Pubblicato il 22 Luglio 2024
Spettacolo applauditissimo nella Cavea del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Il buon Barbiere di Kang servizio di Nicola Barsanti

20240721_Fi_00_IlBarbiereDiSiviglia_HaeKang_phMicheleBorzoniFIRENZE - La Cavea del Teatro del Maggio si accende, avvolta dalle suggestive luci della magica Firenze. Basta salire qualche gradino per essere accolti da uno straordinario panorama della città: da sinistra verso destra sembra possibile toccare con un dito la cupola del Brunelleschi, il campanile di Giotto e il Palazzo della Signoria. Il numeroso pubblico, tra cui molti turisti, inizia a prendere posto sulle gradinate, mentre una voce metallica preannuncia l’inizio della rappresentazione del famoso Barbiere di Gioachino Rossini: «... È in partenza il treno da Firenze a Siviglia.»
Prende così vita  la celebre opera buffa, nell'allestimento del regista Damiano Michieletto.
La prima rappresentazione di Il Barbiere di Siviglia avviene il 20 febbraio 1816 al Teatro Argentina di Roma. La composizione dell'opera è un processo incredibilmente rapido; si narra che Rossini scriva la musica in meno di tre settimane. Un curioso aneddoto riguarda la prima rappresentazione: è un disastro a causa di vari imprevisti, tra cui la rottura di una corda della chitarra durante l'aria di Figaro e un gatto che attraversa il palcoscenico, scatenando risate e confusione tra il pubblico. Tuttavia, la seconda rappresentazione ha un successo travolgente, consacrando l'opera al pantheon dei capolavori del teatro lirico.
Damiano Michieletto, noto per le sue interpretazioni spesso audaci e innovative, presenta un Barbiere che si potrebbe definire estremamente tradizionale rispetto ai suoi standard. L’impianto scenico è fisso ed estremamente semplice, composto da numerose sedie, tappeti e cuscini che, cambiando forma e posizione, si rivelano funzionali a ricreare gli ambienti suggeriti dal libretto. Semplicità che consente una maggiore concentrazione sulla musica e sui personaggi.

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L’unica significativa deviazione dalla tradizione si coglie nei costumi di Carla Teti, specialmente per quanto riguarda quello di Don Basilio, completamente verde sia nell’abito che nel volto, con una lunga coda che lo fa sembrare una lucertola o talvolta un serpente, richiamando la natura subdola del personaggio. Un altro elemento di disturbo si avverte durante la celebre aria “La Calunnia”, dove una serie di mimi inizia a sventolare delle lunghe strisce di carta a mo' di aquiloni, suggerendo visivamente la diffusione della calunnia stessa nel “venticello”. Questo espediente, seppur interessante dal punto di vista concettuale, va a inficiare la resa musicale dell’aria.
Venendo al cast, il tenore Dave Monaco nel ruolo del Conte di Almaviva mostra un registro vocale a tratti inconsistente, seppur dotato di una buona proiezione sugli acuti, elemento essenziale per affrontare le famose arie come "Ecco ridente in cielo" e "Se il mio nome saper voi bramate". Tuttavia, nonostante la sua voce penetrante e il timbro luminoso, la sua esecuzione soffre di leggerezza nelle parti più agili del repertorio rossiniano. La mancanza di fluidità nelle coloriture e di precisione nelle note veloci talvolta compromette l'efficacia interpretativa. Le difficoltà si attenuano nel corso del secondo atto, apprezzando molto le doti interpretative e la divertente presenza scenica.
Il soprano Laura Verrecchia, nel ruolo di Rosina, mostra una buona vocalità, capace di catturare l'attenzione del pubblico nei momenti più drammatici e lirici. Tuttavia, la sua esecuzione risulta meno convincente negli abbellimenti e nelle pagine più improntate all'agilità, elementi fondamentali per il personaggio di Rosina. Nell’aria principe "Una voce poco fa", la mancanza di precisione nelle fioriture e nei trilli evidenzia alcune carenze tecniche, soprattutto nei registri più bassi dello spartito.

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Il basso Bozhidar Bozhkilov, nel ruolo di Don Basilio, brilla per proiezione sonora e per un buon fraseggio che rendono la sua performance vocalmente interessante. Bene anche per la celebre aria "La calunnia è un venticello", riuscendo ad esaltare con buona padronanza le sfumature del testo.
Il baritono Hae Kang nel ruolo di Figaro dimostra un'ottima presenza scenica, incarnando perfettamente il factotum con una naturalezza e una vitalità che catturano il pubblico sin dal primo momento. La chiarezza del suono e la dinamicità della sua interpretazione sono notevoli, permettendogli di adattare la linea del canto alle diverse esigenze del ruolo. Nell’aria "Largo al factotum", sa dosare l'energia e la brillantezza vocale, affrontando con sicurezza le difficoltà tecniche e rendendo ogni passaggio musicale con grande efficacia. La sua capacità di alternare momenti di grande potenza a passaggi più lirici e delicati rende la sua interpretazione particolarmente ricca e sfaccettata. Rimangono tuttavia elementi di miglioramento riguardo alla proiezione.
Protagonista di un’altra ottima presenza scenica è il baritono Matteo D'Apolito nel ruolo del vecchio e burbero Don Bartolo; l’artista, oltre che per la spigliata interpretazione, riesce a distinguersi anche per un canto avvolgente e caldo nel timbro, perfetto ad incarnare il suo ruolo, sempre attento a non scadere in gag banali.
Chiudono il cast la Berta di Letizia Bertoldi, che, sebbene affetta da alcuni elementi acerbi nella linea del canto, compensa con un buon timbro e una spigliata presenza scenica, e Fiorello/Un ufficiale di Yurii Strakhov.
Dal punto di vista musicale, la situazione è gestita con competenza, ma non senza riserve: il M° Riccardo Bisatti guida l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino con sicurezza, offrendo un suono brillante e ben definito. Bisatti mostra una certa sensibilità verso le voci, creando una discreta sinergia tra orchestrazione e canto. Nonostante ciò, l'attenzione al dettaglio orchestrale è solo parzialmente soddisfacente, con impasti timbrici e dinamiche che mancano di vera raffinatezza. Complessivamente, una prova promettente per il giovanissimo direttore, ma con margini di miglioramento che, se affinati, sapranno portarlo lontano.
Bene anche per il coro, ottimamente istruito dal M° Lorenzo Fratini.
Applausi vigorosi per tutti; si conclude così una piacevole serata musicale di mezza estate.
(La recensione si riferisce alla recita di lunedì 22 luglio)

Crediti fotografici: Michele Borzoni per il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Nella miniatura in alto e sotto: il baritono Hae Kang nel ruolo di Figaro
Al centro: vista Firenze nell'ora del tramonto e foto di scena dell'allestimento curato da Damiano Michieletto





Pubblicato il 24 Maggio 2024
Nel Teatro Comunale 'Claudio Abbado' č andato in scena un felice lavoro di Haydn
L'Isola disabitata del Conservatorio Frescobaldi servizio di Edoardo Farina

20240524_Fe_00_LIsolaDisabitata_FranzJosephHaydnFERRARA - Dopo Ecce cor meum, spettacolare omaggio in versione orchestrale all’immortale musica dei Beatles, prosegue la ricca programmazione del Teatro Comunale “Claudio Abbado” di Ferrara nell’ambito della Stagione Opera/Balletto 2023-24 con in scena il penultimo appuntamento dei dodici previsti, L’isola disabitata di Franz Joseph Haydn (1732–1809) ove giovedì 16 maggio 2024 Marcello Corvino, direttore Artistico della Fondazione ne ha moderato l’introduzione all’evento con “Prima della Prima” nel consueto incontro aperto alla cittadinanza presso la sala Stemma del Ridotto. Alla presenza del M° Marco Titotto, direttore de l’Orchestra del Conservatorio “Girolamo Frescobaldi”, della prof.ssa Annamaria Maggese, direttrice del medesimo istituto e il prof. Paolo Bucchi, docente di Storia della Musica, esponendone le origini, vicissitudini e aneddoti della rappresentazione dell’epoca, hanno voluto sottolineare e sugellare la riuscita collaborazione tra le due più importanti istituzioni musicali ferraresi.
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La produzione operistica in un analogo contesto dell’anno precedente avendo presentato Il Campanello di Gaetano Donizetti, ha visto nuovamente la partecipazione di un cast di ottimo livello, costituito in un’azione teatrale in due parti in grado di raccogliere il tentativo del compositore viennese di avvicinarsi allo stile dell’opera seria: dall’ampio ricorso alla cantabilità perfetta agli spunti programmatici della splendida Ouverture; dalla compenetrazione tra aspetti musicali e drammaturgici all’imponente numero d’assieme che chiude il sipario, suggellato dallo splendido quartetto concertante conclusivo, violino, violoncello, flauto, fagotto.
Composta nel 1779, narra le vicende di Costanza e Silvia, abbandonate su un’isola deserta. Il marito di Costanza, Gernando, è stato rapito dai pirati durante un viaggio nelle Indie occidentali e solo tre anni più tardi riesce a raggiungere la moglie, distrutta dal dolore e la sorella minore di lei. Sbarca sull’isola insieme all’amico Enrico (Ernesto in alcune fonti), del quale si innamora la giovane Silvia. Nonostante le molteplici traversie e un’avvincente serie di equivoci, l’amore tra le due coppie trionfa, in un lieto fine com’era d’altronde in comune prassi d’uso nelle commediografie del tempo.
L’ambientazione bucolica de L’isola disabitata ben si adatta al contesto in cui la presente azione teatrale vide la luce nel felice ritiro di Esterházy, magnifica residenza sita nella città di Eisenstadt nel Burgenland austriaco confinante con l’Ungheria, concepita su modello di Versailles dal Principe Nikolaus Esterházy e inaugurata nel 1766, quando Haydn diviene primo maestro di cappella. In tale veste egli si dedica alla scrittura e alla direzione, ne sovrintende all’organizzazione dei concerti, agli approntamenti scenografici di tutte le attività connesse alla vita di una realtà in cui la proposta artistica rappresenta il fiore all’occhiello nelle cerimonie ufficiali, gradita consuetudine della quotidianità.
Decima sua opera, debutta il 6 dicembre 1779 negli anni di maggior splendore della vita musicale a corte e precisamente in occasione dell’onomastico dello stesso Principe, nel piccolo teatro delle marionette del nobile palazzo essendo quello in loco inagibile per un incendio occorso tre settimane prima. Il libretto originale è di Pietro Metastasio (1752) tratto dalla fonte letteraria L'infedeltà fedele di Giambattista Lorenzi e rispetto all’originale Haydn ne impiega una versione ridotta, già musicata da Luigi Bologna nel 1777.

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Dal punto di vista strutturale e compositivo, accoglie le istanze riformatrici dell’opera rivista da Gluck, nello specifico di Orfeo ed Euridice, andata in scena sempre a Esterházy nel 1776: i recitativi accompagnati sostituiscono il recitativo secco, le arie si integrano con l’azione, senza interromperla con la cristallizzata sublimazione di un affetto ma ponendosi al contrario in loro continuità, così che discorso musicale ed esposizione procedano di pari passo. Le melodie cantabili e lineari delle arie sono depurate da eccessive ornamentazioni, rendendo più intelligibile il testo. Nell’economia dell’opera, merita un particolare interesse la sinfonia introduttiva, suddivisa in quattro sezioni contrastanti dal carattere schematico, che precorre lo stile Sturm und Drang, (inteso tra i più importanti movimenti culturali tedeschi collocato convenzionalmente tra il 1765 e il 1785), delle sinfonie della maturità. Con il dolente Largo, il dinamico Vivace Assai, l’Allegretto danzante e spensierato e l’energico Vivace, Haydn anticipa e compendia tutti gli stati d’animo alla base dello sviluppo drammatico della stesura … - secondo l’esaustiva esposizione di Bucchi.
«Portare in teatro il risultato finale di un anno accademico, è l’obbiettivo in grado di essere felicemente intrapreso e raggiunto dal nostro Conservatorio, nonostante abbia all’attivo solo due classi di canto lirico e una di canto rinascimentale-barocco – conclude Maggese – attraverso un allestimento da programmarsi sempre in funzione delle presenze in base alle varie attività didattiche sfruttando tempi spesso molto ristretti per selezionare le voci idonee, tenendo comunque conto che a volte le disponibilità del “Frescobaldi” sono un po’ esili ma comunque in grado di garantire le concertazioni previste. Il lavoro preposto, costituisce un momento di riflessione per come molti nostri ragazzi provenienti da diversi Paesi asiatici o dall’Est europeo vengano a studiare pagine spesso impensabili e sconosciute rappresentando una grande sfida linguistica, ingaggiati in parti dalla dizione difficile; nello specifico, e riguardo l’opera prescelta, abbiamo infatti solamente due presenze italiane…»
Prima assoluta in epoca moderna nella città estense, pur non essendo in possesso di un archivio dettagliato riguardo la cronologia operistica svoltasi negli ultimi decenni, la performance dal debutto di sabato 18 maggio 2024, dalla durata complessiva di un’ora senza intervallo, ha visto il quasi tutto esaurito nonostante l’infelice serata in coincidenza con la sfilata del Palio, da temerne la disertazione data la nota tradizione dell’atteso storico evento.

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La regia assai stilizzata ma funzionale  realizzata da Giovanni Dispenza sostenuto dai maestri collaboratori di palcoscenico, Andrea Ambrosini, Andrés Juncos più diversi addetti di nazionalità orientale, poi le luci affidate all’esperienza di Marco Cazzola ad ampi colori su sfondo neutro, un’unica scenografia costituita da una semplicissima ricostruzione dell’isola dall’unico indigeno visibile, la “cerbiatta” Mariagrazia Alati, è stata supportata dalla proiezione iniziale di dipinti assai suggestivi raffiguranti vascelli e tempeste dal tono tenebroso e inquietante, contenenti il prologo della narrazione in brevi didascalie; infine, non per ultimo, l’insolita originale grafica cartellonistica realizzata artisticamente dalla mano di Francesca Pasqual.
La direzione sotto la bacchetta del maestro Marco Titotto dotato di grande sicurezza dal consueto gesto plastico e preciso, non ha faticato a seguire Margherita Scaramuzzino nel ruolo di Costanza, Wang Weihang in Enrico, Zhang Juntian ha interpretato Gernando, mentre Natalia Piatkowska, nell’abito di Silvia è stata indubbiamente la più rilevante per via delle numerose parti soliste, esposte con voce dalla dinamica tenuta e chiara intonazione, più una convincente compostezza scenica e capacità di recitazione davvero considerevole.

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Versione apparsa, quindi, ancora una volta professionalmente bene impostata, attraverso attori giovanissimi provenienti dagli studi propedeutici, dimostrando ad ogni modo una grande maturità artistica e bravura ineccepibile; mentre, a causa di un cambiamento di programma riguardo il progetto “Scuola all’opera”, si è verificata una grave defezione da parte dei circa duecento studenti degli istituti superiori disattesi per l’anteprima della mattinata di venerdì 17, svoltasi comunque in forma di prova generale con sul palco protagonisti diversi (a parte Wang Weihang che ha mantenuto la parte di Enrico) quali Greta Cognolato (Costanza), Luis Arance Ortega (Gernando), Lao Jihui (Silvia), avendo perduto la possibilità di potersi avvicinare a un’interessante educazione dell’ascolto verso una rara scelta di repertorio di norma considerata ostica e poco comprensibile rispetto ad esempio un consueto Vivaldi o un solare quartetto di Mozart.
Le musiche gioiose, divertenti, quasi sempre in tonalità maggiore, complice un buon ritmo e tenuta di sceneggiatura dall’azione scenica senza mai praticamente annoiare, hanno sicuramente contribuito a destare un piacevole interesse anche nei confronti di una platea in parte inesperta dall’applauso assai frequente, determinando la versatilità inerente a un tipo di lavoro di ricerca che da alcuni anni viene svolto nel tentativo ben riuscito di riportare alla luce capolavori spesso desueti o caduti nell’oblio non certo per scarsa bellezza o carattere irrilevante, senza riempire ma neppure togliere i “soliti” titoli da cartellone appartenenti ai giganti della lirica ormai proposti centinaia di volte in tutta Italia.
Teatro Comunale Abbado oggi tra i primi posti nazionali per qualità e scelte vastissime tra Sinfonica e Cameristica di “Ferrara Musica”, Concerti del Ridotto della domenica mattina, Prosa, Danza con presenza degli stessi attori e/o musicisti in presentazione e presa diretta con il pubblico, più numerosi appuntamenti straordinari al di fuori del calendario di pragmatica designato, merito di un eccellente staff organizzativo direi decisamente senza precedenti.

Crediti fotografici: Marco Caselli Nirmal per il Teatro Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara
Nella miniatura in alto: ritratto del compositore viennese Franz Joseph Haydn
Sotto a destra: il direttore Marco Titotto
Al centro: la presentazione dell'opera a "Prima della Prima" nel Ridotto del Teatro Abbado
Sotto in sequenza: Natalia Piatkowska (Silvia); Margherita Scaramuzzino (Costanza); Wang Weihang (Enrico)
In fondo: foto di scena del Quartetto e saluti finali





Pubblicato il 28 Aprile 2024
Ripreso al Teatro Goldoni l'allestimento del Festival Puccini con la regia di Daniele Abbado
Pregi e difetti di una Turandot servizio di Simone Tomei

20240428_Li_00_Turandot_AnastasiaBoldyreva_phTrifilettiTeamBrizziLIVORNO - Torna dopo quindici anni di assenza al Teatro Goldoni di Livorno Turandot di Giacomo Puccini, l’ultimo capolavoro del compositore lucchese, in occasione del centenario della sua scomparsa (Bruxelles, 29 novembre 1924). Lo spettacolo, già visto e recensito dal direttore della rivista nelle edizioni 2021/2022/2023 del Festival Pucciniano a firma di Daniele Abbado, viene qui ripreso da Emanuele Gamba che ha con il regista milanese una ventennale frequentazione e collaborazione teatrale. La struttura scenica poggia su un impianto atemporale, contemporaneo, simbolico e minimalista realizzato dallo scenografo e light designer Angelo Linzalata, che ben si attaglia ai costumi di Giovanna Buzzi.
Daniele Abbado legge nell’ultima composizione incompiuta di Giacomo Puccini una straordinaria modernità: «... Questa realizzazione muove dalla considerazione di Turandot come opera che sta appieno nel percorso teatrale del novecento – scrisse per l’occasione – La favola musicata da Puccini ci spinge verso una narrazione non letterale né tantomeno realistica. Puccini non riuscì a completare Turandot. Anche con l’importante apporto di Luciano Berio, questo racconto scenico sembra non chiudersi su una fine, quanto piuttosto donare a Turandot il senso di un tentativo, un esperimento. Turandot come Opera Aperta, consegnata al destino di generare e ospitare finali di significato diverso
Personalmente non amo il finale di Berio e concordo poco con la visione registica, ma senza dubbio la realizzazione ha un suo fascino e coinvolge lo spettatore anche senza la presenza di quei tratti più caratteristici del fantastico mondo cinese che contraddistinguono la drammaturgia.

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Il cast livornese ha donato piacevoli novità e deludenti riconferme.
Nel ruolo eponimo Anastasia Boldyreva dona alla Principessa di gelo un carattere forte ma equilibrato e la voce - o meglio la sua gestione - non è il solo elemento di pregio. Possiede un invidiabile physique du rôle e la gestualità timida, ma al contempo sensuale, conferisce alla parte grande fascino. Vocalmente affronta il rigo musicale con estrema cura e delicatezza evitando “urla e berci” cui ormai siamo spesso abituati ed anche le note più impervie sono sempre trattate con cura, infondendo in esse il giusto colore e le più mirate intenzioni.
Amadi Lagha (Principe ignoto Calaf), ormai veterano del ruolo, conosce ogni anfratto della parte e sa cogliere ottimamente le intenzioni orchestrali con un timbro lucente, dizione nitida ed acuti ben piazzati. Il fraseggio poi diventa una carezza che tocca l’anima e nella prima aria Non piangere Liù raggiunge vette di magnificenza.
Note dolenti, anzi dolentissime per la Liù di Emanuela Sgarlata: il ruolo trasuda dolcezza, legato, amore, venerazione, dedizione, ma dalla sua interpretazione nulla di questo è emerso. Le frasi sono spesso “rotte” da fiati improbabili, il fraseggio è totalmente inesistente e l’intonazione spesso fallace. Se nella prima pagina che le è propria molte avvisaglie già si profilavano all’orizzonte, nella grande scena finale che prelude la morte tutte le mende si sono palesate con assenza di suoni filati, morbidezza e convincente legato ed hanno caratterizzato un’ulteriore prova deludente dopo quelle del Festival estivo di Torre del Lago.
Abramo Rosalen nei panni di Timur ha saputo imprimere carattere e nobiltà vocale con suoni sempre a fuoco e densi di spessore.
Quali membri del trio delle maschere Paolo Ingrasciotta, Francesco Napoleoni e Marco Miglietta  si sono fatti valere in maniera più che positiva: la perfetta intesa, la musicalità, l’intonazione ed una sicura padronanza scenica si sono incarnate in ammirabili pitture nei quadri da loro interpretati.
Bene anche per i personaggi di fianco tra cui Rocco Sharkey (L’Imperatore Altoum e il Principe di Persia), Tomohiro Nomachi (un Mandarino) e Alessia Battini, Sara Fogagnolo (Due Ancelle).

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Il coro diretto e preparato dal M° Maurizio Preziosi non si è rivelato pienamente a fuoco con le intenzioni pucciniane sia per colore che per amalgama; come già rilevato in altre situazioni le sezioni maschili sono piuttosto deboli ed in Turandot ciò rappresenta una pecca non da poco.
Sicuramente più centrato il Coro di voci bianche del Teatro Goldoni preparato e diretto dal M° Laura Brioli.
La lettura del M° Pietro Mianiti infonde dal podio carattere e spessore all’intero costrutto orchestrale; il gesto accurato lo porta a non indugiare sulla monotonia dei tempi, anzi sa dare vigore nei momenti giusti per poi planare su lidi melodici nelle pagine più struggenti. Ottima l’intesa con il palcoscenico cui ha dato sempre sostegno e sicurezza.
Un teatro gremito di pubblico si è reso protagonista di ovazioni scroscianti.
(La recensione si riferisce alla recita di venerdì26 aprile 2024)

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Crediti fotografici: Trifiletti-Team Brizzi per il Teatro Goldoni di Livorno
Nella miniatura in alto: il soprano
Anastasia Boldyreva (Turandot)
Sotto, in sequenza: Amadi Lagha (Calaf) e Emanuela Sgarlata (Liù); Amadi Lagha e Anastasia Boldyreva; l'apparizione di Turandot
Al centro, in sequenza: panoramiche sull'allestimento e sulle Tre Maschere (Paolo Ingrasciotta
, Francesco Napoleoni,
Marco Miglietta)
In fondo: saluti finali di tutto il cast






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Barcelona Opera Rock
servizio di Edoardo Farina FREE

20240701_Fe_00_BarcelonaOperaRock_RobertoMolinelliFERRARA - Dopo Ecce cor meum, inedito omaggio in versione orchestrale all’intramontabile  musica dei Beatles e L’isola disabitata di Franz Joseph Haydn in collaborazione con il locale Conservatorio “Girolamo Frescobaldi”, il 21 giugno 2024 con replica la serata successiva, è andato in scena l’eccezionale Barcelona Opera Rock & Queen greatest hits, musiche
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Concorsi e Premi
Premio al Trio Ndayambaje
FREE

20240701_ACIREALE (CT)_00_MartaRavigliaACIREALE (CT) - Il Trio composto da studenti del biennio jazz del Conservatorio "Girolamo Frescobaldi" di Ferrara si è aggiudicato il premio per la miglior composizione originale della competizione tra jazz band dei Conservatori di Musica e di Scuole Musicali di Alta Formazione (AFAM) di tutta Italia, Jaci&Jazz Academy Award organizzata; il concorso svoltosi
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Opera dal Nord-Est
Torna il Barbiere dopo il diluvio
servizio di Angela Bosetto FREE

20240630_Vr_00_IlBarbiereDiSiviglia_MattiaOlivieri_phEnneviFotoVERONA - Quando, nella nona scena del Barbiere di Siviglia, il Conte d’Almaviva si lamenta dell’improvviso temporale, affermando «... Poter del mondo! Che tempo indiavolato ...», Figaro replica, soave: «Tempo da innamorati!». Ed è con il pensiero rivolto all’ottimismo del factotum rossiniano che il pubblico attende la prima areniana stagionale
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Jazz Pop Rock Etno
Settant'anni di Romagna mia
servizio di Attilia Tartagni FREE

20240629_Cervia_00_RomagnaMiaARavennaFestival_SecondoCasadeiCERVIA (RA) - Ravenna Festival, dopo “Casadei secondo a nessuno” del 2013, omaggia di nuovo lo “Strauss di Romagna” e la sua celeberrima Romagna mia, una canzone diventata, al di là delle intenzioni dell’autore che la pubblicò per un caso fortuito solo nel 1954, l’inno della Romagna, un canto di nostalgia universale, un sempreverde che si
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Echi dal Territorio
Anita prima esecuzione assoluta
redatto da Athos Tromboni FREE

20240629_Spoleto_00_StagioneLirica2024_EnricoGirardiSPOLETO (PG) - Giunta quest’anno alla sua 78° edizione torna a Spoleto e nei principali teatri dell’Umbria la stagione del Teatro Lirico Sperimentale “A. Belli” di Spoleto che aprirà con la consueta kermesse musicale “Eine Kleine Musik 2024” al Teatro Caio Melisso (anteprima per gruppi organizzati: giovedì 22 agosto ore 20.30 - spettacoli
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Eventi
Genova fa il Giro di Vite
servizio di Athos Tromboni FREE

20240627_Ge_00_TeatroCarloFeliceStagione2024-2025_ClaudioOraziGENOVA - «A conclusione di una Stagione lirico-sinfonica 2023/2024 che ha conseguito un enorme successo di pubblico e di critica – ha detto il sovrintendente Claudio Orazi nella conferenza stampa – il cartellone artistico 2024/2025 che oggi presentiamo si conferma ricco di ulteriori emozioni. Con il sostegno di decine di migliaia di spettatori,
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