fu attivo: l’eredità dei Classici e le novità Romantiche, l’estetica del Bello Ideale e la tensione verso il Sublime, la Storia in scena e i suoi protagonisti. Per ricostruire tutto ciò, il volume mette a disposizione del lettore le indispensabili coordinate storiche, una ricca documentazione d’epoca e frequenti guide drammaturgico-musicali delle opere più significative della sua produzione. Particolare attenzione è dedicata alla formazione di Rossini compositore e ai suoi predecessori: in altre parole, a ciò che furono le sue radici, il terreno su cui formò il proprio stile. Circoscriverlo e definirlo è ciò che si prefiggono le pagine centrali di questo lavoro.»

20230823_00b_VentennaleAssociazioneBaldanza_DarioFavretti20230823_03_VentennaleAssociazioneBaldanza_LibroMusicaEPoesiaNella seconda Conversazione Musicale, avvenuta il 25 maggio 2023 nella medesima sede universitaria alla presenza di Valentina Mini, cattedra UNESCO e professore a contratto di statistica avanzata e statistica per l’economia e l’impresa all’università di Ferrara, Dario Favretti, (tra le innumerevoli attività musicali, direttore artistico del Teatro Comunale di Ferrara e di Ferrara Musica sino al 2019) -  nel ruolo di moderatore -  Giuseppina La Face (già professore ordinario di Musicologia e Storia della Musica nell’Università di Bologna ove ha diretto il Dipartimento di Musica e Spettacolo, poi Dipartimento delle Arti), è stato  presentato il libro Musica e poesia son due sorelle – Percorsi d’ascolto per la scuola per i tipi della FrancoAngeli in 466 pagine, raccolta di saggi scritti con l’intenzione di focalizzarsi sulla trasposizione didattica del sapere musicale attraverso strategie d’ascolto mirate, con riferimento costante al contesto storico-culturale.
I ventidue percorsi didattici qui offerti, tutti incentrati su brani musicali muniti di testo poetico, si devono a musicologi attivi nell'università e istituti pareggiati, rivolgendosi tanto ai docenti quanto ai semplici appassionati affrontando composizioni esteticamente e culturalmente assai diverse: dal madrigale trecentesco Appress'un fiume chiaro di Giovanni da Cascia al contemporaneo Quaderno di strada di Salvatore Sciarrino; dalla cinquecentesca Missa Hercules Dux Ferrariae di Josquin des Prez ai Canti di prigionia di Luigi Dallapiccola; dal Giulio Cesare in Egitto di George Frideric Händel al Trovatore di Giuseppe Verdi e alle Chansons madécasses di Maurice Ravel; dal jazz (Fables of Faubus di Charles Mingus) a una canzone di Fabrizio De André (Non al denaro non all’amore né al cielo).
Delineato l'argomento, dichiarati gli obiettivi, ogni percorso si dipana in varie proposte di attività per gli studenti, in ipotesi di sviluppo che approfondiscano le conoscenze acquisite, in alcune linee guida per la verifica degli obiettivi. Al di là della presentazione del volume, il dibattito si è incentrato sui numerosi problemi relativi all’insegnamento della musica nelle scuole nei confronti dei ragazzi appartenenti alle nuove generazioni, creando un interessante confronto di opinioni tra La Face e Favretti; spesso assai lontani dalla tradizione puramente classica, si è cercato di focalizzare il disinteresse ma anche il tentativo a volte ben riuscito di rendere noti capolavori senza tempo sempre meno noti alla maggioranza, nonostante i numerosi coinvolgimenti da parte delle istituzioni artistiche del territorio. 

20230823_00c_VentennaleAssociazioneBaldanza_AlbertoDelamaTerza e ultima Conversazione svoltasi il 31 maggio, abbiamo incontrato Alberto Delama e Marco Uvietta riguardo l’esposizione del testo Il suono conquistato e organizzato. La musica secondo Luciano Chailly, 323 pagine stampate nuovamente dalla Libreria Musicale Italiana, Lucca, 2022.
Autore di lavori teatrali, sinfonici e cameristici, Luciano Chailly (Ferrara 1920 - Milano 2002) si è diplomato in violino nella sua città natale nel 1941, in composizione a Milano nel 1945 e laureato in Lettere presso l'Università di Bologna nel 1943. Dal 1951 al 1967 è stato impegnato presso la RAI, in qualità di consulente e programmista, mentre in seguito ha svolto attività di direttore artistico presso vari enti lirici italiani, tra cui il Teatro alla Scala di Milano (dal 1968 al 1971), l'Arena di Verona (dal 1975 al 1976), il Teatro Carlo Felice di Genova dal 1983 al 1985; nel 1987 è stato eletto presidente della Feniarco, (Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali) ha inoltre svolto attività di critico musicale e di docente di composizione presso diversi conservatori italiani (Milano, Perugia, Cremona).
Nel 1954 ha iniziato un importante sodalizio con lo scrittore Dino Buzzati, il quale ha scritto per Chailly quattro libretti d'opera  avendo spesso curato diversi  allestimenti scenografici. Padre del celebre direttore d’orchestra Riccardo Chailly, ne riportiamo un suo breve intervento tratto dal capitolo Conoscere e dirigere la musica di Luciano Chailly: «Desidero esprimere una parola di apprezzamento per la qualità di questo libro e la profondità dell’analisi storica e musicale con cui nei diversi saggi, uno per ogni aspetto o genere, si affronta la musica di mio padre. È per me una soddisfazione che questo progetto editoriale abbia trovato la luce e sia stato realizzato in questa forma dalla Libreria Musicale Italiana. Il mio ringraziamento va prima di tutto ai curatori e agli autori per il loro lavoro. Proprio per questo vorrei dare il mio contributo di conoscenza senza indulgere troppo alla dimensione filiale e affettiva, profonda ma privata, fornendo invece una serie di informazioni che forse possono essere utili a chi si interessa alla sua musica e più in generale al Novecento musicale italiano. Dunque, per rispondere alla richiesta di un breve testo introduttivo, vorrei prima di tutto lasciar riaffiorare alla memoria qualche significativo momento musicale e familiare; e poi ricordare le emozioni che ho vissuto dirigendo la musica di mio padre: forse infatti non tutti sanno che ho affrontato dal podio molte sue composizioni, soprattutto negli anni Settanta e Ottanta.»
20230823_05_VentennaleAssociazioneBaldanza_LibroIlSuonoConquistato20230823_06_VentennaleAssociazioneBaldanza_MarcoUvietta«Questo libro - afferma Delama - raccoglie le relazioni del tele-convegno in dodici puntate (Trento, 13 ottobre – 18 dicembre 2020, online) "…il suono conquistato e organizzato" con l’aggiunta di due nuovi contributi. La poliedrica personalità artistica di Chailly è trattata non solo prendendo in considerazione le sue composizioni, ma anche contestualizzandone il senso nel più ampio panorama del suo tempo e nel suo intenso impegno per la diffusione della cultura musicale. Suddiviso in tre sezioni principali, Drammaturgia e vocalità, Prospettive e contesti, Generi opere stili, il volume si conclude con una bibliografia ragionata del compositore ferrarese.  Ne deriva il profilo articolato e accattivante di una figura di spicco del secondo Novecento, il cui approfondimento al di là del dovuto omaggio al compositore contribuisce significativamente alla conoscenza di un periodo storico cruciale nella storia della composizione musicale.»
Lo stesso Delama, violoncellista e dottore magistrale in Musicologia, dopo averne illustrato ampiamente il lavoro svolto, è giunto al termine eseguendo direttamente un brano del compositore al violoncello.
La conclusione della giornata è stata affidata alle ultime dotte spiegazioni da parte di Uvietta, anch’egli musicologo e docente al Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento ove attraverso il supporto di Nicola Badolato e diverse domande da parte del numeroso pubblico presente in sala, al termine ne è stato indicato il contenuto del CD allegato in retro di copertina, contenente quattordici tracce, tra cui varie improvvisazioni per organo, violoncello solo e sonate con pianoforte, chitarra, perlopiù prime incisioni inedite spaziando dal 1963 alla fine dell’ultimo decennio del secolo scorso.
«Ciò che stimolava la mia natura ed eccitava la mia fantasia era lo ‘strumento’, il suono prodotto dall’intelligenza, il suono conquistato e organizzato» è una delle più celebri frasi di Luciano Chailly.

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Crediti fotografici: Boris Cossutta
Nella prima miniatura: il prof. Paolo Fabbri
Sotto, da sinistra: Patrizio Bianchi, Nicola Badolato, Alessandro Roccatagliati, Paolo Fabbri
Nella seconda miniatura: il M° Dario Favretti
Nella terza miniatura: il M° Alberto Delama
Sotto: Marco Uvietta
In fondo, da sinistra: Valentina Mini, Valeria Conte Borasio, Nicola Badolato, Dario Favretti, Giuseppina La Face





Pubblicato il 16 Maggio 2023
Presentato da Anna Quarzi, Massimo Masotti e Riccardo Modestino a Palazzo Roverella
Stupendo libro fotografico di Magri servizio di Edoardo Farina

20230516_Libri_00_CarloMagriFerraraLInfinitoIstanteCarlo Magri
Ferrara. L'infinito istante. Tempo e memoria nelle immagini
Case editrice La Carmelina
Ferrara, l'infinito istante. Tempo e memoria nelle immagini, scritto da Carlo Magri per i tipi della casa editrice La Carmelina non vuole porsi come un ennesimo libro sulla storia di Ferrara, pubblicati ormai a decine ove tra i più noti ricordiamo Saluti da Ferrara e Il volto di Ferrara nella cerchia antica, editi tra gli anni '60 e '80 del secolo scorso, dove le rarissime cartoline d'epoca quasi tutte in bianco e nero, ci riportavano con un pizzico di nostalgia e curiosità in quella città dove spesso a stento riuscivamo a riconoscerne gli angoli delle strade, palazzi e case oggi sostituite con nuove costruzioni. Alla base di questi volumi spesso considerati oramai desueti, c'era la cartolina illustrata, che oggi appartiene al passato. Si mandava quando si era in vacanza ad amici e parenti per ottenere due risultati: dirgli che in una condizione di riposo e divertimento erano comunque nei nostri pensieri e a nostra volta per farsi ricordare da loro. Il solo fatto di essersi appuntati l'indirizzo del destinatario era già considerato un gesto di grande attenzione. La scelta dell'immagine avveniva scorrendo lentamente rastrelliere poste fuori dalle tabaccherie, soppesandole una ad una, cercando di evitare quelle troppo stereotipate nel tentativo, non sempre riuscito, di far passare un briciolo di personalità anche in una piccola foto. Poi c'era il testo. Lo spazio ristretto richiedeva una sintesi salvifica: eri autorizzato a scrivere poco, anche la classica frase "saluti e baci" senza essere considerato pigro. Ma potevi pure sforzarti di più e sfidare le dimensioni ridotte del retro per stipare un pensiero più articolato, magari chiosato da una corolla di firme di amici con i quali eri in ferie.

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Perché una firma su una cartolina non si negava mai. Ma l'aspetto più intrigante della cartolina era il suo essere "pubblica". Rivolta al destinatario era potenzialmente letta da tutti, dal portalettere ai familiari dell'amico. E questo finiva sempre per condizionare l'estensore del testo. Dovevi almeno sforzarti di scrivere in modo leggibile. Il francobollo. Era vera gratitudine quella che nutrivi verso il tabaccaio che non ti rifilava il triste francobollo basico con l'Italia turrita, ma ti forniva un piccolo gioiello filatelico con un monumento celebre o un'opera d'arte. Tutto era funzionale a confezionare una cartolina che si distinguesse dalle altre. La cartolina, infine, conteneva un ultimo, sotterraneo, messaggio: comportava un piccolo investimento. Il costo dell'oggetto (che cambiava in base alla qualità del manufatto) e l'affrancatura. Non ti eri ricordato solo della vecchia zia o dell'amico. Avevi speso qualche soldo per rappresentargli il tuo affetto. Il cellulare prima e internet dopo hanno rottamato la cartolina. Ma, come spesso accade, a volte ritornano. Se quest'estate volete mandare un saluto più forte a un parente o a un amico, speditegli una cartolina. Nel brusio di sottofondo di centinaia di sms, post, chat lo avrete fatto sentire speciale e avrete conquistato una posizione d'onore nella sua anima.
Questa era la cartolina... ma il volume in questione non trae immagini propriamente da cartoline illustrate, anche se ne è stata doverosa una presentazione, bensì da una realtà molto meno paesaggistica, ovvero quella ricavata dalle foto della città estense durante e post l'ultimo conflitto bellico che ha visto distrutto come ben sappiamo centinaia di edifici, sia monumentali che civili abitazioni.
Presentato il 15 dicembre 2022 presso il Circolo Negozianti a palazzo Roverella, con le prefazioni della Prof.ssa Anna Quarzi, del Dr. Massimo Masotti e del Dr. Riccardo Modestino, presidente dell'Associazione De Humanitate Sanctae Annae OdV che ne ha dato il patrocinio con l'Istituto di Storia Contemporanea e riproposto  nuovamente il 25 febbraio scorso presso la sede dell'Orchestra a plettro "Gino Neri" -  nell'ambito delle iniziative legate alle attività della biblioteca recentemente istituita -  a  cura degli stessi autori presenti in sala attraverso il supporto di Massimo Grasso e Ester Brina nel compito di moderatrice, si pone come un libro di nuovissima e originale concezione in cui la fotografia dell'autore coglie le forme dello spazio urbano di Ferrara tra palazzi e piazze così com'erano oltre cinquant'anni fa e come sono oggi. Le sequenze consentono di cogliere nell'istante un'immagine unitaria, la memoria di ieri e di oggi estese anche a numerosi paesi della provincia. Volti nel tempo di Ferrara in un'opera articolata in due sezioni a sé stanti, Carlo Magri, storico e amatore dell'arte cinematografica, avvia una originale scelta di vedute della città sublime, mirabili spiragli di senso sul bordo della vita. Confessando subito di aver iniziato ad amare le arti figurative - tra cui quella fotografica - da quando per la prima volta vide "nella pietra qualcosa di simile alle parole" e riconobbe la possibilità a un'immagine di "celarsi nel marmo e riscaldarlo come fosse carne".

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Fu allora che s'innamorò della fotografia, per via della forza visiva che alcune immagini proiettano oltre sé stesse e il proprio tempo. "Avessi mai pensato, nella mia mente astratta che la bellezza si poteva calare in una pietra, o fissarsi in un velo di colore; avessi potuto credere che si era costituito un mondo parallelo popolato di simulacri più vivi e animati degli uomini. Per me la bellezza stava soltanto nella parola".

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L'opera, senza nulla togliere all'omonima della regista Sonia Giardina autrice del documentario dedicato a Giuseppe Leone in omaggio al grande fotografo ragusano, alla sua arte e alla sua capacità di restituire, con scatti iconici i mille volti della Sicilia e delle sue genti così come il saggio del fotografo Geoff Dier, dal medesimo titolo, o Sergio Zavoli il cui argomento è invece la poesia, ne trae un racconto intenso ma anche distaccato. Le immagini, ricostruite con perizia millimetrica, come fossero dei capitoli concettuali, scandiscono quasi con ritmo musicale la concezione della fotografia, intesa come arte che non deve cercare necessariamente il bello ove il motore vero della stessa risiede infatti nel desiderio di vedere e di capire. I fotografi hanno sempre preso dalla realtà ciò di cui avevano bisogno, ma devono anche restituire qualche cosa che il visivo in quanto tale non ha, essendo un difficile dare-avere, ma senza questo scambio di doni -  sembra dire Carlo Magri - non si andrebbe da nessuna parte. Grazie alla tecnica adottata per riscostruire edifici, luoghi eccetera, noi possiamo tornare a guardare quei capolavori con gli occhi del passato, alla luce di quella del presente. Egli conduce il suo studio con l'acume critico, la spigliatezza discorsiva e la straordinaria apertura concettuale che lo caratterizzano, con sicurezza e dovizia di conoscenze, creando nel lettore l'ansia di conoscere ciò che viene dopo, divertendo, incuriosendo, senza mai stancare. E se, da una parte, sembra ricordare ai lettori che solcano "in piccioletta barca" un vasto mare di conoscenze, dall'altra offre loro la possibilità di seguirlo tranquillamente nel suo "filosofare" pacato, ma denso di passione, nelle sue idee sull'arte fotografica, prima fra tutte quella secondo cui essa "possa consentire ciò che la morte non vuole". Il lettore si convince che l'immagine è dotata di parola, deve essere vista e toccata, partecipa composto al convito dello stupore, del piacere, delle emozioni, degli aneddoti, condivide con fervore la forte e inequivocabile denuncia contro la confusione che regna nel presente. Riecheggia, nella ricerca di Magri, l'affermazione dello scrittore, drammaturgo e pittore svizzero Friedrich Dürrenmatt quando scriveva: "Gli uomini dicono solo con approssimazione la verità, come se nella verità non fossero importanti soprattutto i particolari" Forse perché gli uomini stessi sono soltanto un'approssimazione".
Così Magri coinvolge il lettore dando vita a un mondo tenuto in ibernazione, fatto osservare da lontano, ora oggetto d'indifferenza, ora circonfuso di timore sacro, dalle mille sfaccettature, a volte contraddittorie; stimola a riflettere sull'opera d'arte, a oltrepassare il "velame" dell'apparenza, a non far correre la parola più veloce del pensiero, perché, altrimenti, si rimarrebbe offuscati, disorientati, come quando, dopo essere stati a lungo al buio, si è investiti da una meridiana luce.

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"Non andate a cercare l'anima nelle velate, prevedibili, notturne apparizioni della pittura simbolista; non siate contenti delle sue spoglie, delle sue esterne facce. L'anima non ha volto e non è neppure indicibile: essa si rivela quando comunica un'emozione, quando convoca la sua compagnia che è in noi. Tutte le forme più alte dell'arte hanno cercato di riconoscere in un viso, in un moto del corpo, in uno sguardo levato al cielo, la sua chiara impronta e soltanto in questo sforzo di trasumanazione hanno raggiunto il loro fine". L'impegno risiede infatti nel mettere al centro il soggetto e ricostruirvi attorno la figurazione architettonica. Con l'autore essa diviene pensiero, si anima, tira fuori un che di poetico e, come riteneva Godard, esprime il suo messaggio, essendo una conversazione quella che si instaura tra noi e l'immagine. "Le opere d'arte - tra cui quelle fotografiche - aprono lunghissimi e mai conclusi dialoghi del protagonista con la sua forma conquistata, ma anche di un testimone, di un sopravvissuto che, attraverso l'artista, attribuisce i suoi sentimenti, le sue passioni, i suoi ricordi e la memoria viva di ciò che è stato, del proprio mito, a un simulacro di pietra o di legno che continua a parlare". In conclusione egli ne intende ciò come immagine-percezione, immagine-affezione, immagine-pulsione, immagine-azione, alla stessa maniera ove il filosofo francese Gilles Deleuze, scrive nell'immagine-tempo: "E' quella che muove sé stessa in sé stessa. In questo senso non è dunque né figurativa, né astratta, come fossero immagini cinematografiche". Si dirà che questo vale per tutte le raffigurazioni artistiche; ma in questi racconti di vita, passata e presente, Magri racconta, attraverso ciò che ci propone, lo stupore e la meraviglia, così come l'angoscia e la paura, ma anche la felicità rivissuta attraverso la memoria e il tempo delle diverse età di vita di ciascuno di noi. Un sentire che diviene cioè conoscenza profonda del mondo, un inno alla gioia nelle segrete stanze della nostra esistenze.
Il volume, stampato in copie numerate e firmate dall'autore di formato rettangolare con circa novanta foto a colori e altrettante pagine con brevi testi che le accompagnano, offre diverse vedute della città ricostruite a computer in maniera assolutamente originale, ove dalla prima in bianco e nero scattata dopo i tragici bombardamenti, ma anche tanti fotogrammi del cinema ferrarese inseriti nei luoghi in cui essi vennero ambientati, (tra i più noti La lunga notte del '43  del 1960 diretto da Florestano Vancini, soggetto liberamente tratto da uno dei racconti dalle Cinque storie ferraresi, libro con il quale Giorgio Bassani vinse il Premio Strega nel 1956, Il giardino dei Finzi Contini, film drammatico del 1970 per la regia di  Vittorio De Sica tratto dall'omonimo romanzo ancora di Bassani, poi Ossessione del 1943,  opera di Luchino Visconti ispirata a Il postino suona sempre due volte di James M. Cain), viene accostata e sovrapposta la parte mancante a colori in quella dei giorni nostri ad avvenuta ricostruzione. Il risultato è un suggestivo effetto se vogliamo anche di stupore e incredulità non trattandosi delle solite foto della città ma utilizzando un procedimento detto di fusione di cartelle tipico di particolari procedure scientifiche. Come tale, ogni pagina obbliga il lettore a fermarsi e a guardarla con attenzione per i tempi che essa racconta tramite i diversi momenti della ripresa, incastrati nella stessa. E così possiamo rivedere determinate vie del centro storico, il castello Estense, il ponte di San Giorgio, allora rasi al suolo, mentre manca purtroppo qualche foto del Teatro Comunale oggi a nome di Claudio Abbado, a suo tempo gravemente danneggiato e riaperto solo nel 1964 dopo ventennale chiusura e il sapiente restauro per opera dell'ingegnere ferrarese Carlo Savonuzzi a cui oggi ne è intitolato un viale sito nella limitrofa frazione di Pontelagoscuro.
"Una fotografia contiene in sé un solo tempo, il tempo della ripresa, dello scatto. Subito dopo l'istante della foto, il tempo è già passato. Sono andato quindi alla ricerca di un tempo trascorso della città di Ferrara, dalla guerra al cinema, creando nuove immagini in grado di dialogare con il presente.

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Guardando e scavando in profondità ogni foto, scopriamo altre realtà come stratificazione del tempo. Bisogna solo riuscire a farlo e guardare con altri occhi dietro la nebbia, oltre i muri, dentro il buio della notte, oltre il tempo. Una fotografia contiene in sé un solo tempo, il tempo della ripresa, dello scatto. Subito dopo l'istante della foto, il tempo è già passato. Sono andato quindi alla ricerca di un tempo trascorso della città di Ferrara, dalla guerra al cinema, creando nuove immagini in grado di dialogare con il presente. Nelle foto ho cercato di recuperare al presente nel tempo passato, a volte tragico, a volte meno come nelle ricostruzioni filmiche. Nell'arco temporale che sottende le fotografie fuse insieme, ho cercato la quarta dimensione, cioè il tempo che le divide ma che anche le collega. Le immagini sono stare scelte privilegiando soprattutto luoghi esterni perché più facilmente visibili e riconoscibili da tutti, mantenendo uno sviluppo visivo orizzontale, perché la nostra visione naturale si sviluppa in orizzontale.
Spero, proponendo queste nuove immagini come elaborazioni di più fotografie, che esse siano intese come 'immagini efficaci' capaci di andare oltre lo sguardo superficiale, siano cioè in grado di comunicare un fatto, un'emozione e che abbiano la forza di arrivare al cuore di chi le guarda" -  afferma infine Magri.

«... L'anima vagabonda illumina questo mondo.
Non c'è bellezza senza verità e rivelazione.
Essa brilla e non si lascia toccare ...»
(Rogier Nemier, Amour et noant, 1951)

Fotografie del servizio gentilmente concesse dall'autore
Nella miniatura in alto: Carlo Magri, l'autore del libro
Al centro: la copertina del volume
Sotto in sequenza: le suggestive immagini create da Magri





Pubblicato il 20 Giugno 2020
L'Editrice Rugginenti pubblica una biografia del basso di cui poco s'č occupata la critica togata
Giulio Neri il dimenticato indimenticabile recensione di Paolo Padoan

200618_Libri_00_GiulioNeriIlBassoDellOperaGiovanni Marchisio
GIULIO NERI il Basso dell'Opera
Editrice Rugginenti Milano 2020, pp. 300 Euro 21,90
Gli amanti del melodramma, ma ancor più i critici, gli storici, i cultori dovrebbero sentire il dovere morale di ricordare coloro, fra cantanti o direttori d’orchestra, che hanno dato loro momenti di gaudio, di soddisfazione, di piacere. L’arte della musica dà tutto questo e altro ancora. In genere, dei vari interpreti, dei tanti protagonisti d’uno spettacolo operistico, si conosce l’essenziale, quello che eventualmente il programma di sala è solito riportare.
Ma vi sono, però, fra gli ascoltatori e fra quelli che l’opera la vivono intensamente, anche coloro che sanno tutto di loro, anche attraverso ricerche, indagini personali. Sono ancora diversi in Italia (ma non come tempo addietro) i superstiti circoli di melomani ove ogni socio conosce vita, morte e miracoli e forse anche di più, ad esempio di un tenore o di un soprano. Questi sono un bagaglio ricchissimo di notizie, ma purtroppo, spesso, il tutto resta nel cassetto del dimenticatoio.
Fortunatamente questa rara categoria di veri e propri cultori, mai osannati abbastanza, capaci di affrontare lunghe ma appassionate ricerche o consultazioni meticolose di programmi teatrali su spettacoli avutisi in epoche lontane e persino in teatri di provincia, questi veri benemeriti ricercatori vi sono ancora. Pochi, ma preziosi. Non sono degli incalliti laudatores temporis acti di oraziana memoria perché sanno cogliere le innovazioni del presente (sopportando magari con rassegnazione le discutibili novità registiche) e sanno adeguarsi al progresso e allo stile esigenze attuali. Sono dei benemeriti e costanti pungolatori che invitano a non dimenticare e quindi a rendere omaggio a tanti artisti oggi ingiustamente dimenticati.
Fra questi, spicca il nome di Giovanni Marchisio, lombardo, classe 1972, già autore di due importanti biografie dedicate al celebre Carlo Tagliabue, scritte con passione ed autorevolezza e che riportano con chiarezza e con ricchezza di dettagli la vita e l’arte di questo baritono definito da molti “voce verdiana per eccellenza”.  Sulla scia del successo ottenuto, Marchisio ha oggi dato alle stampe, con i tipi dell’Editrice Rugginenti di Milano (Gruppo editoriale Volontè  e Co), un’altra biografia, anche questa dettata dallo stesso spirito del cultore e dello stimolatore. E’ dedicata a Giulio Neri che, giustamente definisce “l’ultimo autentico basso profondo del teatro lirico italiano”. Un lavoro di particolare interesse, prezioso per i tanti dettagli, le precise informazioni e lo scorrere piacevole del testo.
Il tutto in 23 capitoletti, seguendo un ordine cronologico dei tanti eventi e con ricche informazioni anche sul luogo di origine, sulla giovinezza e sugli studi iniziali del celebre basso di Torrita di Siena.
Aprono il volume una Prefazione di Bruno Baudissone, il saluto del Sindaco di Torrita e una Introduzione dello stesso autore che rivela il suo casuale primo approccio con la voce del Neri avvenuto attraverso l’ascolto di una musicassetta negli anni Ottanta. Un ascolto che l’ha letteralmente folgorato. Chi conosce bene le tante registrazioni discografiche che testimoniano la rara, profonda, possente e unica voce del basso toscano può dargli senz’altro ragione.
Il libro è tutto da leggere. Ogni capitolo, scritto con chiarezza e semplicità, racconta gli sviluppi e l’intensità della carriera del basso che grazie ai suoi splendidi mezzi vocali e alla sua spiccata professionalità, ben presto si segnalò nei più importanti teatri italiani e stranieri, con particolare preferenza per l’Opera di Roma,  da cui il sottotitolo che Marchisio ha voluto dare al suo lavoro.
L’autore fa anche notare come certa critica, che in genere viene definita ironicamente “togata”, non abbia preso in seria considerazione questo artista, tra l’altro uomo di grande umanità e socievolezza, buono e adorabile (come asserito da diversi colleghi di scena), “tanto bravo e tanto buono” (come lo definì Tullio Serafin). Eppure, afferma e conferma, si tratta dell’ultimo vero basso profondo del nostro teatro lirico. In effetti non viene citato nel volume “Le grandi voci” e neppure è presente nella bella raccolta “Voci a confronto” e “Le interpretazioni indimenticabili” della Fratelli Fabbri e né, ad esempio, nel Dizionario illustrato “Opera” della Mondadori, nella Nuova Enciclopedia della Musica Garzanti, nell’Enciclopedia della Musica De Agostini ed in altri repertori.
Il volume di Marchisio fa giustizia di queste gravi dimenticanze, e il materiale che produce a josa testimonia senza discussione alcuna il valore di questo artista completo, sia vocalmente che scenicamente, purtroppo scomparso troppo presto. Le tante recensioni riportate smentiscono ogni dubbio sulle rare e splendide qualità della voce e sulla professionalità di grande spessore umano.
Arricchisce il volume una cospicua Appendice. Otre alle varie iniziative promosse a Torrita di Siena per ricordare il proprio illustre concittadino, seguono una dettagliata Cronologia, la Discografia e la Filmografia, l’elenco del notevole repertorio, la bibliografia e l’Indice dei nomi. Ricco pure il corredo fotografico presente sia nel testo e sia nell’elencazione del repertorio ove l’Autore ha cercato di inserire fotografie collegate al ruolo illustrato. Quanto mai preziose sono le precisazioni nella discografia ove viene indicata la attuale reperibilità dei cimeli operistici ufficiali e “live”.
Condividiamo con il Sindaco la speranza, o meglio ancora, la certezza, che il bel libro di Giovanni Marchisio riuscirà a dare il giusto merito a quello che senza dubbio è stato uno degli interpreti migliori della lirica nazionale. Una cosa è certa: resteranno nella storia del disco e dell’interpretazione il suo Mefistofele, il suo Grande Inquisitore, il suo Mosè, il suo Baldassarre, il suo Padre Guardiano, ma anche, perché no, il suo Sparafucile, il suo Don Basilio, il suo Ramfis e le sue prestazioni wagneriane.






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